Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Una ‘preghiera’ per il Puc di Albenga:
Salviamo l’agricoltura dalle seconde case


Il Puc (piano urbanistico comunale) di Albenga è costato fino ad oggi 700 mila € senza essere adottato.  Il 2 ottobre scadono i termini per le osservazioni. L’iter era iniziato nel 2007 con la giunta del sindaco  Antonello Tabbò. La redazione affidata all’architetto Ugo Baldini (deceduto nel gennaio scorso), nato a Garessio nel 1946, presidente di una cooperativa di  professionisti di Reggio Emilia e al collega di studio Giampiero Lupatelli, economista, esperto di pianificazione territoriale. Un Puc fuori tempo massimo, superato. Che non tiene conto del calo demografico. Prevede 1500- 2000 nuove unità abitative da 100 mq ? E con altre 800 abitazioni da completare, in progetto, nel vecchio piano regolatore.

Dal curriculum vitae si può leggere che  Ugo Baldini, nel 1997, è stato consulente della Regione Liguria  per la redazione del Piano Territoriale Regionale. Ha curato  anche la redazione  del Piano Territoriale  della Provincia di Savona e il Piano Territoriale  di Coordinamento  delle Aree Agricole per la Provincia di Imperia ed il Piano di Sviluppo socio – economico della Provincia di La Spezia.  Portano il suo nome i Puc di Albenga, Taggia, Ortovero. Emerge che per il Comune di Albenga “ha curato l’elaborazione  della Valutazione Ambientale Strategica del Puc, del Gis della Carta dei Vincoli del Puc e della Proposta di specificazione settoriale  al Piano della Costa Regionale relativamente alla individuazione del nuovo  porto turistico”. Il collega di studio dr. Lupatelli ha, a sua volta, condiviso con  Baldini  la responsabilità  di progettazione e coordinamento nella formazione dei Piani Territoriali  di aree agricole  del Ponente Ligure (provincia di Imperia). Lupatelli resta di fatto il tecnico, l’esperto ‘traghettatore’ e timoniere dello strumento di gestione del territorio da cui dipende il futuro di Albenga, la gestione delle attività di trasformazione urbana e territoriale.

L’architetto ingauno Marco Badoino, attivista del MS5, tra i volontari informatori del Puc

Come accade nell’adozione di ogni strumento urbanistico anche Albenga si è mobilitata e divampano le polemiche.  Si è interrogata in ordine sparso, tra contrapposizioni. Si sono susseguiti incontri organizzati dai comitati. Si è fatto ricorso alle consulenze gratuite  della minoranza del centro destra. Ai presidi del Movimento 5 Stelle con banchetti per informare i cittadini. Si è persino enfatizzato, con tanto di manifesti, la ‘cancellazione’ dello stadio di calcio Riva e della zona sportiva  per far posto ad un residence. Con la previsione, dicono i pentastellati, di trasferire gli impianti a Lusignano. Sono i grillini ed il comitato territoriale presieduto dall’attivista di  lungo corso Franco Stalla  a denunciare all’opinione pubblica una disastrosa colata di cemento  che incombe, minaccia le zone agricole. Il grido d’allarme: ‘un disastro annunciato’.

Il sindaco Giorgio Cangiano è intervenuto per ribadire che “Lo stadio resta al suo posto e  stessa cosa per il bocciodromo. E chi realizzerà il residence, previsto dal Puc in quella zona,  dovrà ristrutturare  e ricostruire gli impianti sportivi ex novo. L’attuale zona sportiva resterà tale, mentre a Lusignano è prevista la riqualificazione del campo da calcio, non in sostituzione dello stadio Riva”.

Tra le organizzazione agricole c’è chi contesta i calcoli che determinano la manovra insediativa, “che sta in piedi solo se si prevede la costruzione di moltissime seconde case, delle quali la collettività ed il mondo rurale non ha nessun bisogno”.

Le previsioni edificatorie con le nuove esigenze demografiche.

Le previsioni di crescita del nuovo PUC sono di un aumento stimato al 2023 da un minimo di 761 unità e un massimo di 1839, ma la cosa che stride è che la città futura sarà la “città dei single” come da previsioni dell’urbanista, dato che il numero dei nuclei famigliari potrà crescere di 2034 unità. Quindi scaturisce il fabbisogno di nuove abitazioni in 138.000 metri quadrati tra distretti e vari ampliamenti a cui vanno aggiunti altri 60.000 metri quadri di vari diritti edificatori derivanti dai parchi urbani e archeologici.

Il tutto per un carico insediativo che, non tiene conto se non marginalmente di centinaia di appartamenti costruiti o autorizzati e mai realizzati o mai terminati, presenti sul territorio e potremmo tradurlo con uno spot: 4000 nuovi appartamenti per 10000 nuovi insediati. 

La situazione demografica, ad oggi, risulta in controtendenza dato il calo di popolazione ad Albenga dal 2010 al 2015 di oltre 150 unità.

Ecco alcuni dati :

Dal 2011 al 2015, 39 nati in meno e 120 morti in più, rispetto al quinquennio precedente.

Dal 2011 al 2015 la popolazione di Albenga 11.074 sceso a 11.012 ovvero 62 famiglie in meno.

SA : superfice abitativa effettiva

100 mq di SA corrispondono a circa 115-120 mq di effettiva occupazione di suolo.

Dal 2006 al 2010 + 854 immigrati residenti

Dal 2011 al 2015 + 599 immigrati residenti

La manovra edificatoria è prevista, per la stragrande maggioranza, su terreni agricoli attualmente di proprietà di famiglie di agricoltori e condotti da imprenditori che fanno dell’agricoltura ingauna un distretto di produzione riconosciuto in Italia e in Europa. Come può un piano urbanistico che prevede lo sviluppo di un comprensorio e delle attività economiche che insistono su quei territori, non considerare il settore agricolo come prioritario, da tutelare in ogni modo, soprattutto evitando nuove edificazioni ad uso abitativo, che ne cambino la vocazione agricola originaria. Non si capisce perchè a fronte di una tendenza abitativa praticamente nulla, si prevedano ulteriori varianti e destinazioni urbanistiche a scopo edificatorio.

La riduzione della superfice agricola utilizzabile, in assenza di un reale fabbisogno abitativo rappresenta un grande limite allo sviluppo dell’ imprenditoria rurale, nonché un’ operazione sbagliata anche dal punto di vista ambientale.

Le aziende agricole ingaune sono impegnate sempre più a rispettare precisi impegni ambientali, come viene imposto dalle direttive comunitarie, dai piani di sviluppo rurale, dalle certificazioni richieste dai mercati del nord europa e dagli stessi consumatori ed acquirenti delle produzioni agricole, nonché dai cittadini albenganesi che con l’ imprenditoria rurale devono convivere

Come si può notare esaminando le ortofoto recenti (aprile 2016) basta confrontare le aree edificabili previste per rendersi conto quanto impattante sarà il piano sull’agricoltura e sulle sue imprese.

Facendo una stima, le imprese agricole che verrebbero in qualche modo condannate alla chiusura o comunque, alle quali verrebbe pregiudicata ogni possibilità di sviluppo ed innovazione tra nuove zone edificabili e infrastrutture varie, compreso il discutibile e, speriamo rivedibile obsoleto progetto di spostamento a monte della ferrovia, potrebbe arrivare oltre le 200 unità su una totalità di 1000. Tenendo in considerazione il fatto che già nel precedente PRG, tuttora in vigore vi era uno sviluppo edilizio, ovvero una manovra insediativa, sproporzionata rispetto alle reali capacità di crescita demografica: basti pensare che ad oggi risultano ( dati contenuti nel PUC, nella procedura di assoggettazione a VAS) circa 800 unità abitative in progetto, costruzione o cantierabili. Cifra che nella realtà ( mancando un censimento preciso, visto che nello stesso PUC scendono a 400 in un altro capitolo ) considerando anche le abitazione ultimate ma ancora vuote, alcune ormai da anni, possono salire ben oltre le 1.200 unità abitative, arrivando anche a 1.500. Facendo un calcolo, in base a nuclei familiari di 3 persone, la manovra edificatoria prevista nello scorso PRG e, solo in parte attuata potrebbe coprire le esigenze abitative di circa 4.000 nuovi residenti, ovvero la popolazione che secondo le previsioni più ottimistiche potrebbe avere Albenga fra 20-25 anni. Considerando il trend europeo a 20-30 anni di riduzione demografica.

Altro problema è la tavola sulle criticità la quale identifica le zone impermeabilizzate della piana e si nota come il progettista individua i teli di pacciamatura (si tratta di un tessuto in plastica nera utilizzato per le colture in vaso in pieno campo al fine di contenere le infestanti, ma che mantiene un alto potere drenate grazie alla sua tessitura e al sottofondo solitamente costituito da ghiaia) come elementi impermeabilità. Cosa assolutamente non corretta, e che obbligherebbe le aziende agricole ad un dimensionamento dei canali di scolo sproporzionato, frutto di calcoli idraulici sfalsati da questa classificazione.

Per una maggiore comprensione si ricorda il documento congiunto redatto da Regione Liguria e Soprintendenza Per l’interpretazione e l’applicazione delle norme del Piano Territoriale di Coordinamento Paesistico.” Dall’analisi di questo documento si riscontra chiaramente come il PUC abbia disatteso le prescrizioni del PTCP progettando un Piano assolutamente non sostenibile.

Tutela delle risorse idriche

La problematica dell’acqua, è discussa oramai a livello planetario. L’acqua è una risorsa limitata, le falde idriche sono sempre più profonde e inquinate. Non è inutile ricordare che è l’unica fonte di vita. E’ indispensabile rendere stagni gli interrati degli edifici di nuova costruzione siti in falda freatica per evitare di deteriorare ulteriormente e definitivamente l’ecosistema.

Si rammenta che per quanto riguarda gli interrati esistenti, ove emungono abusivamente, non rispettando la legge sulle acque pubbliche n°1775 del 11 dicembre 1933, si ipotizza il reato di furto d’acqua allo Stato. E’ quindi necessario studiare un sistema di recupero delle acque emunte per poterle riutilizzare.

E’ necessario inoltre che nel P.U.C. vengano studiate le reali necessità di utilizzo delle acque potabili finalizzate a nuove espansioni edificatorie future al fine di valutarne la quantità e confrontarle con la disponibilità.

Un’altra delle osservazioni è che a tutt’oggi le nuove costruzioni sono rivolte prevalentemente al mercato delle seconde case, questo provoca un consumo di territorio, una diminuzione delle aree agricole e quindi del lavoro per il futuro e soprattutto il completo degrado e distruzione dell’ambiente.

Fondamentale è il verde ad uso pubblico vi fosse una proporzione adeguata alla vivibilità umana tra il verde pubblico e la cementificazione, almeno del 50%.

E’ evidente che la conversione di aree agricole o ex agricole ad aree con destinazione d’uso residenziale o artigianale/commerciale non può che determinare una riduzione della risorsa “suolo” e con conseguente diminuzione della percentuale di territorio comunale a carattere “naturale” o “seminaturale”. Per quanto riguarda gli impatti sulle acque sotterranee anche in questo caso non vengono valutate nel dettaglio le ripercussioni che la nuova urbanizzazione avrà sul sistema.

È indiscutibile che soprattutto per le aree più prossime al fiume Centa si presume una circolazione idrica sottosuperficiale strettamente connessa con il talweg del fiume. E’ quindi ipotizzabile un’interferenza tra la circolazione delle acque sotterranee ed eventuali volumi interrati a servizio degli insediamenti.

 


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