Pizza, spaghetti, dolce. Addio frutta fresca al ristorante. Un’antica usanza che si è persa. C’è chi sostiene che resiste, in rari casi, l’Ananas. E’ comunque un’eccezione. Cambiano le abitudini, diciamo pure in peggio. Non c’è neppure da meravigliarsi se i fertili terreni dei nostri avi producevano tanta frutta da caricare vagoni merce destinati al Nord Italia e Nord Europa.
La corsa alla ‘seconda casa’ ha contribuito a distruggere gran parte delle aree coltivate, dal mare alla prima collina. Gli ultimi contadini che producono frutta si contano sulle dita di una mano. Eppure c’è ancora chi, come ad Ortovero, fanno da anni la ‘sagra delle pesche’. Quando la produzione non basta neppure al fabbisogno del paese. Basta entrare in un negozio. O ancora a Castelbianco la ‘sagra delle ciliege‘. Anche in questo caso difficile trovarne nei negozi. E l’elenco potrebbe continuare. Per fortuna ci è rimasta almeno l’uva. E si è rinunciato da tanto tempo alla frutta secca a fine pasto.
Ormai anche i grossisti di Albenga che danno lavoro a cooperative (6 euro l’ora e sempre in piedi) importano frutta fresca dal Sud America, Spagna, Tunisia, Turchia, Israele, Egitto. Confezionano (e controllano la singola pezzatura), la merce viene inviata via camion frigo ai grossisti e alle catene di supermercati. Una curiosità ? Albenga è terra di blasonati carciofi. Non a torto per qualità. Nei negozi della nostra riviera ed entroterra si trovano per il 95 per cento quelli che arrivano dalla Sardegna. Neppure le richieste trombette sono tutte di produzione locale, nonostante i prezzi delle primizie tocchino in negozio o al supermercato 9-12 € il kg. Stesso discorso per il ‘cuor di bue’. Un tempo da record di produzione e vendita. Oggi le qualità sono almeno una dozzina di ibridi soprattutto per resistere alle malattie e agli attacchi di insetti, evitando pericolosi ‘trattamenti’ a suon di veleni pur se regolamentati nella vendita, per alcuni ci vuole il ‘patentino’ e il registro.
E che dire dei frutti di sottobosco delle Alpi Liguri ed Appennino. In Alta valle Arroscia c’è chi produceva fragoline di bosco, lamponi e mirtilli. A Bardineto c’era una buona produzione di lamponi. Oggi il sottobosco arriva da alcune zone della provincia di Cuneo dove la produzione è ormai intensiva. Così come pesche, mele, albicocca, fichi, more, mirtilli, ribes. Fa la sua parte anche Alto Adige e trentino. Quando il cuneese si ‘ferma’ i rifornimenti provengono dal Sud del Mediterraneo.
Lasciamo al lettore l’articolo che ha pubblicato nella rubrica settimanale, Il Sole 24 Ore.