Sul numero 4 del notiziario Anpi della Provincia di Savona un articolo a ricordo di Claudio Bottelli scomparso a fine marzo 2014, a 89 anni. L’autore è Bruno Marengo, già sindaco di Savona e Spotorno, scrittore, uomo della sinistra storica. Il ricordo esordisce con queste parole: “Addio Caludio, uomo giusto e partigiano, innamorato di Alassio, del suo dialetto e della sua gente. Grazie per il tuo esempio, la tua dignità, i tuoi insegnamenti. Non ti dimenticheremo”.
“Addio Claudio, uomo giusto e Partigiano innamorato di Alassio, del suo dialetto e della sua gente. Grazie per il tuo esempio, la tua dignità, i tuoi insegnamenti. Non ti dimenticheremo”.
Credo che queste parole delle compagne e dei compagni dell’ANPI di Alassio siano il modo migliore per ricordare Claudio Bottelli, un comunista, un partigiano, un antifascista che ha contribuito con grande determinazione a far ri- aprire il processo e a far condannare (ergastolo) il criminale nazista Dosse insieme al famigerato boia di Albenga Luberti.
Lo conobbi nei primi anni sessanta, quando lavoravo e vivevo ad Alassio, in occasione di una riunione nella Sezione del PCI a cui ero stato invitato, seppur non ancora iscritto, da miei colleghi postelegrafonici come me attivisti della CGIL. Ricordo che, finita la riunione, uscim- mo insieme e ci incamminammo nel budello, con alcuni compagni, seguiti dalla musica che proveniva dal dehors del Caffè Balzola. Allo- ra le riunioni “proseguivano passeggiando” e si facevano le ore piccole in discussioni molto più libere di quelle “canoniche” che avveniva- no in sezione.
Tanti furono i momenti in cui ci rincontrammo nell’attività dell’ANPI o in iniziative politiche e culturali, consolidando una fraterna amicizia, ma il ricordo più vivo e commovente che ho di lui è il nostro incontro durante la celebrazione del 25 Aprile 2013 ad Alassio dove ero andato a tenere il discorso a nome dell’ANPI provinciale. Un 25 aprile preceduto dalle polemiche scaturite dalla richiesta, fatta dal Commissario prefettizio in Comune, di non far cantare agli alunni delle scuole alassine il canto partigiano “Fischia il vento”. Una richiesta assurda, subito respinta dall’ANPI e dal mondo della scuola.
I partigiani agli ordini di Felice Cascione “U megu”, nei giorni che precedettero il Natale del 1943, discussero sulla necessità di dotarsi di una canzone e un alpino diventato il partigiano “Ivan” cantò “Katiuscia” che aveva imparato, pochi mesi prima, nella steppa.
Felice Cascione scrisse le parole e nacque così “Fischia il vento”, una canzone, per infondere coraggio, per lottare, una canzone contenente un’idealità, la speranza del sole dell’avvenire. Felice Cascione, medaglia d’oro al valor militare, un medico imperiese, un partigiano caduto per la libertà a 25 anni, un grande uomo per la sua militanza antifascista, per il rigore del suo impegno, per l’umanità e la dedizione verso gli altri che avvicinarono, lui marxista e comunista, ai valori del cristianesimo.
Questa la storia di “Fischia il vento” e di Felice Cascione che Claudio Bottelli mi raccomandò di ricordare, durante la celebrazione, insieme ai valori fondativi della Costituzione.
Prima che iniziassi il discorso, mi consegnò, perché lo leggessi, un documento a firma del Maresciallo Alexander comandante supremo alleato della forze nel Mediterraneo centrale.
Era un Certificato di Patriota in cui “Nel nome dei Governi e dei popoli della nazioni unite” si ringraziavano i partigiani per “… aver combat tuto il nemico nei campi di battaglia, militando nei ranghi dei patrioti tra quegli uomini che hanno portato le armi per il trionfo della libertà, svolgendo operazioni offensive, compiendo atti di sabotaggio, fornendo informazioni mi-litari.
Col loro coraggio e la loro dedizione i patrioti italiani hanno contribuito validamente alla liberazione dell’Italia e alla grande causa di tutti gli uomini liberi. Nell’Italia rinata i posessori di questo attestato saranno acclamati come patrioti che hanno combattuto per l’onore e la libertà”.
Mentre stavo finendo di leggere, mi fece cenno di voler intervenire e con la poca voce che gli era rimasta fece un appello, quasi urlato, per dire basta agli attacchi alla Costituzione. Un appello, anche adesso di grande attualità politica, che cito a memoria: “Il nostro è il “basta!” di quei patrioti che va gridato con forza, che va accompagno dall’impegno di tutti i democratici per la difesa e l’attuazione della Carta Costituzionale, ancora oggi spesso disapplica ta, ignorata, avversata. Una Costituzione anti fascista che ha le radici nella Resistenza!”.
La piazza era gremita di gente che era accorsa a festeggiare il 25 Aprile mossa anche dalla pretestuosa polemica su “Fischia il vento”, che i ragazzi delle scuole cantavano a tutta voce, dopo averne distribuito il testo a tutti i partecipanti. Claudio ricevette un lungo e prolungato applauso e si commosse. Mi abbracciò e mi sussurrò: “Oggi per me è come il 25 Aprile del ’45”.
Mentre concludevo il discorso ricordando i martiri e tutti coloro che si erano sacrificati per la libertà, partì dalla piazza un coro possente: “Fischia il vento e infuria la bufera…”.
Si concluse, con quel canto, la commemorazione del 25 Aprile. Un giorno che mi è rimasto nel cuore con il ricordo di Claudio e del suo “Basta!”.