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Ranzi, un paese chiuso dietro una porta e un progetto rimasto nel cassetto


A Ranzi, sopra Pietra Ligure, vivono poco più di trecento persone. Non c’è una bottega, né un bar, né un luogo dove potersi incontrare se non per strada o alla messa della domenica.

di Cristina Vignone

Ranzi di Pietra Ligure: quando era attiva la Trattoria- Pizzeria Da Piero

A Ranzi, sopra Pietra Ligure, vivono poco più di trecento persone.
Non c’è una bottega, né un bar, né un luogo dove potersi incontrare se non per strada o alla messa della domenica. Le case in pietra guardano il mare da lontano e, al centro del paese, dietro una serranda arrugginita, giace da anni uno spazio comunale abbandonato: l’ex trattoria – izzeria Da Piero.

Ogni volta che ci passo davanti, penso a quanta vita potrebbe abitare lì dentro.
Tavoli, risate, un laboratorio, un corso di cucina, una serata con gli anziani del paese e i bambini.
Ma la porta resta chiusa, e come tutti gli edifici non vissuti, anche questo si deteriora.
Fuori, il tempo lascia i suoi segni, e lo spazio, giorno dopo giorno, diventa un po’ più triste.
Di fronte si apre una vista mare bellissima, ma senza persone che lo abitano, quel luogo è spento.

Era l’inizio del 2023 quando, due architetti torinesi, mi proposero una collaborazione per partecipare al bando REazioni della Compagnia di San Paolo.
Lavoravano da anni su progetti di rigenerazione e costruzione di comunità. Mi chiesero se conoscessi un luogo da recuperare in provincia di Savona.
Non ebbi dubbi: Da Piero, a Ranzi.

Per dare forza e profondità al progetto, coinvolsi anche un artista che da anni lavora sulla trasformazione dei luoghi e delle comunità con cui da tempo condivido una riflessione su come l’arte, l’abitare e le pratiche partecipative possano incidere concretamente sui luoghi.
Scrivemmo la proposta: un progetto che metteva al centro non solo il recupero fisico dello spazio, ma anche la costruzione di relazioni, processi e saperi comuni.

Volevamo trasformare quel posto dimenticato, di proprietà comunale, quindi dei cittadini, in un centro di paese aperto, un’infrastruttura leggera dove imparare, scambiare saperi, progettare insieme. Un luogo in cui la cura del territorio, la formazione e la cultura potessero intrecciarsi.
Lo chiamammo “Centri di Paese”: un esperimento di governance condivisa, documentato con licenza aperta per renderlo replicabile altrove.

Il 23 gennaio 2023 inviammo una sintesi del progetto al Comune di Pietra Ligure. Qualche settimana dopo arrivò la risposta: “L’immobile richiede importanti interventi strutturali, e non vi sono spazi comunali disponibili. L’Ente vi ringrazia per la proposta.”

Era una mail breve, formale, che chiudeva la porta con doppia mandata.
Ma io non mi arresi. Nella primavera parlai con il vicesindaco, che (allora come ora) aveva la delega proprio alla frazione di Ranzi. Lo incontrai a inizio maggio, portando con me le carte e un po’ di speranza.
Ascoltò con attenzione, sembrò interessato. A fine luglio mi scrisse un messaggio gentile: “Abbiamo discusso a lungo la tua proposta, e tutti ne riconosciamo l’importanza. Ma siamo a fine mandato e avviare un percorso così ora sarebbe una forzatura. Dopo le elezioni, sono certo che il progetto potrà partire.”

Da allora sono passati quasi tre anni. Il progetto è rimasto fermo e lo spazio è sempre più triste.

Il forno a legna e tavoli della pizzeria da Piero apparecchiati con cura …e con l’acqua in bottiglie di vetro! Ranzi, un paese chiuso dietro una …

Le risorse ci sono, lo sappiamo. A volte mi chiedo se sia davvero una questione di fondi o, piuttosto, di volontà. I bandi esistono, i finanziamenti anche, ma servono occhi capaci di vedere oltre la burocrazia, mani disposte a prendersi la responsabilità di aprire una porta. Chi amministra la cosa pubblica, cosa intende davvero per bene comune? Quali sono le logiche che guidano le scelte e le decisioni?

Eppure ci sono persone con le competenze per immaginare trasformazioni che mettano al centro il bene comune: artisti, cittadini attivi, progettisti, architetti, persone che conoscono i luoghi e li abitano. 
Troppo spesso queste competenze vengono ignorate da amministratori che si credono depositari di ogni decisione, chiusi in una logica in cui il potere di dire “no” pesa più del coraggio di costruire insieme.

Cosa deve accadere, in un paese come Ranzi, perché un’amministrazione riconosca il valore di un bene pubblico? Perché un edificio lasciato a marcire non diventi occasione di incontro, invece che simbolo di abbandono?

Un’amministrazione che non sa ascoltare, che non accoglie visioni e competenze, cosa amministra davvero? Il tempo che passa, o il vuoto che cresce?

Ranzi non è un caso isolato. È il volto di tanti paesi italiani dove la paura di condividere pesa più del desiderio di rinascere.
E se nulla cambia, non sarà colpa dei muri, ma di chi continua a tenere la porta chiusa a doppia mandata e ad ogni mandato.

Cristina Vignone

Cera una volta la Pizzeria…..da anni chiusa


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Cristina V.

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