Flussi turistici di alto livello? I due cinque stelle della provincia di Savona (ad Alassio e a Varigotti) hanno chiuso i battenti dopo le festività di fine anno. Riaprono tra febbraio e fine marzo. Ci sono ‘quattro stelle’ che non hanno neppure ripreso l’attività dopo la chiusura estiva. Decine di tre e due stelle riprenderanno solo con la Pasqua (in parte), in maggioranza con la stagione estiva 2013. Penalizzate le aziende, poco si parla dei dipendenti senza lavoro. Oltre il 90 per cento della massa alberghiera savonese si è fermata, anche aziende famigliari con fama di forza economica alla spalle.
Per Varigotti, considerata ancora impropriamente la ‘perla della Riviera’ (è rimasta tale, a quanto si può rilevare, dai prezzi richiesti per alloggi affacciati sul mare) la grande speranza dell’hotel Al Saraceno è stata in parte offuscata da una serie di traversie legate alle vicende giudiziarie della galassia imprenditoriale dell’architetto Andrea Nucera e, nel caso specifico, questioni edilizie dello stesso complesso immobiliare. Con ordinanze di chiusura.
L’affitto dell’hotel ad una società che gestisce altre strutture ha ridato speranza. Certo la ripresa non è facile, farsi una clientela ci vogliono anni. E anche a Varigotti il turismo alberghiero, messo alle corde dalla più lucrosa attrattiva immobiliare (seconde case), ha via via perso smalto, posti letto, investimenti, qualità, volano e richiamo di turisti. Accorciato la stagione. Chi resiste, nel commercio, merita un premio.
Al Saraceno, dopo i lavori di messa a norma, ha riaperto tra molte aspettative, forse troppe. Nel periodo natalizio e di fine anno – come documento il cartello – è stato ripristinato il servizio di ristorazione per un breve periodo. Ora alla reception confermano che la riapertura dell’hotel è fissata l’8 febbraio. Speriamo bene. Non sveliamo nulla di nuovo nel riproporre ciò che è facilissimo constatare. Varigotti in molti mesi dell’anno è un ‘deserto’ che avanza, una desolazione ed ogni tentativo di porre le basi (non da illusionismo ed annunci promozionali) non ha dato risultati apprezzabili. E per il futuro, a parte qualche isolata iniziativa, non si intravvedono inversioni di tendenza. Le basi della svolta.
L’altra struttura sulla quale si era fatto un gran parlare – a ragione – è quella del Grand Hotel di Alassio. A parte alcuni facili ed eccessivi entusiasmi di matrice politica-propagandistica ad uso e consumo personale, in effetti ci si è dovuti confrontare con la dura realtà di un turismo alberghiero afflitto dal malanno di una crisi che nasce da lontano. La Riviera ha privilegiato il mercato del ‘mattone’, ha in gran parte sconvolto la propria identità. E non sarà certo un albergo in più o in meno a riconquistare il patrimonio ricettivo, la sua attrattiva sul mercato nazionale e soprattutto internazionale delle vacanze. Il caso del Grand Hotel è eloquente. Ha esordito all’insegna dei migliori auspici, rafforzato dalla realizzazione di un attiguo attrezzato centro benessere. Ha alternato manager e direttori. La realtà dei bilanci alla fine impone scelte, decisioni. L’occupazione delle camere quando scende sotto una certa percentuale è un segnale d’allarme.
Il Grand Hotel riaprirà i battenti – vedi cartello – il 25 marzo. Altri alberghi – diciamo stellati -, quali il G. H. Mediterranèe, dopo l’annuncio (via giornali) della richiesta di ampliamento, è rimasto chiuso. Diversa la scelta – e fa ben sperare – del vicino G. H. Spiaggia, come pure del G. H. Diana. E di una manciata di altri hotel, in particolare quelli appartenenti alla famiglia Volpe.
Il nodo irrisolto della sconvolgente crisi alberghiera, al di là degli annunci contrastanti, resta da capire quale sarà il futuro dell’industria dell’ospitalità del ponente ligure, dopo anni di dismissioni, chiusure e poche nuove aperture o ristrutturazioni. E’ davvero finita l’emorragia? Gli interventi (i finanziamenti) complessivi della Regione Liguria sono effettivamente in grado di fermare il declino? Stesso discorso per le nuove norme edilizie.
Oltre al ‘fattore immobiliare-speculativo’ c’è il problema dei costi eccessivi della gestione. Il peso fiscale e contributivo a tutti i livelli che non tiene conto della peculiarità di aziende insostituibili nel tessuto socio-economico.
Le organizzazioni di categoria che in anni alterni – istruttiva la rassegna stampa nei decenni e purtroppo dimenticata – hanno dato ora fiato all’ottimismo, ora all’allarmismo peraltro giustificati, come pensano di indirizzare le strategie degli associati? E soprattutto introdurre il linguaggio della realtà e della verità. Mettendo al bando l’ottimismo di maniera e di comodo. Il confronto serio con le scelte urbanistiche o quantomeno ciò che resta del territorio. Lo stato dell’ambiente e la concorrenza di altre aree a vocazione turistica. Chi vince? Chi perde e perché? Non bastano il mare, il sole, l’entroterra, la vicinanza ai grandi centri urbani del Nord Italia. Se fosse così non saremmo arrivati – dopo oltre 200 convegni e tavole rotonde – quasi al traguardo del ‘non ritorno’. Vale a dire il rischio che l’industria turistica si trasformi in ‘pendolarismo’ dei fine settimana, delle condizioni climatiche, delle feste tradizionali e poi prevalgano i grandi vuoti. Mentre nulla sembra in grado di garantire sia un ritorno della clientela del centro e nord Europa, ma neppure i nuovi flussi asiatici.
Sarà pure un lungo periodo di crisi nazionale, ma le aziende alberghiere per non morire hanno bisogno di certezze e di clienti. E con loro ci sono i dipendenti, i preziosi ed insostituibili posti di lavoro. Con il mondo dei giovani, della scuola. La Riviera segna alcune sporadiche inversioni di tendenza con iniziative private coraggiose (vedi la prossima apertura ad aprile del complesso Ai Pozzi di Loano ). Vedi alcuni esempi di Finale Ligure, ma non è una rodine che fa primavera.
Ci sono decine di articoli stampa, nel corso dei decenni, su questa o quella iniziativa (almeno una settantina i 4 stelle che avrebbero dovuto aprire i battenti da Andora a Varazze). Ci troviamo alle prese con oggettive difficoltà di chi ha investito capitali e i bilanci impongono inversioni di marcia. Periodi di chiusura sempre più dilatati, posti di lavoro sempre meno sicuri o precari, con ripercussioni a catena su più fronti. E soprattutto, ad allarmare, nessuna prospettiva ragionevole che le cose cambino per davvero. Spot elettorali a parte. Anzi, chissà chi sarà più bravo a ‘vendere fumo’ in campagna elettorale?
IMMAGINI DI VARIGOTTI (DESERTO) NEL PERIODO DELLE FESTIVITA’ NATALIZIE