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Che cosa è stato l’Hotel Palace per Spotorno? Più di uno scenario cinematografico e…


24 maggio 2025, l’Hotel Palace di Spotorno ricorda i bei tempi e racconta una lunga storia di vita novecentesca.

di Ezio Marinoni

Che cosa è stato l’Hotel Palace per Spotorno? Basta l’immagine di una cartolina a restituirci il suo fascino senza tempo? Ben più di un albergo, esso era lo scenario di una rappresentazione, una quinta teatrale che separava il lusso della ricchezza borghese e nobiliare dalla vita quotidiana dei lavoratori di un piccolo paese della costa ligure. Auto di lusso parcheggiate, donne eleganti e “chaffeur”, camere di lusso e ambienti comuni sgargianti, dove tutto poteva accadere.

L’Hotel Palace è stato più di uno scenario cinematografico, quando il regista Alberto Lattuada ha girato il film “La spiaggia”, a lungo censurato, per i suoi messaggi anticonformisti.

Bruno Marengo era fra i ragazzini e le comparse che hanno partecipato a quel film, in cambio di un cesto per la merenda pomeridiana. Il 26 aprile di un anno fa, Spotorno ha rivissuto quel clima e l’entusiasmo di una generazione ormai perduta: https://trucioli.it/2024/05/02/spotorno-settantanni-dopo-il-film-la-spiaggia-accende-lentusiasmo/

Oltre settant’anni dopo, Bruno Marengo ritorna all’Hotel Palace, nella sua Sala Convegni, dove racconterà la sua ennesima fatica letteraria, Il candidato dell’orto europeo, di cui ci siamo già occupati in occasione della presentazione del 26 marzo scorso a Savona: https://trucioli.it/2025/04/03/savona-bruno-marengo-gia-sindaco-e-scrittore-si-racconta-il-candidato-dellorto-europeo/

Cosa si può ancora aggiungere, a questo libro e alla carriera del suo scrittore?

Possiamo dire che sabato 24 maggio 2025, alle ore 17, nella Sala Convegni dell’ex Hotel Palace, Bruno Marengo chiude un cerchio e ritorna a casa, nella “sua” Spotorno, dove è nato e dove sono nati i suoi primi entusiasmi… forse incontrando il regista e compagno Alberto Lattuada… o scambiandosi un pallone con Raf Vallone, fra calcio e politica, due fedi incrollabili nel Torino e nel Genoa…

Nella prefazione, Silvio Ferrari si pone alcune domande, per inquadrare il libro e il suo genere. «Autobiografia? Intervista? Flusso di coscienza. (…) a lettura ultimata mi sento di sostenere che tutta la “storia” non è inquadrabile nell’ambito di una ordinata autobiografia letteraria. (…) Forse solo dopo “Un’Isola” di Giorgio Amendola si cominciò a comprendere che si doveva dare spazio e valore alla dimensione quotidiana della scelta di vita da comunisti. In Italia forse prima che altrove.»

Dodici capitoli, come i cavalieri della Tavola Rotonda o come gli Apostoli evangelici, sono la struttura narrativa di un racconto in cui si muovono «le urgenti e mai sopite inquietudini di un comunista ultraottuagenario

Bruno Marengo è stato quadro e dirigente comunista, forse un comunista eroico in quanto ha retto al fuoco di fila delle opposizioni interne ed esterne alla sua azione innovativa e, a volte, fuori ordinanza rispetto alle rigide impostazioni dell’epoca della guerra fredda.

In questo nuovo libro egli escogita l’espediente di collocare il comunista di un altro tempo, mai fuori tempo o fuori dalla storia,  in una circostanza moderna come l’ipotesi di candidatura alle elezioni europee.

Lo strumento dell’intervista è un abile gioco letterario per introdurre nel racconto la figura della giovane intervistatrice, giornalista precaria e piena di sogni e progetti, e mettere a confronto i vecchi e i giovani, il presente e il passato, «(…) quando Marengo narratore straripa, si allarga, apre la cerniera dei ricordi il suo libro avvince e coinvolge come una vera testimonianza generazionale. E trovano spazio l’ambiente di provenienza, la famiglia e la scuola, i primi contatti con il mondo degli altri e la scelta categorica dell’attivismo politico.»

In queste pagine « (…) è sufficiente il riferimento ad un nome, il richiamo ad un viaggio, la citazione di un autore letto ed amato per la vita, perché il personaggio del suo protagonista, il candidato dell’orto europeo, riprenda le sembianze del Bruno uomo e i suoi ricordi prendano a pulsare con battito accelerato. E con la stessa emotività, per dare credibilità al ruolo della memoria, Marengo cita i nomi di tanti amici e compagni di vita vissuta (…). Una volta si diceva “fra compagni”.»

Per quale motivo val la pena leggere questo libro? Basta sfogliarlo… Ricordi dall’infanzia, un incontro e un monito a cercare sempre la denuncia sociale per combattere l’ingiustizia (come alle pagine 33 e 34): « (…) andavo con mio padre, pedalando in bicicletta, nel paese vicino dove un giornalaio-barbiere non solo vendeva l’Unità ma la affiggeva anche in una bacheca vicino al suo negozio. (…) Nel suo negozio, conobbi una giornalista dell’Unità, Tina Merlin, che aveva indicato, inascoltata, denunciata, processata e assolta, i pericoli incombenti nell’invaso della diga del Vajont.»

Ha, dunque, ragione Silvio Ferrari. Questa non è una autobiografia, sarebbe tutto troppo facile. E nemmeno è una “isola” in cui rifugiarsi, con la malinconia del bel tempo che fu.

Il libro di Bruno Marengo, appunto perché è un ritorno a casa, svela i tratti del testamento politico, un atto d’amore verso una classe politica che forse non è persa per sempre, se qualcuno avrà il coraggio di studiare, come si faceva un tempo, il senso della politica, nel senso cristiano e laico di don Lorenzo Milani, dove “tu e io” possiamo e dobbiamo diventare il “noi” della comunità. Leggiamo, infatti, a pagina 47: «la politica di don Milani: il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne tutti insieme è la politica. Sortirne da soli è l’avarizia.»

Non è soltanto un dovere, politico e morale, ascoltare i racconti di vita di Bruno Marengo e di quei pochi rimasti di una generazione dalla “schiena diritta”, che non si è piegata a compromessi e a facili scorciatoie; è un diritto e un dovere verso i giovani, per cercare di ricostituire i fili spezzati di un impegno a tempo pieno, ben altro dai “twit” contemporanei che cinguettano e scimmiottano l’assenza dei contenuti, verso una politica dal volto umano che voglia costruire un mondo migliore, nel rispetto delle persone e anche degli avversari, che non sono mai nemici, soltanto persone che la pensano in modo diverso. Questa è la più grande lezione che dobbiamo a Bruno Marengo, in un mondo alle soglie della terza guerra mondiale.

Rispetto allo scarso respiro della politica attuale, leggiamo a pagina 58: «sembrano mancare sia la ricerca culturale, sia la previsione e l’azione dell’iniziativa politica: l’impressione è quella di muoversi davvero in un deserto.»

Al cospetto del 25 Aprile da poco trascorso, nell’ottantesimo anniversario della fine della guerra e della sconfitta del nazifascismo – anche grazie alla Resistenza, un fenomeno non soltanto italiano, dal sapore internazionalista -, il “candidato” si affida a ricordi dall’alto valore evocativo e di trasmissione della testimonianza: «Ricordiamo bene l’aria respirata in quegli anni tra la fine dei ‘50 e i primi del ‘60. Abbiamo sentito raccontare in prima persona la Resistenza, abbiamo conosciuto direttamente la classe operaia. E rispetto alle rivendicazioni e alle utopie del Sessantotto, Marengo scrive:« (…) quella barricata ideale rappresentava per noi la speranza, l’avvenire, la voglia di libertà».

Da ultimo, i tanti incontri in età adulta, con persone semplici o importanti, che Marengo sa rendere alla stregua del vicino di ombrellone, con la sua umanità e autoironia. Alessandro Natta, uno fra gli altri, è descritto a pagina 109: « (…) andavo a trovarlo, su al Melogno o a Oneglia dove facevamo delle passeggiate sino al molo. (…) A Calizzano, nei tavolini davanti al “Miramonti” del mio compagno di scuola Beppino Carretto, fabbro, moglie albergatrice (mamma Angela e la figlia Valentina gestiscono ora l’agriturismo Collette immerso in un bosco di Bardineto ndt), abbiamo giocato a carte insieme a Paride Batini, Console della Compagnia Unica dei portuali di Genova. Diceva che ‘il momento del lavoro non è staccato dalla vita quotidiana, ma si armonizza con essa’. Ci siamo visti qualche volta anche a Molassana insieme a Giordano Bruschi, partigiano Giotto, una grande mente…».

Il ricordo di un intellettuale anima la pagina 110: «Stelio Rescio del Manifesto, intellettuale-autodidatta, radiato dal PCI. Fondò la Galleria d’arte d’avanguardia ‘Il Brandale’. Mi parlava sempre del dovere del dubbio. Insieme organizzammo il Contronatale, mostra itinerante del Natale consumistico.» Contro il Natale del consumismo si era pronunciato anche Pier Paolo Pasolini, con l’articolo “Festività e consumismo”, apparso in “Tempo”, n. 1, anno XXXI, 4 gennaio 1969.

Il 24 maggio, all’ex Hotel Palace, si potrà ascoltare questo e tanto altro, da una ricca biografia politica e umana. Chi l’ha scritta è un tifoso del Genoa e un lettore accanito di Don Chisciotte, in italiano e in spagnolo, mai pago di perdere una partita di calcio o una battaglia contro i mulini a vento. Una seconda giovinezza sembra animarlo da quando ha festeggiato un importante compleanno e i suoi sogni condensati nel romanzo Esperando Sevilla palpitano ancora:

https://trucioli.it/2023/03/09/bruno-marengo-i-suoi-80-anni-auguri-ultimo-scrittore-di-spotorno-una-vita-impegnata-raccontata-fra-amici-al-bar/

La presentazione del libro Il candidato dell’orto europeo è organizzata dal Circolo Socio Culturale Pontorno ODV. Presiede e coordina l’incontro Sira Cerruti, con interventi musicali di Eros Crippa e Marco Vescovi.

Ezio Marinoni


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