Vi ricordate quante volte negli anni dagli anni ’50 ai primi anni ’70 trionfavano nelle cittadine della costa e soprattutto nell’entroterra i ‘piatti delle nonne’. Pur non avendo frequentato scuole, corsi, senza sapere cosa fosse un premio, una foto sul giornale o un comparsa in Tv nelle apposite, in trasmissioni popolari da milioni di telespettatori, preparavano pasti freschi, leggeri, digeribili, gustosi. I più anziani hanno nostalgia e testimoniano. Oggi trovare una cucina ideale, semplice, ma genuina negli ingredienti, nelle salse, nella cottura, è davvero una ricerca rara. Nulla o quasi è più di origine nostrana, quasi tutto finisce nell’abbattitore o arriva da ‘aziende artigianali’ che producono quintali di cibi ogni giorno. Pensate alla celeberrima pubblicità dell’olio Sasso, 1965…(vedi).
Qui sul piccolo schermo compariva, soprattutto al Carosello di prima serata, un uomo che sognava di essere grasso, spensierato e felice mentre gioca a palla su una spiaggia soleggiata con una bionda sexy. Al risveglio, si ritrova nel suo grigio appartamento di fronte a un’accigliata e poco desiderabile governante. In compenso, e grazie all’olio Sasso, egli è magro: “la pancia non c’è più!” urla il protagonista felice. Una pubblicità che mette in scena in modo improbabile la sottaciuta, eppure sempre presente, visione moralistica del cibo come ‘peccato’, che dalla sfera religiosa (niente carne il Venerdì, la quaresima, il digiuno…) è passata a quella del salutismo scientifico. Non sia sa cosa sia meglio ” fra l’avere la pancia e la signorina avvenente, o il ventre piatto e la governante
rompiscatole”. Bisognerebbe chiederlo ad un nutrizionista ? Può darsi, anche i medici, lo specialista (cardiologo, internista, gerontologo) fa mille raccomandazioni per un’alimentazione salutare.
Eppure in una società che ha reso il cibo idolo sociale e mediatico, dove vanno di moda classifiche mondiali, nazionali, regionali e provinciali degli chef, quanta nostalgia per chi ha vissuto le cucine
delle nonne. Quanti locali erano presi d’assalto, la domenica, le feste, ai compleanni, alle ribotte tra amici. Essere amanti nostalgici di quelle ‘cuoche’ con i cappelli bianchi, della loro gourmandise,
non solo
non era un vizio nocivo al corpo e all’anima, ma addirittura una virtù. Il vero peccato oggi consiste nel non poter più gustare (salvo rarità da mosche bianche) un pranzo, una cena realizzata da una nonna chef esperta nel ‘buon mangiare’. Vogliono farci credere che i moderni chef siano anche esperti in tecniche molecolari. E la chiamano Gastromania. Ai nuovi chef supereroi, usciti dalle cucine, alla stregua di star dello spettacolo e che occupano ogni possibile spazio mediatico, preferiamo chi si sappia preparare un piatto di pasta col sugo o un minestrone come dio comanda. Addio care nonne vere maestre dell’arte culinarie e delle nostre vere tradizioni, siano essere montanare o marinare.