Lo « Spedizioniere » estivo – Dalla ribalta partenopea all’epopea cineraria albenganese- Vasta l’eco per Leca- Cosa c’entrano le margherite e la Butterfly ?
Non ci stupiremo mai abbastanza dei sostanziosi moti albingaunici.
Riuscire a distorcere il torpore intellettuale delle nostre plaghe dall’estivo fracasso, contrabbandato sotto l’ombrello del bataclàn pseudo turistico (penoso trionfo del nulla), impostando l’aura metafisica della vasta problematica relativa alla cremazione degli umani estinti, arcaica e modernissima al tempo stesso, incendiandovi anime e corpi, si è rivelata vicenda sommovente e d’alto profilo.
L’evidente maturazione strategica, certamente dovuta al coadiuvante impegno episcopale del quale gode, ha condotto l’assessore Ciangherotti doctor (noto come “lo Spedizioniere”, per la nota impresa di rimessa a Napoli – a sue spese e a scopo didattico- di un cospicuo sacco di rifiuti solidi urbani) ad essere attivo sul fronte dell’incenerimento dei trapassati. Quelli ingauni ovviamente, in quel di Leca, ovviamente, sede cimiteriale della romana città.
E’ perfettamente inutile ripercorrere le polemiche mosse contro cotale determinazione amministrativa, anzi ne rifuggiamo.
La Chiesa cattolica, in forza della fede nella resurrezione dei corpi, ha superato solo con Paolo VI, il 5 luglio 1963, la ripulsa della cremazione: figuriamoci se il Padreterno ha bisogno delle ossa di un morto per farlo risuscitare, anzi !
La Chiesa ci ha messo dunque 1963 anni ma, poi, lo ha capito anch’essa.
Chissà, magari con la spinta di una cinquantina di Papi come Francesco riuscirà a capire che i preti si possono sposare, che le donne possono benissimo, e magari meglio degli uomini, fare il prete, che gli omosessuali sono esseri umani con i medesimi diritti familiari e sacramentali degli altri, considerando altresì il notevole numero di essi che alberga nelle sue fila sacerdotali. Se anche per raggiungere questi civili canonici elementari traguardi impiegherà altri 1963 anni, nel 3926 avrà veramente cambiato faccia con la rinnovazione ricristianizzata del suo apparato.
Vedrete.
Certo Shakespeare avrebbe avuto una qualche difficoltà a immaginare il dialogo cimiteriale di Amleto con Yorick , il defunto buffone di corte, mettendogli in mano, anziché il teschio, un po’ di ceneri. Anche Böklin , il grande pittore svizzero, con la raffigurazione della morte che gli soffia nell’orecchio sarebbe entrato in crisi; sempre di scheletri si tratta se andiamo ai Cappuccini di Roma ecc. E l’inno di Garibaldi, “Si scopron le tombe, si levano i morti”, senza le ossa? E la “Danse macabre” di Saint-Saens”, con che cosa la balliamo senza tibie,femori,ulne,vertebre ecc. liberamente cozzanti tra
loro?
E però, insomma, come si esprime il Padreterno nella Genesi ? “Quia pulvis es et in pulverem reverteris (Genesi 3,19)”. Scusate se traduciamo, non si sa mai, anteponendo il liturgico “Memento homo”, e dunque : Ricordati uomo-“CHE SEI POLVERE ED IN POLVERE TORNERAI.”
Sarebbero poi le stesse parole che pronuncia il sacerdote quando segna la fronte dei fedeli nel mercoledì delle ceneri.
Polvere, cenere e niente scheletri, quelli servono solo agli studenti di anatomia.
Ma Leca non è contenta. Questa antichissima frazione che ospita sì il cimitero ma anche due importanti chiese del contado (Santa Maria del Bòssero -probabile IX secolo- e Nostra Signora Assunta) ed è all’avanguardia nello sviluppo agricolo, non si allieta di dover sopportare i fumi del forno crematorio spargersi sul borgo, sulle fertili campagne e sulle splendide coltivazioni.
Ma no, ma quali fumi ? dice il nostro, corroborato dal sostegno tecnico e amministrativo dell’apparato comunale.
Ah questo poi, ribadiscono i Leuchesi, proprio a noi che deriviamo il nome dalla margherita
spontanea “Leuncanthemum”, Leuca e poi Leca per la solita devastazione linguistica dell’italiano ufficiale !
Ma i fiori continueranno a crescere, spontanei e rigogliosi, anzi ancor meglio perché irrorati dalla umana polvere raffinata nell’etere dal fuoco redentore, insistono i comunisti (ohilà! nel senso del Comune).
Donna Rosalia, sindachessa esotica, garantisce e assicura e, in un afflato lirico, farfalla per fiore, novella Butterfly, quasi che l’assessore si fosse trasformato in un Pinkerton proveniente dal mare magnum del Vescovado, si sorprende a dipanare interiormente, affacciata alle vedute nord della grande torre campanaria, un canto leggero, dalle reminiscenze pucciniane, a lui dedicato:
Un bel dì vedremo
levarsi un fil di fumo…
BELLAMIGO