C’è chi non ha mai creduto a chi ripeteva dal palco (Matteo Salvini e non solo), in Tv e sui media che ormai sono pochi, anzi quasi nessuno nei piccoli paesi, i sindaci che si vogliono candidare perchè guadagnano poco e hanno molte responsabilità. Preferiscono il loro lavoro e impiego, professione, piuttosto che convivere con mille difficoltà e preoccupazioni. Impegnati molte ore al giorno. Oggi non è più come in passato. Il primo cittadino deve essere a tempo pieno.
Pubblicando le ‘buste paga’ ovvero le indennità a confronto tra il 20021 e il 2024 c’è stato un bel balzo. Anzi un balzone. Il sindaco di Savona, città capoluogo, l’avvocato Marco Russo, contitolare di uno studio legale affermato, raggiunge 9.660,00 al mese (lordi). Così come il sindaco di Imperia, Claudio Scajola da sempre politico di professione. E che risultava già il più ricco del suo consiglio comunale.
I sindaci dei piccoli comuni, con meno di 3 mila abitanti, passano da 1.659 euro al mese del 2021 a 2.208.00 del 2024. Molti dimenticano ma c’è pure una discreta ‘buonuscita’ a fine mandato. Ricordiamo, ad esempio, che il dott. Luigi Pignocca ricevette 17 mila € per fine mandato da sindaco di Loano per gli ultimi 5 anni.
Insomma se li confrontiamo a quelli di altri comuni dell’Europa più sviluppata (Francia, Germania, Olanda, Belgio, Inghilterra ecc) non possono più lamentarsi di essere fanalino di coda nelle loro ‘paghe’. E comunque un confronto con professioni e manodopera, pensioni, fa emergere quali e quante siano le disuguaglianze tra la ‘casta’ della politica ed un cittadino che fatica ad arrivare a fine mese.
Nel Bel Paese, nelle città grandi e piccole, esiste ormai un’emergenza di cui si parla solo quando emerge qualche caso o protesta eclatante. Persino in Riviera dove le seconde case vuote gran parte dell’anno (ora va un po meglio quanto ad occupazione) non vengono affittate a residenti se non ammobiliate e contratti brevi (ovvero anni 4+4). E ai sindaci, ai servizi sociali, bussano sempre più persone. Sono mancate le politiche abitative negli ultimi trent’anni, nell’ultima legge di bilancio del governo Meloni-Salvini-Tajani, centro moderato a cui fa riferimento anche il presidente Toti non è stata prevista alcuna misura di sostegno contro la precarietà abitativa. E, come è già stato annunciato da Matteo Salvini, non è prevista la costruzione di nuovi alloggi pubblici o lo stanziamento per il recupero dei 70 mila alloggi popolari. E’ stato anche cancellato il contributo all’affitto che permetteva alle famiglie di sopravvivere quando si trovano in difficoltà. Purtroppo non abbiamo letto reazioni dai sindaci del centro destra che pure facevano largo uso degli stanziamenti statali per gli affitti. Una tegola in più per i primi cittadini.
DA IL SECOLO XIX DEL 3 GENNAIO 2023