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Reportage/Tenuta Agricola di Marinella a Sarzana. Abbandono e declino, perché? Dai Fieschi a ‘damnatio memoriae’ della famiglia Fabbricotti antifascisti. Una grande storia che non esiste più. Le ultime testimonianze


Se Fabrizio De André fosse passato di qui, si sarebbe fermato su un’aia a cantare “Questa di Marinella è la storia vera…”. E io ve la voglia raccontare, la storia della ex Tenuta di Marinella (Sarzana). Una storia forse unica in Italia. La sorte di villaggio agroindustriale di fine ‘800 e inizio ‘900 in stato di abbandono e degrado da decenni con pochi abitanti resilienti.

di Ezio Marinoni

La destinazione d’uso era legata quindi ad attività di turismo, ma anche e soprattutto all’allevamento e alla produzione agricola. Scrive il FAI: “Area di centinaia di ettari sottoposta a vincolo paesaggistico e ambientale, con totale divieto di edificazione e di speculazione edilizia per il pregio storico del villaggio e il valore ambientale della tenuta. La destinazione d’uso era legata quindi ad attività di turismo, ma anche e soprattutto all’allevamento e alla produzione agricola”.

A partire da una domanda: a distanza di quasi novant’anni dalla crisi che ha condotto alla rovina la famiglia, per quale motivo perdura la “damnatio memoriae” sulla dinastia Fabbricotti, i re del marmo ottocenteschi e del primo Novecento, signori di un territorio fra Carrara e Sarzana?

E se la tesi più accreditata riconduce al gerarca fascista Renato Ricci, ora che il fascismo non c’è più e ci dichiariamo una Repubblica fondata sull’antifascismo, perché dei Fabbricotti non si può parlare e i loro beni vanno in rovina?  Non hanno pagato a sufficienza il loro essere antifascisti? E per quale motivo non può essere adeguatamente raccontata e rivalutata la loro memoria?

I fatti parlano da soli: a Sarzana, la Tenuta di Marinella, voluta dalla famiglia Fabbricotti, è fatiscente.

In questa località di mare sopravvive a fatica un borgo agricolo che cerca ragioni per guardare al futuro, in quanto è in gran parte abbandonato; è stato costruito dalla famiglia Fabbricotti e rappresenta una grande pagina del passato, nel territorio fra Sarzana e Carrara.

La parabola dei Fabbricotti è una storia iniziata nel 1722 con il capostipite, Domenico Bartolomeo, e portata avanti dai discendenti; divenuti in seguito un iconico casato della borghesia del marmo di Carrara, fra il 1770 e il 1930 assumono il dominio della produzione e del commercio dei marmi, con il possesso di cave, segherie e laboratori, oltre a vastissimi patrimoni immobiliari e terrieri.

La dinastia industriale dei Fabbricotti con Francesco Antonio (1746-1809), un “capocava” che crea la prima industria. Il loro astro si afferma nell’Ottocento, grazie alle due figure chiave della famiglia, Domenico Andrea (figlio di Francesco Antonio) e il terzogenito Carlo, ”Carlaz” (Torano di Carrara 1818 – Carrara 1910). Quest’ultimo, alla morte del padre, nel 1877, eredita insieme ai fratelli le cave, le segherie e le attività commerciali della famiglia. “Carlaz” continua l’attività imprenditoriale in proprio ed acquista ampie tenute a Bocca di Magra e a Marinella di Sarzana. A Luni avvia i lavori di scavo che portano alla luce l’anfiteatro e un gran numero di reperti dell’epoca romana.

Con lo sfruttamento delle cave la ricchezza della famiglia cresce in modo esponenziale, i suoi membri si impongono sulla società carrarese e sbaragliano i mercanti del marmo del tempo. Da piccoli “capocava”, i Fabbricotti sono diventati proprietari e conquistano il mercato locale, poi quello nazionale, fino ad aprire aziende di importazione a Londra e oltre oceano, portando il marmo di Carrara in America, il loro nome campeggia ovunque.

La GM Fabbricotti nasce nella seconda metà dell’Ottocento, con la gestione diretta della lavorazione della cava Calacata n° 10 da parte di Guido Murray Fabbricotti, figlio di Bernardo Fabbricotti (che sposa a Londra Helen Murray assumendone il cognome accanto al proprio), nipote di “Carlaz”.

La supremazia della famiglia finisce nel 1934, quando il fascismo impone regolamenti restrittivi sulle cave e sul marmo di Carrara, poco prima della morte di Carlo Andrea Fabbricotti (Carrara 1896 – 1935). Egli eredita dal padre l’impresa di famiglia, acquista le quote dello zio Giuseppe e si pone a capo del patrimonio familiare. Volontario di guerra nel 1915, premiato con medaglie ed encomi, sarà anche letterato, attivista politico, diplomatico e mecenate. Pur essendo conservatore, è contrario alle ritorsioni antioperaie attuate da molti industriali e si dissocia pubblicamente dalle posizioni estreme adottate da altri contro i lavoratori e i proletari del marmo. La sua attività imprenditoriale incontra una battuta di arresto con la crisi del 1929; nonostante i tentativi di risollevarsi, alleandosi con altri industriali carraresi, negli anni Trenta la famiglia subisce la politica del Podestà Renato Ricci, volta a combattere le concentrazioni industriali locali, perdendo le attività legate al marmo e le tenute agricole. La morte di Carlo Andrea, nel 1935, rappresenta di fatto la fine dell’azienda.

La Tenuta di Marinella di Sarzana è un’area agricola di oltre 500 ettari, al confine tra Liguria e Toscana, e si sviluppa in parte sul territorio un tempo occupato dalla colonia romana di Luni e dal bacino del suo porto. Il villaggio agroindustriale nasce all’interno della Tenuta nella seconda metà dell’Ottocento ad opera dei Fabbricotti.

I primi insediamenti nell’area oggi occupata dalla Tenuta risalgono alla colonia romana di Luni; successivamente, la zona viene abbandonata dai Vescovi di Luni ed utilizzata dalle comunità di Ortonovo e di Nicola per pascolarvi le greggi, recuperare legname e pescare negli stagni.

A fine Seicento, l’area della Tenuta divenuta territorio di Sarzana, viene presa “a livello” da Pier Francesco Fiesco, discendente della famiglia genovese dei Fieschi. L’area, ancora a fine Seicento, si presenta in larga parte paludosa e malsana; nel medesimo secolo, il “livello” è trasferito alla famiglia genovese dei Serra che, ai primi dell’Ottocento, tramite l’affrancazione, ne diventa proprietaria. Un primo intervento di bonifica si deve ai Fieschi, che permette l’avvio dell’attività agricola intorno al nucleo centrale della Tenuta.

Nel 1865 la Tenuta viene acquistata dai Fabbricotti, che iniziano importanti opere per sviluppare il piccolo insediamento già esistente (ci sono tracce di una prima fattoria da metà Settecento), con la costruzione di nuove case, l’ampliamento degli spazi e la realizzazione di due nuove grandi piazze. Alcuni anni dopo, l’insediamento è trasformato in un villaggio agroindustriale dotato di tutte le strutture necessarie, come la chiesa, una scuola (che oggi non esiste più), negozi e ufficio postale, per essere autonomo dai due centri più vicini, Sarzana e Carrara. La chiesa, dedicata a Sant’Eutichiano, viene costruita nel 1881 e diventa sede parrocchiale dagli Anni Trenta del Novecento. Al suo interno, un ritratto di Itala Mela ricorda una donna spezzina, beatificata da papa Francesco, che è stata mistica e visionaria, e merita di essere raccontata a parte.

I Fabbricotti avviano, in contemporanea, interventi di bonifica nella fascia litoranea e nella zona più interna della Tenuta; l’intera superficie viene regimata con la costruzione di canali e la messa in funzione di idrovore.

Il villaggio viene concepito per essere autonomo, al suo interno trovano posto l’edificio direzionale aziendale, botteghe e negozi, cantine, stalle e conseguenti latterie, oltre a magazzini per lo stoccaggio e la conservazione dei prodotti; ai tempi fiorenti, quando qui c’erano dai 600 ai 700 abitanti, erano aperti la farmacia, una lavanderia, un fotografo, una drogheria, una ferramenta, la scuola elementare, l’ufficio postale (ancora in funzione), un bar, un negozio di fiori, il barbiere e la parrucchiera, due commestibili, una cellula del Partito Comunista (la sua targa sopravvive, attaccata ad una casa fatiscente) e una del Partito Socialista e la pescheria “Ai quattro venti”, di cui rimangono una malinconica insegna strappata e una scritta murale. La scuola elementare si trovava accanto all’attuale bar e trattoria “La Fattoria”, che un tempo era il bar ENAL, dove i borghigiani potevano anche ballare.

Tutte le strutture sono rimaste pressoché intatte, motivo per cui dal 1994 l’intera area è sottoposta a vincolo della Sovrintendenza ai Beni Culturali di Genova.

Durante la gestione dei Fabbricotti la Tenuta di Marinella si allarga sino a raggiungere i 500 ettari, con l’acquisto di nuovi terreni lungo la fascia costiera, nella zona di Bocca di Magra (compreso il monastero di Santa Croce del Corvo) e di Fiumaretta.

Nel 1934 la principale azienda della famiglia precipita nel fallimento, con la conseguente messa all’asta di un ingente patrimonio composto da tutti i beni immobiliari, con cave, segherie e laboratori. Nel dissesto patrimoniale rientra anche la Tenuta di Marinella. A seguito delle aste, la Tenuta è acquistata da una banca locale, che verrà poi assorbita dal Monte dei Paschi di Siena, che la amministra negli anni successivi attraverso l’Ufficio Beni Rustici.

Nel 2017 una parte della stalla subito due successivi incendi, forse dolosi, con la morte di numerosi capi di bestiame. Il duplice incidente, mai spiegato, accelera la fine dell’allevamento e della latteria, che aveva aperto anche un punto vendita sull’Aurelia, con il licenziamento del personale addetto.

Il fato sembra aleggiare su questa proprietà, anche il Monte dei Paschi attraversa crisi e difficoltà aziendali e la Tenuta di Marinella diventa in parte proprietà della Marinella S.p.A., società in corso di liquidazione; il destino di questo patrimonio del passato appare ancora incerto.

La mattina, l’area è percorsa come un parco per camminare, correre, andare in bicicletta. La sua superficie è immensa, dal litorale arriva a lato dell’autostrada; percorrere i suoi sentieri sterrati, tra case fatiscenti, cascine abbandonate e impianti di produzione dismessi, trasmette un senso di malessere e di pochezza di fronte all’incedere del tempo. Si incontrano alcune case padronali con il rustico attiguo, il vento e gli uccelli sono gli unici rumori che si possono ascoltare.

Visibile anche dall’Aurelia, si erge il mausoleo dei Fabbricotti, giusta memoria a una famiglia che ha costruito tutto questo, dove la famiglia ha ancora diritto di sepoltura; il vicino cimitero è nato per la Tenuta e per gli abitanti della frazione di Marinella.

Di recente, è stata acquistata da privati la ex Colonia Olivetti di Marinella, che era diventata un ammasso di rovi e sporcizia, oltre che luogo di pernottamento abusivo e degrado, per incuria della proprietà pubblica. Un progetto di lusso, iniziato di gran carriera, ora pare essersi fermato. Un albergo a cinque stelle superior e un residence per clienti facoltosi hanno un senso, in una località assai povera di infrastrutture e servizi, con il fantasma della ex Tenuta dei Fabbricotti alle sue spalle, a poche decine di metri?

Ed ecco che il Comune rinnova d’improvviso le recinzioni arancioni a protezione di alcuni stabili, mette lucchetti nuovi ai cancelli e preannuncia l’avvio di lavori, con il rischio paventato di sfrattare gli ultimi abitanti della frazione; inoltre, la ex filiale del Monte dei Paschi di Siena, ormai chiusa, che ha privato Marinella di Sarzana dell’unica filiale bancaria e bancomat, è stata venduta ai titolari di un bagno, per essere convertita in alloggi per i loro bagnanti. Qualcuno si domanda se non vi sia un collegamento, esplicito o implicito, fra i lavori alla ex Colonia e i progetti sulla Tenuta, considerata la citata assenza di infrastrutture in loco…

In questa confusione e assenza di direzione e progetti, l’auspicio è che qualche ente (il Comune di Sarzana? la Regione Liguria?) o istituzione, che sia veramente interessata alla salvaguardia della storia e della cultura locali e senza pressioni di privati a fare da incentivo o volano, si faccia carico di preservare la grande storia che è passata di qui ed oggi è dimenticata nella fatiscenza dei luoghi abbandonati e dei terreni incolti.

Qui e là, ho visto e incontrato qualcuno dei pochi e residui abitanti della Tenuta, che non amano far parlare di sé o raccontare una grande storia che non esiste più, sembra essersi disciolta come neve al sole.

Uno di essi conserva un ricordo di famiglia, dell’ultimo “padrone” Fabbricotti, che visitava le case e i terreni col suo calesse, con una parola buona e un sorriso per tutti, sempre pronto a intervenire a un matrimonio o verso i figli dei suoi fattori; questo clima novecentesco di mecenatismo e buona impresa fa il paio, non casualmente, con lo “stile” Olivetti che ha lasciato ai posteri il grande impianto della ex colonia di Marinella.

Ezio Marinoni


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