Si è formato spontaneamente, e in gran segreto, un gruppo di persone, non molto numeroso a dire il vero, quattro o cinque al massimo, che si è dato nome “Borghetto indaga”. Lo scopo che lo ha fatto nascere e che unisce i suoi membri è alquanto meritevole e consiste nel cercare di risolvere uno dei più grandi misteri borghettini degli ultimi tempi e scoprirne di conseguenza l’autore.
Il mistero consiste in due sole parole:
vȏä Büttega
che certamente si riferiscono ad un avvenimento a cadenza mensile-primaverilestiva, ideato dal CIV (Centro Integrato di Via) PONENTE e volto alla vendita, a prezzi convenienti, di prodotti un po’ fuori moda. Niente da dire sull’iniziativa commerciale. Ciò che lascia attoniti è la dubbia provenienza delle parole usate per definirlo, oltre ai molto improbabili accenti sparsi, forse, con troppa fantasia.
Se con queste due parole si vuole intendere “VUOTARE LA BOTTEGA” (o giù di lì) in dialetto borghettino, lo scopo non è stato ottenuto in quanto non esistono nel nostro vocabolario.
Infatti, pur consultando con molta attenzione tutti i volumi riguardanti i dialetti della nostra Regione, dal VOCABOLARIO DELLE PARLATE LIGURI, edito a cura della Consulta Ligure, al VOCABOLARIO LIGURE STORICO-BIBLIOGRAFICO, edito a cura della Società Savonese di Storia Patria, il Gruppo “Borghetto indaga” non ha trovato traccia delle due voci, e , attraverso la voce del Presidente, ha definito questo caso “in bèllu pastissu”.
Passando poi all’esame fonetico ed attenendosi rigorosamente alle regole, vȏä si dovrebbe leggere nel seguente modo:
vooe (ä = a tendente verso e
o e
molto aperta)
(proponiamo un esempio in dialetto bolognese ma che rende bene l’idea: “Boia d’un mond läder”) presumendone quindi la provenienza dal territorio balestrinese, mentre Büttega ,anche se scritto con una T di troppo (ü = u anteriore o palatalizzata o u francese; esempio lüxe = luce) si potrebbe collocare nella zona albenganese.
Bisogna sapere che il Gruppo “Borghetto indaga” ha deciso, da sempre, di tenere le sue riunioni, con cadenza bisettimanale, nella saletta riservata del Ristorante “Da Cateinin – Cucina tipica & Nostralino”, situato nelle vicinanze di Testico, per via, appunto, della segretezza.
Il duro e lungo lavoro di ricerca nonché le approfondite indagini svolte tra piatti di ravioli, tagliatelle al sugo, trenette al pesto, coniglio, cima, buridda di stoccafisso, verdure ripiene ed altro, ha dato buoni frutti, oltre a valori di glicemia e trigliceridi assai preoccupanti. Infatti, per quanto riguarda l’autore della frase, pare che il Gruppo si stia orientando, invece, verso “due autori”, di etnie decisamente diverse e appartenenti a due distinte tribù liguri, ma sicuramente non borghettini, in quanto da noi si dice in tutt’altro modo.
Come sia possibile che le due parole misteriose, usate ormai da vari anni e che compaiono nelle locandine esposte in tutti i negozi, abbiano potuto passare inosservate o quantomeno non abbiano suscitato critiche è inammissibile, sostiene il Gruppo, anche se il fatto potrebbe essere comprensibile per vari motivi.
Primo l’anarchico “fai da te” imperante in tutte le attività umane che la gente appartenente a questa superficiale società televisivo-dipendente si permette, dove ognuno crede di poter sparare tutte le palle che vuole e… guai a chi dice qualcosa.
Secondo lo scarso, ormai, numero di borghettini autoctoni rimasto, distratti forse da altri problemi.
Ultimo la “certezza dell’impunibilità” a cui il periodo berlusconiano ci ha abituato, nonché l’assenza del controllo delle autorità, in questo caso doveroso.
Purtroppo ci siamo dimenticati che il dialetto, al pari della ricetta della torta Pasqualina, è un patrimonio da preservare. Bisognerebbe insegnarlo nelle scuole affinché non andasse perduto, in quanto se muore il dialetto muore una parte di noi.
E poi, alla fin fine, per sapere come si dice “vuotare la bottega” in borghettino, anche volendo mandare a quel paese il Gruppo “Borghetto indaga”, bastava fermare per strada Giampiero VACCA e chiederglielo.
Avrebbe risposto prontamente senza esitare e, soprattutto, senza errori.
Silvestro Pampolini