LA PASSIONE E L’IMPEGNO- (Opera, 2 dicembre 2012)- Le bombe esplose a Savona a cominciare dal 30 aprile 1974 per finire il 26 maggio 1975, appartenevano alla storia dimenticata d’Italia fino al 2008, quando uno storico savonese,
Massimo Macciò, ha raccolto in un libro le significative testimonianze di quanti avevano vissuto quel periodo di terrore.
Nel libro, intitolato Le bombe di Savona 1974-’75. Chi c’era racconta (L editrice, Savona, 2008), Massimo Macciò riepiloga i fatti, pubblica le testimonianze e, perfino, il testo di numerose interrogazioni parlamentari, oltre a materiale fotografico che illustra bene i danni provocati dalle bombe.
A differenza di tanti, forse di tutti, Massimo Macciò che, all’epoca aveva solo undici anni, non ha dimenticato né si è rassegnato al silenzio che è calato sui tragici avvenimenti sui quali è stato testimone da bambino.
Perché è vero che a Savona ha trovato la morte solo Fanny Dallari, ma altri non ne hanno seguita la tragica sorte solo per casi fortuiti non certo per la volontà degli attentatori.
Questo primo libro di Massimo Macciò risveglia il ricordo e solleva gli interrogativi ai quali nessun organismo dello Stato ha mai inteso dare risposta: non sugli esecutori materiali, non sui mandanti, non sulle finalità di attentati stragisti che sembrano uscire da ogni logica, quasi che siano compiuti da dei pazzi.
Le risposte dei testimoni raccolte da Massimo Macciò e dai suoi collaboratori rendono bene l’idea dello sconcerto e della confusione che ancora, dopo 34 anni, regnano nelle menti di quanti hanno vissuto quei giorni di paura e di sangue.
Meno che in una persona: Santo Imovigli, segretario della Camera del lavoro di Savona dal 1970 al 1980.
Vale la pena riportare quasi integralmente la risposta di Imovigli: “In un’area del gruppo dirigente del movimento del lavoro c’era, piuttosto, un…avvertimento che qualcosa si potesse muovere – ma a livello più politico – per
attentare alla struttura democratica del nostro Paese.
Qualche avvisaglia l’avevamo, in termini generali, alcuni allarmi erano arrivati: un paio di volte, per esempio, avevamo saputo di dover stare in guardia perché non tutte le Forze armate davano garanzia…” (pag. 21).
Fin qui, la dichiarazione dell’ex segretario della Camera del lavoro può apparire generica,
ma subito dopo aggiunge altro che merita attenzione:
“Ricordo che nel settembre del ’74 il ministro dell’Interno Paolo Emilio Taviani – un personaggio con pregi e difetti ma che era stato partigiano e aveva un pieno riconoscimento nel quadro democratico – aveva fatto trapelare le sue preoccupazioni circa la sicurezza e la fedeltà di alcuni reparti delle Forze armate. Sostanzialmente Taviani
diceva che non dappertutto i militari erano completamente tranquilli; mi pare di ricordare che si riferisse soprattutto a reparti del Veneto e del Friuli Venezia Giulia” (pag.21).
La paura di un “colpo di Stato” doveva essere molto forte in Paolo Emilio Taviani per indurlo ad allertare personalmente i sindacati e le Camere del lavoro.
Comportamento anomalo da parte di un ministro democristiano decisamente anticomunista, almeno fino agli inizi del 1973.
Con esemplare correttezza, Massimo Macciò non cerca di influenzare le risposte dei testimoni che interroga così che tutti si orientano verso l’ipotesi delle “bombe fasciste”, anche se l’autore chiede se per caso potevano essere state anche “bianche”, provenienti cioè da quegli ambienti politici e militari che provenivano dai ranghi della resistenza ma
erano fortemente anticomunisti e filo-atlantici.
Le certezze dei testimoni non scalfiscono il dubbio nutrito da Massimo Macciò sulla esclusiva matrice “nera” delle bombe di Savona che trapela nonostante una giusta prudenza che denota la serietà dello storico che non è fazioso, non è di parte, non siproporne di offrire ai lettori una verità precostituita ma la cerca con impegno e passione
civile.
Un ricerca di cui questo libro, “Le bombe di Savona”, costituisce il primo, importante passo su un cammino che Massimo Macciò ha proseguito con un secondo libro di prossima pubblicazione, che potrà meglio essere compreso dopo aver letto questo primo testo che ci riporta ai giorni della paura di Savona, della reazione della popolazione, dello sconcerto dinanzi al nulla fatto dallo Stato per proteggere la città ed i suoi abitanti.
Un esempio, questo offerto da Massimo Macciò, che dovrebbe valere per tutti coloro che si occupano di storia o intendono farlo, e che ci dice come la verità sulla storia d’Italia non verrà affermata dagli storici televisivi ed accademici che tanto hanno scritto per tanto da guadagnare in fama immeritata e conti correnti bancari, ma da persone che hanno, come Massimo Macciò, il solo scopo di dare delle risposte a delle domande che non ne hanno mai avuta alcuna, perché la verità, quando trovata e divulgata, è un atto di rispetto verso Savona, i suoi cittadini, il Paese intero.
Vincenzo Vinciguerra