Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Finale Ligure. I sindaci del comprensorio vincono. I vigili del fuoco restano. 2/ Catia chef ‘in cammino’ dell’Osteria di Castel Govone


Una battaglia civile sacrosanta, vinta senza mobilitazione popolare. Grazie all’unità dei sindaci. Il ministero dell’Interno del governo Melo avrebbe fatto dietro front: il Distaccamento dei Vigili del Fuoco di Finale non chiude. Anzi, urge rispettare la pianta organica oggi assai carente.

Le cronache di questi giorni raccontano che “a Finale Ligure, insieme al Presidente della Provincia e a molti Sindaci del territorio, davanti alla caserma dei Vigili del Fuoco  per ribadire con forza l’importanza di mantenere operativa la stessa Caserma di Finale Ligure che rappresenta un importante presidio di protezione e presenza concreta di sicurezza per tutto il nostro territorio”.


SCRIVE IL DIRETTORE EDITORIALE DI IVG.IT SANDRO CHIARAMONTI IL 29 GIUGNO 2025 FESTA DI SAN PIETRA E PAOLO: Finale Ligure. Il prezioso distaccamento dei Vigili del Fuoco di Finale Ligure dovrebbe essere salvo: avrebbe dovuto chiudere provvisoriamente da domani, ultimo giorno del mese, per mancanza di personale, in attesa di giorni migliori. Qualcuno temeva per sempre.

Invece, come riportato anche da IVG.it, il ministero dell’Interno, su interessamento del senatore Gianni Berrino, ha fornito le assicurazioni del caso, anche se la cronica mancanza di personale (in tutta la provincia 33 vigili, 39 capi squadra e 2 ispettori) consiglia di vigilare con attenzione.

E’ stata infatti la mobilitazione dei sindaci (in testa Comi e Berlangieri) e del presidente della Provincia Olivieri, con una manifestazione venerdì scorso, 27 giugno, a permettere che la situazione si sbloccasse. Nei prossimi giorni ci saranno altre iniziative e un incontro in Prefettura.

…..Michele Costantiniper decenni vice comandante dei Vigili del Fuoco di Savona,conclude con una curiosità: “Non va dimenticata l’importanza dei presidi dei pompieri anche per il turismo. Soprattutto i turisti che provengono dal Nord Europa, nel scegliere una destinazione si accertano che sia provvista di pronto soccorso, posto di polizia e presidio dei pompieri”.

2/L’Osteria di Castel Govone: dalla cucina squisita all’accoglienza

DALLA PAGINA FACEBOOK di  Giuseppe Testa-

Nessun altro nome sarebbe stato più indicato per “battezzare” questa attività.Non voglio trattare della cucina squisita, della accoglienza e della simpatia dei titolari (vi invito ad andare a trovarli), uniti ad un luogo veramente incantevole e magico. Sia all’interno che sulla panoramica terrazza si percepisce una atmosfera particolare; ora vi svelo quello che le pietre dei muri dell’osteria potrebbero dire se potessero parlare. Non potendolo fare (le pietre) lo farò io.

Il castello Govone si ergeva solitario: nessuna abitazione, al contrario di oggi. Solo la chiesa romanica di Sant’Eusebio (oggi oratorio), che i Marchesi avrebbero demolito volentieri, perché di pregiudizio alla difesa del castello.

Tutto il territorio intorno era (diremmo oggi) Demanio Militare: veniva affittato a contadini per usi agricoli ma (ahimè) con la minaccia o sotto assedio venivano tagliati tutti gli alberi (quasi tutti olivi) e smontati i muri a secco, per non dare riparo agli assalitori! In questo modo le artiglierie del castello, caricate a ferraglia, potevano spazzare via i nemici con facilità. In definitiva l’unico punto conveniente per “rompere le mura” era sulle falde della Rocca di Perti: da qui gli attaccanti erano in posizione più elevata, relativamente vicini, è ciò è infatti accaduto. Fu creata una piazzola ad una certa altezza e, molto faticosamente, furono piazzati alcuni pezzi di artiglieria. La piazzola si vede ancora oggi ad occhio nudo, poco sopra la chiesa, ma la fatica che deve essere costata per portare su delle bombarde o simili, deve essere stata enorme!
Nel 1602 il Marchesato del Finale passò sotto il governo spagnolo e Castel Gavone fu oggetto di una serie di interventi all’interno della cinta di difesa.
Nel 1713 Genova acquistò il Marchesato e due anni dopo diede inizio allo smantellamento di Castel Gavone. Il castello rimase di proprietà del demanio di Genova fino alla costituzione della Repubblica Ligure. Nel 1805 per ripianare il debito pubblico, contratto dagli occupanti francesi, fu ceduto alla famiglia Cavasola. Nel 1991 i Cavasola lo hanno “venduto” simbolicamente per mille lire al Comune di Finale Ligure.
Come detto altre volte, in un tempo lunghissimo, il castello fu privato di tutte le parti di pregio, passando infine alla spoliazione delle murature ormai dirute. Blocchi di pietra, mattoni, inferriate, tegole, ardesie ed altro furono poco alla volte vendute dai genovesi, o derubate dai finalesi, tanto da costringere i genovesi ad approntare un servizio di vigilanza.
Molte parti del castello si trovano nelle case di Perti o del Borgo, come visto a suo tempo in altro post. Tutta la chiesa ottagonale di Perti, la nuova parrocchiale di Sant’Eusebio, vanta la sua costruzione grazie ai materiali sottratti al castello.
Infine, ed è qui che volevo arrivare, i materiali sottratti al maniero furono utilizzati anche per la costruzione che oggi è l’Osteria di Castel Govone (o Gavone), edificio che ha visto in seguito aggiunte moderne di ulteriori cubature.
Degustando le varie portate, specialmente nella terrazza esterna, questo si può tranquillamente notare. La presenza di pietre “importanti”, assemblate con mattoni ed altri materiali lapidei svelano la provenienza dal vicino castello. Ironicamente potremmo dire che “l’Osteria è fatta con Castel Govone”! Buon appetito!
COMMENTO SOCIAL DI KATIA LATTANZI – Questo non me lo aspettavo proprio. Grazie Pino mi hai commosso, è un privilegio sentirti raccontare e vivere in tale bellezza. Andrea ha pulito il muro e ora si notano perfettamente le grandi pietre e i vecchi mattoni.. creano un spettacolo, incorniciano serate uniche. Vorrei ascoltarti per ore, anzi dai vieni con tua moglie che ti racconto la storia dell’ingresso, e’ sempre stato lì! Potevi chiamare ero in cucina, come sempre

grazie.  
DA VISIT FINALE – ‘Una Chef in cammino’ di Paolo Iacona
Catia Lattanza titolare e chef.  L’osteria è anche consigliata dalla prestigiosa Guida Michelin

Lungo la storica strada Beretta, che da Finalborgo conduce a Perti e a Sant’Antonino, per poi valicare l’Appennino e innestarsi con le strade che portano a Milano e Alessandria, c’è l’Osteria di Castel Gavone, a pochi passi dall’antica dimora dei marchesi del Carretto, da cui prende il nome, e dalla suggestiva Chiesa dei Cinque Campanili.

Qui, all’incrocio di tanti sentieri, immersi nel meraviglioso paesaggio finalese, c’è il regno della chef Catia Lattanzi. Una chef in cammino, in tutti i sensi.

“Sono arrivata a Finale Ligure dal levante ligure, un po’ per caso, un po’ per amore” racconta Catia. “Prima creavo mappamondi, ma, con una mamma cuoca emiliana, ho presto scoperto anche la passione per la cucina. Una passione che si è unita a quella per questo territorio e 10 anni fa mi ha spinta ad aprire l’Osteria”.

La passione di Catia per il territorio si esprime soprattutto nella scelta degli ingredienti. Come le erbe spontanee, che raccoglie proprio sui sentieri che circondano il ristorante. Piantaggine, acacia, rucola selvatica, tarassaco, ortiche, aglio ursino, borragine, timo e lavanda, solo per fare alcuni esempi, che diventano protagonisti assoluti dei suoi piatti, dall’antipasto al dolce. È una cucina di ricerca, la sua, che parte dai prodotti naturali della terra e dalle tradizioni, reinterpretate in chiave innovativa.

“È in questo territorio straordinario che trovo ispirazione” spiega Catia. “Aprendo la finestra dell’Osteria, lo sguardo spazia dalle falesie alla Valle dell’Aquila, dalle rocce calcaree in pietra del Finale, passando per gli uliveti, fino al mare. Nei miei piatti cerco di far entrare tutta questa bellezza, anche se il mio cavallo di battaglia è il piatto che deve ancora arrivare, perché sono sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo e di diverso”.

Le radici della cucina di Catia restano però ben piantate in questa terra, come il suo orto biologico e i suoi due alberi di Mela Carla o finarina, varietà recentemente inserita nell’Arca del Gusto di Slow Food. Niente di meglio per concedersi una sosta all’insegna del gusto e dei sapori del territorio, lungo i cammini lenti nei dintorni del borgo.


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