Il tema del rinnovamento, più o meno generazionale, sta agitando il sistema politico italiano, anche per via del fatto che – bene o male – tra qualche mese si celebreranno comunque le elezioni.
Il soggetto maggiormente colpito dal fenomeno “rinnovatore”, che qualcuno definisce “rottamatore”, è il PD, anche per via del fatto che in questo partito (e collaterali) è stato messo in moto il meccanismo delle primarie, che nella versione all’italiana, solletica le ambizioni personali più diverse e disparate, comprese quelle meno legittime sul piano politico.
In realtà il tema del rinnovamento del sistema politico andrebbe affrontato in maniera affatto diversa da come sta avvenendo: partendo da una valutazione seria di come è stato governato il paese nel corso di questi ultimi 25 anni.
Un’analisi che dovrebbe partire da due punti fermi: ci troviamo, in questa fase, all’interno della crisi economica più forte da moltissimi anni, crisi che si è sviluppata – ovviamente – sul piano internazionale e affrontato (questo è il secondo punto sul quale riflettere) in maniera unilaterale dai soggetti che l’hanno provocata, utilizzando tutti i mezzi possibili per salvare sé stessi, a scapito delle condizioni complessive di vita della stragrande maggioranza della popolazione, a livello globale.
Ciò premesso e tornando alla realtà italiana, profonda provincia dell’Impero, il giudizio sulla qualità di governo espressa da questa classe politica che si trova ancora in sella, non può essere assolutamente negativo.
Tanto è vero che ci troviamo nella situazione di essere governati da un esecutivo i cui componenti non sono stati eletti da nessuno, nato da un’ardita manovra al limite delle legalità costituzionale e comunque del corretto funzionamento delle istituzioni (il futuro Presidente del Consiglio nominato senatore a vita, 24 ore prima di ricevere l’incarico) che si è rivelato assolutamente “anti-popolare” perfettamente in linea con la realtà di coloro che, sul piano internazionale, hanno provocato la crisi e la stanno affrontando – come già si accennava- esclusivamente nel proprio interesse.
Questo governo ha sottratto diritti e risorse ai cittadini italiani e chi ne propone la continuità dell’agenda si ripromette di continuare per quella strada.
La formazione di questo governo ha così certificato il fallimento della classe politica italiana, costatato che, dopo il disastroso passaggio di un governo di centrodestra populista che aveva provocato un vero e proprio disastro sul piano economico, politico, sociale e soprattutto “morale”, gli esponenti del centrosinistra hanno dichiarato la loro impotenza significando di “non voler governare sulle macerie” e preferendo la via della formazione di un governo irresponsabile sul piano elettorale e dalle caratteristiche di destra antipopolare, a quella “maestra” delle elezioni libere e democratiche.
Nell’occasione del ricordo dell’8 Settembre viene da pensare se al 25 Aprile, De Gasperi, Togliatti, Nenni, Parri si fossero comportati nello stesso modo, dichiarando di non “voler governare sulle macerie” (che c’erano davvero, in grandi cumuli, in tutte le città) e avessero affidato il governo del paese al Comando Alleato.
Tornando però al filo più generale del discorso, il tema del rinnovamento non potrà essere affrontato se non attraverso una discussione approfondita e di merito attorno a ciò che è accaduto in questi anni:
1) L’accettazione del “Trattato di Maastricht” impostato sul monetarismo e la negazione dell’Europa Politica. Un errore fatale che ha portato alla “moneta unica” nelle condizioni capestro nelle quali ci troviamo;
2) L’aver scambiato la caduta del muro di Berlino come l’apertura di una nuova fase di grande espansione del mercato e di “fine della storia” secondo le teorie di Huntington e Fukuyama. Su quell’analisi ci si è allineati, alla fine, con la politica della sola superpotenza rimasta n campo e all’idea della “esportazione della democrazia”, in base alla quale aerei italiani hanno partecipato al bombardamento di una nazione vicina, mentre era in carica il primo (e l’unico) presidente del Consiglio di provenienza dall’ex-PCI. Una macchia indelebile nella coscienza del centrosinistra italiano;
3) L’aver consentito, attraverso il combinato – disposto “caduta del muro di Berlino” (scioglimento del PCI) e Tangentopoli (destrutturazione del sistema politico), la trasformazione dell’intero sistema politico italiano attraverso la demolizione del concetto di “partito di massa”, il passaggio al partito “elettorale-personale” attraverso il quale l’edizione televisiva del populismo all’italiana ha sgovernato il Paese per molti anni creando le condizioni per la creazione di una nuova enorme “questione morale”, l’accoglimento del principio maggioritario della governabilità quale fine esaustivo dell’agire politico, la totale separazione dei partiti dai cittadini, attraverso la crescita del potere di spesa e di nomina dei partiti in maniera del tutto abnorme. Da questi elementi sono sortiti quei “predicatori erranti” che adesso proclamano un’idea di acritico “rinnovamento” oppure lanciano millenaristici appelli alla “speranza” e, ancora, si dilettano del qualunquismo più spinto utilizzato esclusivamente a fini personali o di gruppo ristretto.
4) L’aver distrutto, in particolare attraverso il meccanismo delle privatizzazioni e l’elaborazione di scelte sbagliate come il “Made in Italy”, ecc, l’apparato industriale del Paese. Una scelta che, proprio oggi, alla luce delle esigenze della crisi e della situazione di altri paesi europei si rivela sempre più esizialmente distruttiva.
Su questi quattro punti dovrebbe concentrarsi una discussione seria che dovrebbe anche tener conto, dal nostro punto di vista, dell’assenza di una soggettività di sinistra in grado non solo di rappresentare i propri soggetti sociali di riferimento ma anche di comprendere che è in corso una feroce lotta di classe, condotta “da lor signori” con le armi tradizionali dello sfruttamento intensivo e dell’impoverimento di massa: un impoverimento non solo economico, ma – anche e soprattutto – culturale e morale.
Nel frattempo, qualcuno – e non pochi – invece di pensare al laticlavio per la prossima legislatura dovrebbe chiedere scusa.
Franco Astengo