Il figlio di Dio
La domenica gli Sballatos, così si soprannominava la comitiva, la dedicavano alla sinagoga. Appoggiavano sui legni i papiri dei canti, servivano il rito, leggevano le scritture, raccoglievano i talenti dell’offertorio, all’uscita distribuivano volantini e vendevano giornali sacri… Erano insomma il fiore all’occhiello del tempio: ognuno con il suo ruolo specifico ma pronti a riempire gli eventuali vuoti degli altri. Erano veramente uniti: una micro comunità cristiana: con tutte le sue carenze, ma con un saldo legame affettivo.
Avevano anche la mascotte: un ragazzino di dieci anni, sempre appiccicato a Gesù, con tre qualità che lo rendevano il mini idolo del gruppo.
Isacco riusciva a fare centinaia di palleggi di seguito, senza mai far toccare terra al pallone: piede destro, piede sinistro, impennata, testa, nuca, scatto, spalla, petto, ginocchio, scatto, piede, ginocchio, volteggi, pallonetti, piroette, mastice sul collo del piede, adesivo sul collo… normale e via d’accapo. Era uno spettacolo! Il pallone era la catenina d’oro del battesimo, la maglietta del Napoli, la sua pelle, suo padre.
Un altro spasso era la sua breakdance, il ballo di strada degli afroamericani dei ghetti metropolitani, con equilibrismi continui d’amore, sussulti, sobbalzi, acrobazie appoggiate su una sola mano, giravolte, guizzi, brividi che litigavano con la fisica, capitomboli negati, presunti crolli di capriole che sfuggivano all’asfalto e slanci verso il cielo… in cerca di Dio.
Il terzo mestiere di Isacco era lo showman: parlava, rideva, faceva battute ed era impareggiabile nelle barzellette: dalle freddure al tipico humour inglese fino alle storielle osé.
Quella domenica d’aprile però gli Sballatos, assieme ai Vomitos e ai Gladiators, si arrampicarono sul traghetto e approdarono a Capri. Ci andavano tutte le volte
che don Salvatore dava loro la paghetta per il servizio reso: la traversata costava, e anche l’isola!
Il grosso delle tre comitive faceva le tappe degli ignoranti e dei voyeur: Marina grande, piazzetta, giardini di Augusto con vista Faraglioni e ragazze attraenti, Marina piccola e ritorno con la lingua di fuori.
Un gruppetto trasversale invece preferiva salutare gli scoglioni da punta Tragara e proseguire verso la villa d’arte moderna, a strapiombo sul mare, ritenuta dai terrestri un aerosiluro alieno incastrato nella scogliera. Sosta di perlustrazione a difesa del pianeta e poi immersione nell’inaccessibile bunker della pineta di Pizzolungo, dove il freddo buio dell’inferno profano conviveva con il caldo torpore della meditazione profonda. Grotta dei sacrifici alle divinità del bosco, alcune centinaia di scalini, bava sotto le scarpe, e si avvistava come un’allucinazione l’Arco Naturale, la grazia più divina di Capri.
Ovviamente nella brigata ristretta e acculturata si collocava Gesù, con Isacco al seguito.
– Sai cosa ho letto? – Il palleggiatore approcciò il goleador fin dal porto e continuò lungo tutto il percorso, intensificando il pressing nella notte solare e misteriosa della macchia mediterranea.
– Il Vangelo o la storia del calcio?
– No… una rivista musicale… che il ballo è una preghiera fatta con le gambe.
– Condivido. Certo, te lo fanno pensare più le danze primitive…
– E perché io non prego quando ballo? – Isacco s’immalinconì di colpo.
– Cos’hai, fratellino?
– No, niente, niente! – Ma restò sedato per un po’. Gli arti avanzavano in sincrono, ma la mascotte era altrove. Il suo sentiero interiore si manifestò di nuovo quando i pini divennero fitti e il gelo gli fece paura. Gli scappò:
– Papà, mi dai la mano!
– Ahó, ti sei bevuto il teschio? Io sono Gesù!
– Scusa, ero sovrappensiero! Scusa, scusa. – E si richiuse.
Gesù rispettò la sua diga per qualche minuto, poi lo prese per mano… e camminarono…
– Gesù, mi dai una mano?
– Già te la sto dando! – E alzò le braccia attorcigliate verso le chiome verdi.
– Prima ho detto la, ora una, mano!
– Ho capito! Ho capito! Rilassati, ora sei il mio figlioletto.
– Non è facile… Lo sai, io sono il figlio di Assunta… Cirillo…
La signora Assunta era stimata da tutti e anche guardata oltre misura dalla tribù maschile. Se fosse stata più alta avrebbe potuto fare la modella. Non che fosse bassa, uno e settanta, ma nello showbiz uno e ottanta era il minimo. La siluette però era armoniosa e slanciata… da far girare la testa… che lei teneva bassa… Si nascondeva, ecco quello che sembrava, che volesse celare il suo viso delicato negli abbondanti capelli lunghi e castani, volesse occultare il suo fisico con abiti sobri e covered look, volesse vivere senza essere vista… Ma quando metteva jeans e t-shirt o la gonna corta…!
La signora Cirillo era arrivata a Scampia da tre anni, era vedova, o almeno tutti ne erano convinti; non si risparmiava in parrocchia, non faceva mancare nulla al
piccino, neanche l’affetto; era benestante, non lavorava… La aiutava un fratello monsignore che insegnava alla pontificia facoltà teologica di Roma e veniva a trovarla ogni quindici giorni.
– … però non ho padre. No, non è morto. Mi hanno sempre detto che sono figlio di Dio. Ma io non sono più un bambino… Capisci, Ges?… Zio Abramo, il prelato, è… insomma… secondo me… è mio padre… L’ho detto! – Isacco si era rannicchiato nel ventre materno per raccogliere tutta l’aria nei polmoni e avere la forza di lanciarla sulle corde vocali in un impeto che l’aveva proteso verso il cielo, oscurato dagli alberi e dal pudore.
– Stai tranquillo! Stai tranquillo! – Lo rassicurò Gesù mentre cercava il suo viso contratto e gocciolante fra i minuscoli bagliori che filtravano e rincuoravano. – Fatti abbracciare! Non ti ritrarre! Abbracciami forte! Bravo, così, così!
– Non possono essere fratelli… il cognome è diverso! Quando viene, la notte sento delle cose… Capiscimi… Zio dorme nella stanza degli ospiti… ma lui è l’unico ospite… È la sua camera… ci lascia un sacco di cose… biancheria, vestiti, libri… preservativi… Sì, Ges, ho trovato una scatola di preservativi… Ho frugato, è vero… ma io dovevo… dovevo… sapere. – Le gambe non ressero il peso della sventura e lo adagiarono sulle foglie e le pigne. Il profumo di resina e salsedine lo rianimò:
– Ha costretto mia madre alla clandestinità e me ad un bizzarro orfanotrofio. Sì, perché ho un padre morto che vive…
– Ma come ti tratta? – Colmò la gravosa disillusione Gesù.
– Come un padre… anzi meglio di un padre… – Singhiozzò Isacco. – Se potessi scegliere mio padre, sceglierei lui… ma non mi vuole… si vergogna di me… di mia madre… Perché?… Perché?…
– Il fatto è che i preti non possono sposarsi… o avere figli…
– Cosa? E perché?
– Perché… così vuole la Chiesa!…
– E lui… l’infame… preferisce la Chiesa a me?
L’Arco Naturale era angosciato nel suo istintivo splendore. Avrebbe voluto essere Dio per dare un padre ad Isacco…
Ma comunque ci pensò Gesù.
Alla visita successiva si presentò da monsignor Abramo Fiorenza all’ora in cui era solo in casa:
– Lei è un porco!
– Ragazzi’, attento a quello che dici!
– Lei è un padre porco!
– Non sono un gesuita! E poi tu chi sei?
– Sono Gesù Esposito e lei è un padre prima di essere un sacerdote!
Abramo fu invaso dagli occhi severi d’amore dell’adolescente e non barò:
– Sono innamorato di Assunta come il primo giorno… Isacco!… Lo tratto come il dono più bello che ho avuto dal Signore… Gli voglio bene più di me stesso… Avevo già sposato la Chiesa… Ho allestito questa sceneggiata per assicurare il benessere della… della mia famiglia… Non potrei mantenerla altrimenti, non so fare altro… non so celebrare nessun lavoro… Nel mio settore sono una cima… ma… Come faccio?… È vero, ci rifletto da anni… dopo ogni trasferimento di Assunta per evitare insidiose scoperte… Amo più Assunta e Isacco che la Chiesa…
Gesù non aggiunse una sola parola alla parola.
Il giorno dopo Isacco lo chiamò in disparte:
– Ho un padre! Mio padre divorzia dalla Chiesa, si sposa con mamma. Dio lo ha illuminato. Prima gli ha chiesto di sacrificarmi e poi di salvarmi.
… Dio mise alla prova Abramo…: «… Prendi tuo figlio… Isacco… e offrilo in olocausto… Abramo… prese il coltello per immolare suo figlio. Ma l’angelo del Signore… gli disse: «… non fargli alcun male! Ora so che… non mi hai rifiutato tuo figlio…» (Genesi: 22:1-3, 9-12).
«Che cosa… è più facile: dire “Ti sono perdonati i peccati”, oppure dire “Alzati e cammina”?… Alzati – disse allora al paralitico –, prendi il tuo letto e va’ a casa tua». Ed egli si alzò e andò a casa sua (Matteo, 9:5-7).
Michele Del Gaudio