Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Da Roccaraso a Ventimiglia, passando per Trieste. Tra assurdità burocratiche e fughe in avanti. E come affossare il progetto transfrontaliero della monorotaia sopraelevata


Strana nazione l’Italia. Dispone di tante risorse che neppure tenta di sfruttare. Ma poi si ostina a perseguire soluzioni complicate, costose o poco funzionali. Provo a fare qualche esempio a caso, tratto dalla cronaca di questi giorni.

di Massimo Ferrari*

Roccaraso è una bella località abruzzese, molto gettonata nei mesi estivi e soprattutto invernali dalla clientela partenopea. Infatti rappresenta la meta sciistica più vicina a Napoli. E così succede che domenica scorsa è stata letteralmente invasa da almeno 250 bus a noleggio che hanno scaricato nelle sue stradine oltre 12 mila escursionisti, dopo aver creato ingorghi inenarrabili. Un classico esempio di “overtourism” che produce gravi problemi, anziché benefici al territorio.

I telegiornali hanno dato ampio spazio alla vicenda, alimentata anche da grottesche “influencer”, che hanno tuttavia grande presa sui loro “followers” e speculano sulle prenotazioni dei bus, senza minimamente curarsi delle conseguenze. Il sindaco adesso cerca di correre ai ripari, imponendo una sorta di numero chiuso ai torpedoni ed accesso a targhe alterne, con tutte le difficoltà pratiche di far rispettare queste ordinanze, disponendo ovviamente solo di un pugno di agenti della Polizia locale ed esponendosi ai prevedibili ricorsi di chi invoca a sproposito l’inviolabile diritto alla mobilità.

I telegiornali Rai nelle edizioni domenicali hanno aggiunto un particolare, molti dei ‘turisti domenicali’ pagavano con banconote da 20 €, da qui il sospetto dello zampino camorristico e sono in corso indagini della Dia.

Non ci sono altri modi meno impattanti per raggiungere Roccaraso nei fine settimana? Certo non limitandosi a bandire l’uso dei bus, ché, se tutti si muovessero solo in auto, la congestione sarebbe ancora peggiore e le gite si trasformerebbero definitivamente in un incubo. Eppure Roccaraso è toccata da una linea ferroviaria interregionale che un tempo metteva in collegamento addirittura Napoli con Pescara. E’ la cosiddetta “Transiberiana d’Italia”. Chiusa al traffico ordinario da parecchi anni, è stata poi riconvertita con i treni turistici di Fondazione FS, le cui corse – poche, ma proposte con un calendario periodico – hanno riscosso grande successo di pubblico.

Senonché questi treni non servono per portare gli sciatori a Roccaraso, semmai per far scoprire alle famiglie angoli poco conosciuti di grande bellezza. Ma i binari ci sono. E sono tenuti in buono stato per far funzionare la “Transiberiana”. E, allora, perché non programmare corse ordinarie da Napoli a Roccaraso, almeno durante i fine settimana invernali ed estivi, quando è facile prevedere che l’afflusso di turisti sarà cospicuo? Apriti cielo: bisognerebbe coordinare le regioni Campania, Molise ed Abruzzo, su cui insiste il tracciato e concordare gli eventuali contributi richiesti da Trenitalia. Meglio ignorare il problema e lasciare Roccaraso soffocare nel traffico, col rischio di arrecare grave pregiudizio anche al contiguo Parco Nazionale.

Spostiamoci allora al capo opposto della penisola, nella splendida Trieste. Uno dei simboli della città giuliana, da oltre un secolo – retaggio della (rimpianta?) amministrazione asburgica – è la trenovia di Opicina. Si tratta di un tram che, partendo dal centro, scala le pendici del Carso per mezzo di un ingegnoso sistema a funicolare, poi si posiziona sull’altipiano, consente vedute strepitose dall’Obelisco e termina la sua corsa non lontano dalla frontiera slovena.

Purtroppo, dal 2016, a causa di un incidente, la circolazione è stata bloccata. Bastava effettuare alcuni interventi per mettere in sicurezza i veicoli. Cosa che, in un paese normale, richiederebbe pochi mesi di lavori. Già, ma prima la Magistratura ha effettuato (con tutta calma, ovviamente) le indagini del caso. E poi, chi paga? Il sindaco Dipiazza nicchia e propone, in alternativa al tram, una funivia che dall’altipiano raggiunga la zona del Porto Vecchio, con enormi parcheggi annessi. Orrore: insorgono le associazioni ambientaliste – Italia Nostra in testa – che gridano allo scempio. La città si divide in schieramenti contrapposti che alimentano continue polemiche.

Poi il sindaco che, a prescindere dall’idea della funivia, si rende conto del valore storico ed iconico della trenovia di Opicina, sostiene finalmente il ripristino dell’impianto. Purtroppo, però, non fa i conti con Ansfisa, l’occhiuto ente regolatorio che sovrintende agli impianti fissi. La quale impone ben quattro sistemi frenanti (ad aria, elettrico, a mano ed a pattino), parte dei quali devono essere commissionati in Austria, non essendovi più produttori italiani nel settore. Lievitano i costi, si allungano i tempi.

Finalmente il 1° febbraio, dopo otto anni e mezzo di fermo, il tram di Opicina torna in esercizio. Con un solo veicolo disponibile, però, perché, oltre ai pezzi di ricambio, mancano anche i manovratori che nel frattempo sono andati in pensione e bisogna formare nuovo personale. E così, anziché valorizzare al meglio una curiosità unica nel suo genere (solo a Genova esiste qualcosa di vagamente simile con l’ascensore-funicolare di Montegalletto, ma corre integralmente in sotterranea) si perde inutilmente quasi un decennio. E forse non è finita qui, visto che ci si è dimenticati di cambiare le rotaie, in alcuni punti ammalorate.

Sul confine occidentale del Bel Paese incontriamo, invece, la stazione di Ventimiglia. Il cui valico – fondamentale per gli scambi tra Riviera e Costa Azzurra – impone da anni disagevoli trasbordi solo perché le Ferrovie Italiane e quelle Francesi non si mettono d’accordo per gestire corse dirette, mentre né Parigi, né Roma e tanto meno Bruxelles riescono ad mediare una soluzione ragionevole. Anzi, ultimamente, persino la vendita di biglietti francesi è (temporaneamente?) sospesa persino nelle stazioni prossime al confine, come Sanremo.

E allora, di fronte all’inerzia pubblica, si fanno avanti i privati. Nei giorni scorsi, infatti, viene presentato il progetto di una monorotaia sopraelevata per andare da Ventimiglia al Principato di Monaco. Neppure si tratta di un’idea avveniristica. Il sistema proposto sarebbe il medesimo già adottato a Bologna per collegare la stazione Centrale all’aeroporto Guglielmo Marconi. Una navetta di sette chilometri che propone corse ad un prezzo esorbitante (12,80 euro di sola andata contro i 2,20 necessari per spostarsi in metropolitana dal centro di Milano a Linate, su una distanza equivalente).

Nel dicembre scorso ho avuto occasione di provare il “people mover” bolognese: ho viaggiato gratis, perchè l’emettitrice automatica di biglietti non rispondeva al tentativo di utilizzare bancomat o contanti e non si trovava personale di assistenza. E le vetturette, a pochi anni dall’attivazione, oscillavano in maniera inquietante.

Ma il punto cruciale non è questo. A Bologna la “monorotaia” scavalca una periferia disordinata di capannoni e svincoli autostradali, senza apportare sostanziale nocumento ad un territorio già compromesso di suo. Riuscite ad immaginare l’impatto tra Ventimiglia e Monaco di una sopraelevata che sfiora i Giardini di Villa Hanbury, la città di Mentone, Cap Martin e Roccabruna, ossia uno degli angoli più incantevoli del Mediterraneo? Non basta la Sovrintendenza italiana, ma è facile prevedere che pure gli Enti analoghi francesi e monegaschi affosseranno sul nascere l’idea.

A meno che il tracciato fosse riportato integralmente in sotterranea. E allora i costi, stimati in 30/35 milioni di euro al chilometro, lieviterebbero esponenzialmente. Il tutto pur di non risolvere il problema alla radice, semplicemente pianificando un decente traffico transfrontaliero tra Imperia e Nizza, sfruttando i binari già esistenti, ed imponendo ai gestori ferroviari italo francesi (visto che non riescono a trovare la quadra) un accordo con equa ripartizione dei costi, degli incassi e degli oneri gestionali in nome dell’interesse pubblico. Principio questo che ormai sembra  essersi dissolto.

Altro che rigidità burocratica o fede nelle virtù taumaturgiche della concorrenza. Basterebbe solo un po’ di buonsenso. Merce sempre più rara di questi tempi.

*Massimo Ferrari

(Presidente UTP/Assoutenti)

2/DA IL SECOLO XIX

 


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M. Ferrari

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