Nel corso del 2025 Savona, in corsa per la nomina a Capitale Italiana della Cultura 2027, ricorderà quattro donne che hanno illustrato nel corso del ‘900 la nostra Città: la scrittrice Milena Milani, la scultrice Renata Cuneo, la soprano Renata Scotto e la partigiana componente dell’Assemblea Costituente Angiola Minella.
di Franco Astengo
Quest’ultima probabilmente è la meno ricordata eppure il suo ruolo fu di grande importanza anche nello sviluppo del dibattito nel PCI savonese, partito chiamata a guidare la ricostruzione di Savona dopo le macerie della guerra fascista.
Angiola Minella Molinari – nome di battaglia “Lola” – fu una delle ventuno donne che fecero parte della Assemblea Costituente. Nacque il 3 febbraio 1920 a Torino in una famiglia altoborghese; il padre Mario, un noto ingegnere, direttore prima delle miniere di Cogne e successivamente della società Reale mutua assicurazioni, fu assassinato con tre colpi di rivoltella sul pianerottolo di casa, in un attentato fascista, lasciando così orfane Angiola che aveva all’epoca dodici anni e la sorella minore Maria Pia che ne aveva cinque.
Angiola frequentò il prestigioso liceo classico “Massimo d’Azeglio” (“il mio compagno di banco si chiama Gianni Agnelli”, annotava sul suo diario) e successivamente si iscrisse a Lettere, assecondando la madre che non condivideva il suo desiderio di frequentare la facoltà di medicina, passione trasmessale probabilmente dal nonno materno che era medico condotto. Dopo lo scoppio della guerra, però, seguì e superò il primo anno di Corso per infermiere volontarie della Croce Rossa Italiana, cominciando a operare nell’ospedale provvisorio di Bra, in provincia di Cuneo.
Nel 1944 entrò nella Resistenza, prima nei gruppi badogliani del Piemonte, poi nelle formazioni garibaldine di Savona (a causa dei bombardamenti, la famiglia si era trasferita a Noli, città di provenienza della madre). A guerra finita fu insignita, per i suoi meriti, del riconoscimento di partigiana combattente e della croce di guerra. Partigiana combattente dal 22 settembre 1944, nonostante la giovane età, fu anche la sorella Maria Pia, conosciuta con il nome di battaglia Esperia.
Dopo la Liberazione, Angiola scelse di dedicarsi a tempo pieno all’attività politica, impegnandosi nella federazione savonese del Partito comunista italiano: qui conobbe il comandante partigiano Piero Molinari (Vela), che apparteneva a un’umile famiglia ed era stato operaio prima di essere arrestato dal regime fascista e inviato, dopo un anno di carcere, al confino alle isole Tremiti; tornato in Liguria, ricoprì un ruolo di comando nella Resistenza e, finita la guerra, si dedicò all’attività politica e sindacale. Pochi mesi dopo il loro incontro, Angiola sposò Piero – contro il parere della madre, che considerava Piero socialmente non all’altezza della famiglia – e nel 1950 nacque la loro unica figlia,Laura.
In quello stesso periodo Angiola si dedicò all’organizzazione dell’Unione donne italiane , della quale diventò una delle dirigenti sia a livello regionale che nazionale e promosse, insieme a Nadia Gallico Spano la campagna “Salviamo l’infanzia” una operazione consistente che mise in piedi una straordinaria rete di solidarietà a favore di bambini in difficoltà economiche e sanitarie che – grazie alla generosa disponibilità di donne e madri verso altre donne e altre madri- vennero ospitati presso famiglie dell’Emilia, della Toscana, della Liguria e di molte altre regioni e località d’Italia dove furono accolti, rivestiti, mandati a scuola, curati. Di questa esperienza ci ha lasciato una interessante testimonianza nel libro di cui fu autrice insieme con Nadia Spano e Ferdinando Terranova,”Cari bambini, vi aspettiamo con gioia… Il movimento di solidarietà popolare per la salvezza dell’infanzia negli anni del dopoguerra [Teti, Milano 1980].
In occasione delle prime elezioni amministrative comunali del dopoguerra – in cui, per la prima volta, fu riconosciuto anche alle donne il diritto di voto, attivo e passivo – Angiola venne eletta, il 29 marzo 1946, nel Consiglio Comunale di Savona, all’interno del quale ricoprì la nomina di Assessore alla Beneficenza; in questo ruolo, affrontò temi che furono anche in seguito al centro della sua attenzione politica, occupandosi prevalentemente di donne e bambini. In questo passaggio come Assessore deve essere ricordato un passaggio che come già si ricordava costituì un elemento di dibattito all’interno della federazione del PCI Savonese: uno scambio di articoli sul tema dell’assistenza (“Lola sulle pagine savonesi dell’Unità) e il futuro senatore Franco Varaldo (sulle colonne del “Letimbro”) in un dialogo prefigurante tempi diversi tra comunisti e cattolici.
Il Partito Comunista savonese dimostrando già un certo livello di dibattito e di capacità di previsione politica candidò una donna, appunto “Lola” all’Assemblea Costituente in quelle elezioni del 2 giugno 1946 nelle quali le donne (alcune di esse come nel nostro caso a Savona avevano già votato) esercitarono per la prima volta il diritto di voto.
Di lei, come politica, si ricordano la verve, la grande capacità oratoria e la forte personalità. È rimasto emblematico, a questo proposito, un episodio accaduto proprio nel periodo dell’Assemblea Costituente, e ricordato da Mario Pallavicini su “L’Unità” del 9 aprile 1948 (Savona dovrebbe ricordare anche Mario Pallavicini da studente componente del famoso gruppo di “Zangrandi” da cui il libro “Lungo viaggio dentro il fascismo”che dopo aver lavorato all’Unità in Liguria fu poi capo redattore centrale del quotidiano del PCI), quando, indignata per le cariche della polizia contro lavoratori romani in sciopero (nell’occasione fu arrestata Luciana Castellina giovanissima direttrice di “Nuova Generazione” organo della FGCI), irruppe nell’Aula di Montecitorio puntando diritto verso il banco del governo su cui sedeva l’on. Andreotti, allora sottosegretario alla Presidenza, per chiedergli energicamente di far cessare ciò che stava accadendo a pochi passi dall’Assemblea: da quel giorno si diffuse, nell’ambiente parlamentare, il detto: “l’on. Andreotti scantona, quando avanza l’on. Minella”.
Fu una parlamentare di lungo corso: fece parte infatti della Camera dei Deputati nella Terza legislatura e poi del Senato della Repubblica nella Quarta e nella Quinta, favorita in ciò anche dalla caratura internazionale assunta fra il 1953 e il 1957, quando, non rieletta, fu inviata dall’Udi, in accordo con la Direzione del Pci, a rappresentare l’Italia nella Federazione democratica internazionale delle donne (Fdif) con sede a Berlino Est, di cui divenne segretaria generale nel 1955.In quel periodo condusse con grande impegno anche la campagna contro la formazione della “CED (Commissione Europea di Difesa)”: campagna condotta a livello internazionale dai “Partigiani della Pace” presieduti da Pablo Picasso (che nell’occasione disegnò la famosa colomba della Pace).
A questo proposito mi preme un ricordo personale: nel 1954, in piena campagna contro la CED, mi capitò di ascoltare “Lola” in una riunione svolta alla Società di Mutuo Soccorso di Fornaci (la “Diritti e Doveri” quella che tutti adesso chiamano Serenella). La sede era ancora in via Saredo, il trasferimento in Corso Vittorio Veneto nella palazzina degli ex-Bagni Savona si verificò nel 1956. Ebbi una sensazione fortissima dal suo intervento e considero quello (un po’ arbitrariamente: non avevo ancora compiuto 10 anni) il mio battesimo politico e considerai “Lola” la mia madrina ideale. Ebbi occasione di dirglielo più volte in diverse occasioni, anche perché con suo marito e suo cognato (il partigiano “Foglia”, compagno di lavoro di mio padre alla Scarpa & Magnano) c’era una frequentazione familiare: per lei comunque rimasi sempre il “nipote di Albisetti” dal fratello di mia madre anche lui assessore in Comune con la giunte Aglietto, Lunardelli, Urbani e Carossino, operaio dell’ILVA ferito durante la Resistenza. Mi chiamava “nipote di Albisetti” anche quando mi capitò di ricoprire incarichi politici di un certo rilievo e di partecipare in quella veste ai congressi del PCI.
Lascio i ricordi personali e torno a “Lola”: in Parlamento, nel corso di tutte le legislature in cui venne eletta, Angiola si occupò soprattutto di maternità, infanzia, disoccupazione, pace, istruzione, ambiente e sicurezza sul lavoro, temi su cui presentò numerose proposte di legge firmate con le compagne di partito, e su cui intervenne più volte in assemblea e in commissione. E quando non venne più candidata perché aveva già partecipato a cinque legislature – l’indicazione del partito era che non fossero più di due – si scatenò una forte protesta in alcune sezioni genovesi del partito, che la consideravano insostituibile.
Negli ultimi periodi della vita, sebbene con una salute compromessa, continuò a dare il suo contributo attivo al partito e riordinò l’archivio della Federazione del Pci genovese: un lavoro apparentemente umile ma estremamente utile e prezioso e che lei era orgogliosa e contenta di fare. Morì a Torino nel marzo del 1988.
Franco Astengo