Ricordi e vissuto sono il “fil rouge” che anima quest’ultima opera di Dominique Roland, al secolo Domenica Piana, intitolata “Ritorno alla gatta”. Si tratta di un romanzo autobiografico di 183 pagine (Cappello Editore) sulla cui copertina campeggia la bella riproduzione di un quadro, realizzato dalla stessa autrice che, illustrandola, quasi invita il lettore ad entrare proprio in quella tenuta di campagna, alle porte di Ovada, “la Gatta” appunto, perno emotivo dell’intera narrazione.
Un’ampia digressione, nella prima parte, rievoca il periodo dell’infanzia, in un’altalena di accadimenti e pensieri, dapprima ingenui e pacati,: la scuola, la famiglia, i giochi e le marachelle, se pure vissuti nel clima cruente della seconda guerra mondiale, descritti con tinte tenui e sfumate, in un linguaggio semplice e scorrevole, che ben interpreta il sentire di una giovane appartenente alla media borghesia, che ha belle vesti da indossare, un caldo e comodo giaciglio dove riposare, cibo e dolciumi a sazietà, in un periodo non certo di agio per la popolazione meno abbiente.
Poi, nel divenire sempre più incalzante di esperienze, chiaro scuri, amori ed odi, vita e morte, contrasti e riconciliazioni il racconto, della seconda parte del libro, ripercorre la storia della protagonista fino al suo presente, incrociando realtà e fantasia in un discorso più prettamente pittorico, ricco di scorci, dettagli cromatici, “pennellate scritte” che paiono rappresentare i diversi personaggi, ora acquerellati, ora pastosi e cupi, con tagli netti di luci ed ombre, piccoli camei o ritratti vibranti di passioni.
Tutto accade o si ricollega a ” La Gatta”, all’ombra del grande cedro del Libano, dove la mente ed il cuore trovano nuova linfa e conforto. I dissapori con la mamma, il forte legame con il papà, i fidanzati formeranno, segnandolo il carattere della protagonista, che solo dopo innumerevoli vicissitudini, spesso dolorose, troverà la forza per riconciliarsi con l’ambiente che la circonda e soprattutto con il proprio essere irrequieto e ribelle a regole e limitazioni imposte come dogmi, nella cadenza ripetitiva di antichi detti e proverbi.
Una piacevole lettura, per nulla scontata, se pure per certi versi ispirata a fatti comuni, ma che racchiude una capacità descrittiva ed una partecipazione sentita della scrittrice che, pur non volendo trasformarsi in una linea guida, o vademecum morale, apre ampi spazi alla riflessione sia in qualità di genitori, che in quella di figli alla scoperta di un mondo in continuo fermento.
Grazia Noseda