Pace a Gaza? Non si può usare questa parola sacra che nasce dal verbo latino paciscor: quando due nemici d’accordo, abbandonano le armi e fanno un ‘patto’ di convivenza.

Si può forse parlare di cessate il fuoco, tregua o armistizio (sospensione delle armi); tornano in mente le parole di Calgaco, un capo britannico pronunciate prima della battaglia contro i Romani: “Ubi solitudinem faciunt, pacem appellant” “Dove fanno il deserto, lo chiamano pace”, per descrivere la distruzione e la violenza che i Romani portavano con sé, mascherando sotto il nome di “pace” e “impero” la razzia e la rapina. “Auferunt, trucidant, rapiunt”, “rubano, massacrono, saccheggiano” (‘Agricola’ di Tacito 98 d.ch).
La striscia di Gaza è stata rasa al suolo per l’80 per cento. Gli uccisi sono ormai cento mila e ogni giorno innocenti civili muoiono colpiti dai missili, dai carri armati israeliani e dalla fame. L’unico cosiddetto dialogo è il macabro scambio di cadaveri e di prigionieri, nella desolazione totale. Sulle tombe dei morti nascosti dalle macerie dove tutti siamo ‘affratellati’, società affaristiche occidentali, si stanno spartendo le “spoglie” delle case e degli uliveti per lucrare sulla ricostruzione. Un cannibalismo indegno di una società che si vanta di chiamarsi civile.
Nella Transgiordania abitata da più di mille anni dagli arabi, i coloni israeliani ultraortodossi sionisti, nel silenzio delle diplomazie occidentali occupano ‘quotidianamente’ illegalmente terre arabe e si insediano prima con una tenda poi con una roulotte e infine vi costruiscono una casa fortificata.
Spesso sradicano gli oliveti dei palestinesi e ne distruggono le case. Si richiamano, ignorando di bestemmiare, alle parole di un dio guerriero che avrebbe promesso ad Abramo le terre che vanno dal Libano fino all’Egitto. Come se i profughi istriani cacciati da Tito, tornassero ad occupare le terre ex italiane delle coste abitate da loro, fino al 1947 prima e 1954 poi.
Ma gli israeliani ortodossi e laici, più che a un dio lontano credono nella protezione di un dio terreno chiamato Trump e nel silenzio-consenso dell’Europa che si limita a mormorare qualche parola per le inermi barchette che tentano di portare aiuti ai palestinesi. E dato che si parla di Bibbia viene in mente lo scontro tra Davide Golia (I° Samuele). Oggi Davide si chiama Dawud in arabo e Golia Golyia in ebraico. Golyia possiede 3500 carri armati e Dawd fucili e bazuca. Il Carro armato israeliano, il mostro-moloch della distruzione di Gaza è chiamato Merkava, come il carro di fuoco di Elia.
Per favore lasciate dio, allah e jehovah nel loro placido olimpio, nell’alto dei cieli fuori lontano dai vostri sporchi e insanguinati progetti di guerra. come se noi it x rodi e rta occupata rodo creta.
LE VERITA’ DELL ‘ANGELO’ (IN LIGURIA) DEGLI ‘AMICI DI ISRAELE’-

VACCAREZZA: “…..Io ho a cuore una crisi così delicata….le colpe sono di Hamas, organizzazione terroristica internazionale, così come Hezbollah….” Nel copioso vocabolario del Vaccarezza pensiero non figura purtroppo la parola di un altro angelo (Netanyau) notoriamente moderato e per nulla sanguinario, un innocente perseguito, da comunisti d’Italia e del mondo.
Nota: le annotazioni tra parentesi relative ai comunisti sono sempre state nel cuore e nella mente vaccarezziana.
Dal 21 novembre 2024. La Camera preliminare I della Corte penale internazionale (CPI) ha emesso due decisioni cruciali per la situazione nello Stato di Palestina. All’unanimità, la Camera (ovviamente composta da comunisti) ha respinto le richieste presentate da Israele ai sensi degli articoli 18 e 19 dello Statuto di Roma e ha emesso mandati di arresto internazionale per gli (innocenti) Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu e l’ex Ministro della Difesa Yoav Gallant. Secondo la Corte, Netanyahu e Gallant hanno agito consapevolmente per impedire aiuti umanitari, violando il diritto internazionale umanitario. Tali azioni avrebbero causato malnutrizione, disidratazione e sofferenze gravi alla popolazione civile, con un impatto devastante su ospedali e infrastrutture essenziali. La Camera ha sottolineato che le restrizioni erano motivate politicamente e non da necessità militari.
Ad oggi sono 73 risoluzioni Onu (a maggioranza comunista) di condanna a Israele, l’ultima in ordine di tempo, del settembre scorso sostiene il riconoscimento di uno Stato palestinese indipendente e prevede una soluzione a due Stati. Condanna l’attacco di Hamas al sud di Israele del 7 ottobre. Condanna inoltre l’assedio e la fame di Israele a Gaza, che hanno prodotto una catastrofe umanitaria. Dei 193 membri dell’organismo mondiale, 142 Paesi hanno votato a favore della Dichiarazione di New York, 10 controri e 12 si sono astenuti. I paesi che hanno votato contro l’adozione di questa risoluzione sono: Canada, Israele, Isole Marshall, Micronesia, Nauru, Palau, Panama, Repubblica Ceca, Stati Uniti. Si sono astenuti Italia, Albania, Andorra, Australia, Bahamas, Barbados, Bosnia ed Erzegovina, Bulgaria, Camerun, Colombia, Croazia, Estonia, Figi, Germania, Guatemala, Haiti, Lettonia, Lituania, Malawi, Principato di Monaco, Mongolia, Montenegro, Paesi Bassi, Papua Nuova Guinea, Paraguay, Polonia, Regno Unito.
Poche ore dopo che il primo ministro Benjamin Netanyahu aveva respinto l’idea di uno Stato palestinese.
Lo ha detto è il presidente di Music For Peace Stefano Rebora collegato da Amman alla conferenza stampa organizzata dalla ong genovese insieme a politici di sinistra e centrosinistra e a una delegazione dell’Olp, organizzazione per la liberazione della Palestina per chiedere lo sblocco dei sette container partiti da Genova e fermi in porto in Giordania.
Le 240 tonnellate di aiuti erano stati raccolti in estate grazie alla generosità di migliaia di genovesi e non solo in un passaparola di solidarietà che aveva portato alla fiaccolata del 30 agosto.
Con lei anche gli altri capigruppo dell’opposizione Armando Sanna (Pd), Gianni Pastorino (lista Orlando presidente), Stefano Giordano (M5s). La parlamentare del Pd Valentina Ghio ha annunciato che, oltre alle numerose interrogazioni al governo sul tema, sarà inviata una lettera a Meloni e Tajani sulle problematiche legate alla selezione del materiale in ingresso a Gaza e su quello che può fare il governo per sbloccare la situazione. Alla conferenza stampa anche Riccardo Rudino, portuale del Calp: “Quello che bisogna fare per sbloccare gli aiuti è boicottare i traffici commerciali con Israele, il tempo della diplomazia è finito”.
