PRIMO: BEPPE PERLETTO DA DOLCEDO – IMPERIA (piccolo omaggio ad un grande, vero campione del nostro territorio, non come tanti finti che ci circondano).
Piove, piove a dirotto, e i ciclisti, come pulcini bagnati, si stringono tra di loro, per ripararsi l’un con l’altro. Sono partiti da Pietra Ligure da meno di un’ora, ma sono già zuppi, in questa mattina di fine maggio, un cielo nero e freddo che sembra inverno.
Si pedala in silenzio, le teste basse, le spalle strette, come per cercare di prendere meno acqua (tanto ci pensa la ruota di quello davanti a schizzarti in faccia l’acqua sporca delle pozzanghere). Il gruppo scende d’un fiato capo Berta e attraversa veloce Oneglia con l’abbrivio della discesa.
Un boato si leva dai portici, dove centinaia di persone aspettano con ansia i corridori: “Viva il Giro d’Italia!” “Guarda Gimondi!” “Forza Moser!” “Dai Baronchelli!” “Vai Perletto!” “Ma dov’è Perletto?”. Beppe Perletto, di Dolcedo, è il beniamino di casa, l’enfant du pays, come ama dire Adriano De Zan (anche se Beppe non ha ancora vinto una corsa da professionista, De Zan gli vuole bene, e lo cita spesso durante la telecronaca).
Eccolo lì Beppe, che pedala in fondo al gruppo. Sente il suo nome gridato con affetto dai tifosi e di sicuro gli fa piacere, ma un po’ lo imbarazza. E’ molto concentrato, oggi la tappa è durissima, e potrebbe essere la sua giornata. “Peccato che han tolto il Ceppo” pensa Beppe, ma il patron Torriani, quando gli han detto che lassù, ai 1.500 mt. del monte Ceppo, stava nevischiando, ha dovuto in fretta e furia modificare il percorso della tappa, che resta comunque terribile, la più dura di quel Giro: si sale ai 1.000 mt. del passo Ghimbegna da Sanremo, poi giù in valle Argentina, poi di nuovo su fino ai 1.120 mt. di passo Langan, giù in val Nervia e di nuovo su per il Ghimbegna, questa volta da Bajardo.
“Devo guadagnare posizioni nel gruppo”, pensa, “altrimenti quando inizia la salita i migliori mi scappano e non li prendo più”. “Devo farmi coraggio e buttarmi in ogni piccolo spazio davanti a me” (“…lo spazio in gruppo devi prendertelo a spallate, non te lo regala mica nessuno!”, gli dice sempre Marino Basso, che di spallate se ne intende…).
“Già a Ceriana?!” Beppe non si è reso conto di essere già lì, mentre col gruppetto dei migliori (sono rimasti una ventina) attraversa la breve galleria al centro del paese. Il ritmo è forsennato: Fuente ha “acceso la miccia” per mettere in difficoltà Eddy Merkx (ma se ne pentirà amaramente); Baronchelli pedala leggero, apparentemente senza fatica, sembra un principe, col fedele Conati al fianco; Wladimiro Panizza, scoppiettante come sempre quando la strada sale, rilancia, come il gruppetto degli spagnoli, tosti “grimpeurs” dai nomi impronunciabili, facce olivastre ed occhietto inaffidabile.
Il bosco sopra Ceriana è carico di odori, sa di fungo, “chissà quanti bei porcini a settembre!” pensa Beppe. E’ un attimo: la ruota dello spagnolo davanti a lui si allontana, ha perso contatto! Prova a rientrare, ma niente da fare, solo il dolore sordo dell’acido lattico nelle gambe. Curva dopo curva il distacco con il gruppo dei primi aumenta, ormai non li vede più.
Al passo Ghimbegna piove ancora di più e fa un freddo cane. Nella nebbia Beppe intravede solo i due agenti di servizio della Polizia Stradale, intirizziti anche loro, che lo incitano, per provare a trasmettergli un po’ di calore. L’appuntato scelto Francesco Chiodi è un grande appassionato di ciclismo, conosce tutti i professionisti, ed il suo sogno è quello di vedere un giorno il suo Davide nel gruppo dei migliori. “Vai Beppe! Vai che li prendi!” Chiodi ha grande stima di Perletto, ma stavolta sa che è quasi impossibile che li riprenda, il distacco è troppo grande.
Inizia la discesa dei Vignai, e Beppe ha il morale a terra, è solo e scoraggiato, ha perso una grande occasione, la “sua” grande occasione, ha un groppo in gola, gli viene da piangere. Gli viene da piangere come quella volta, diciassette anni fa. “Vai Beppe! Vai piccolo uomo!” la voce è chiara, calda, vicina, a pochi centimetri dalla spalla destra. Riconosce quella voce, e inizia a piangere. Un pianto liberatorio, una scossa, un’onda calda, velocissima, che dal petto in un attimo arriva fino alle dita dei piedi.
L’asfalto è viscido, e ogni curva è una scommessa, ma Beppe ora è sereno, leggero e sicuro. E’ perfetto in ogni piega. Ora sa: sa che non cadrà, sa che li riprenderà, e poi… Vignai, Zerni, Argallo, pedala velocissimo tra le case, quasi danzando sotto la pioggia battente. La poca gente che ha sfidato la bufera, per rendere omaggio ai corridori (non ci sono caldi portici qui…), è sbalordita, non ha mai visto nulla di simile. Il piccolo Beppe che scende a velocità doppia rispetto ai campioni del gruppo davanti. Ma la cosa più stupefacente è il suo viso: sereno e beato, come se non stesse sentendo la fatica.
Terminata la terribile discesa, rivede il gruppo davanti a lui: ha fatto un capolavoro, li ha ripresi! Anche Beppe è incredulo, ma ha capito che oggi è il suo giorno, non ce n’è per nessuno!
A Badalucco l’indomito Panizza riparte per l’ennesima volta, subito seguito da Conati e due spagnoli. Beppe, nonostante abbia speso tantissimo nel tentativo (riuscito) di riaggancio, ha la forza e la lucidità per infilarsi in questa fuga, che sarà quella decisiva.
Si sale verso il colle Langan, una salita tosta che basterebbe per stroncare un campione, ma oggi è solo una tra le tante. Beppe e gli altri quattro fuggitivi non si ricordano neanche più da dove son partiti questa mattina, sembra passata una vita, sentono solo tanta fatica e dolori dappertutto. Tra i castagni secolari, i due coriacei spagnoli si arrendono, mentre Conati rallenta per aspettare il suo capitano Baronchelli. In testa rimangono Panizza e Perletto.
Si scende verso Pigna, si riacquistano un po’ di forze nel tratto di fondovalle fino a Isolabona (mantenendo comunque un’andatura sostenuta, perché dietro “menano” come matti, cercando di riprenderli), poi di nuovo su, verso Bajardo e nuovamente al passo Ghimbegna.
Miro Panizza è il più quotato tra i due e sa che, se arrivano insieme a Sanremo, ha più “chances” di vittoria rispetto a Perletto. Ma anche lui ha notato l’espressione sicura di Beppe, e non è per niente tranquillo. Per la discesa del Poggio Miro prova a staccare Beppe, ma rischia troppo: la ruota anteriore scivola sul bagnato e Miro finisce per terra! Beppe riesce a malapena a schivarlo e a stare in sella.
Ancora pochi chilometri sotto il diluvio e Adriano De Zan (forse anche lui con una piccola lacrima di commozione) urla dal traguardo: “è Beppe Perletto!!! Beppe Perletto da Dolcedo, Imperia, trionfa nella tappa più dura del Giro d’Italia!!!”(era il 31 maggio 1974).
Roberto Amoretti
Dal blog architettiimperia:
CICLO – ARCHITETTI 2014 (7a. edizione)
7a. edizione della ciclo-architetti un po’ sottotono quest’anno, a causa dell’assenza di due “big” dell’archi-pedale: Andrea Simondo ed Emilio De Carli, entrambi impegnati in “prestigiose kermesse internazionali” (avrebbe commentato l’indimenticabile Adriano De Zan).