La sua prima trasfigurazione avvenne nell’estate scorsa e cominciò con la legatura dei piccoli quadri che Francesco aveva deciso di donarmi. Più precisamente avvenne nel momento che gli scattai una fotografia con la mia fotocamera digitale mentre lui si muoveva per confezionare il pacco d’arte che aveva posto sul tavolo.
Non mi accorsi subito di quanto stava avvenendo e certamente fu un fatto imprevedibile, non dovuto né dalla situazione, né da qualcosa che facemmo noi; intendo dire che non ebbe alcuna relazione con la fotografia che gli scattai né con la sua azione di legare i quadretti.
Si trattava di una trasfigurazione di natura umana connaturata con la sua ricerca artistica e veniva appunto conformandosi. Si trattava di una trasfigurazione di natura umana, come ho detto sopra, che però colsi, in un secondo tempo, quando guardai le foto scattate e feci una osservazione attenta. Avvenne il fatto nel momento preciso che mi mostrò il quadro realizzato con una vecchia maglietta, si può ben vedere ora la reale espressione del suo sguardo rivolto oltre l’obiettivo e si può ben leggere sul suo volto un grande stupore di natura metafisica.
Ma non siamo in presenza del mutare di espressioni facciali che, in termini patafisici, sarebbero sufficienti a giustificare la sua trasfigurazione, bensì dobbiamo immaginare che ciò avvenga per dinamiche interiori ed abbia attinenza con disposizioni di ordine spirituale.
Tali considerazioni è possibile che non siano condivise ed accettate da Francesco Jiriti, artefice maggiormente legato all’operatività e all’azione costruttiva delle sue opere, in sintonia di spirito con l’archetipo “homo faber”, non considerando la componente sia filosofica, sia intellettuale che, in divenire, manifestano la loro prevalenza vitale. Una specie di metamorfosi evolutiva del nostro pittore che naviga a vista nel mondo inesplorato della memoria e del silenzio. quel momento, in un aspetto estetico, nonché spirituale, che mutava la natura della materia e la questione vitale, partendo da un aspetto meditativo che accompagnava la sua attività di pittore.
Dalla dimensione interiore si propagava alla conformazione esteriore e ne adattava l’aspetto visivo primariamente ai miei occhi di testimone privilegiato che ne fissava i contorni in un documento fotografico ora pubblicato in un mio libretto per collezionisti e biblioteche.
Bruno Chiarlone Debenedetti