Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Vezzi Portio, la chiesa mancata, nel paese con 13 edifici religiosi. E un territorio con rischio idrogeologico. Pagine di preistoria da conoscere


Strada comunale per la chiesa di San Giorgio, a Vezzi Portio, alla terza curva, a destra si nota un edificio circolare con l’impostazione della cupola. Questa doveva essere una Chiesetta dedicata a San Sebastiano.

di Alesben B.

Purtroppo nel 1915, con l’inizio della prima Guerra Mondiale, gli uomini dovettero partire per il Fronte e interruppero i lavori di costruzione e alla fine della Guerra molti di loro non tornarono più e i lavori non ebbero seguito. Negli anni 30 sul piazzale della Chiesa costruirono il nuovo Cimitero, oggi i resti di quello che doveva essere una chiesa è ricoperto dalla vegetazione ed è praticamente invisibile ai passanti ignari dell’esistenza del manufatto.

LE TRADIZIONI- La presenza dell’uomo in questi luoghi già dall’epoca romana e probabilmente anche in epoca preistorica, li ha trasformati e modellati per poterli abitare e sfruttare, e a impregnarli di segni e tradizioni legati alla vita sociale rurale che li contraddistingue. La modellazione dei versanti con le caratteristiche fasce, sostenute dai muretti in pietra a secco, insieme a piccole opere di regimazione delle acque meteoriche realizzate lungo i sentieri, i camminamenti, le strade vicinali ed interpoderali, sono ancora oggi fattore indispensabile per la stabilità dei versanti e il drenaggio delle acque e coltivate fin dal Medioevo con uliveti, vigneti, frutteti e orti.

La dedizione all’agricoltura e all’allevamento e le attività ad esse legate si rispecchiano ancora oggi negli edifici abitati e nei borghi più antichi, dalle caratteristiche architettoniche tipiche dell’entroterra ligure, nella presenza dei segni degli antichi mestieri come la presenza di mulini, la tradizionale coltura della vite in filari dai pali altissimi, ma anche nel profondo senso religioso; infatti in un territorio di poco più di 9 kmq, come quello vezzese, si contino ben 13 edifici religiosi tra Parrocchiali, Cappelle e Oratori, con diversi elementi di importanza storico-artistica, senza poi considerare le caratteristiche Cappelle votive distribuite lungo i sentieri indispensabili per raggiungere le fasce coltivate che diventavano mete per le Processioni annuali legate alla richiesta di divina protezione dei campi e del bestiame.

Le tradizioni contadine si sono quasi completamente perdute, ma resta comunque quell’atmosfera di collaborazione e comunità che si rispecchia ancora oggi nelle molteplici occasioni di festa che si presentano dalla primavera fino all’autunno inoltrato, con feste religiose, sagre, castagnate, feste dedicate ai ragazzi e alla seconda gioventù, tutte occasioni di aggregazione per gli abitanti vezzesi, difficilmente realizzabile in altro modo vista l’assenza di un vero e proprio centro cittadino. Resta infine il silenzio e la tranquillità delle borgate poco abitate, dei sentieri, dei boschi, prezioso aspetto per chi cerca relax lontano dai centri cittadini, per un soggiorno o per una semplice passeggiata pomeridiana.

Tra le tradizioni all’interno della chiesa del S.S. Salvatore, si conserva una importante cassa processionale dello scultore savonese Antonio Brilla. Come viene focalizzato nella pubblicazione “L’Antica Diocesi di Noli –Aspetti storici e artistici” pubblicata dalla Regione Liguria nel 1986, la cassa processionale è realizzata in legno policromo alta poco meno di tre metri, datata 1872 e intitolata “Trasfigurazione sul Monte Tabor”. Cristo al centro su di una roccia tende le braccia in avanti mentre ai suoi lati Mosè ed Elia volgono lo sguardo verso di lui. Più in basso sono rappresentati Giovanni e Giacomo inginocchiati l’uno di fronte all’altro. Accanto a loro, Pietro è l’unico fra i discepoli che osa levare gli occhi alla figura del Cristo. Il gruppo scultoreo che era rotto in più parti è stato riportato al suo naturale splendore dall’interessamento di Don Carlo Rebagliati che fu parroco anche di Magnone e Portio. Oltre la policromia compatta e sommaria tipica della scultura lignea dell’Ottocento, resta però l’effetto scenografico dell’imponente gruppo e la piacevolezza dell’insieme.

CARATTERI FISICI, PAESISTICI, AMBIENTALI- Tornando al Sito di Importanza Comunitaria “Finalese – Capo Noli” (IT 1323201), vediamo come la costa è dominata da falesie, “vive” e “morte” (non più soggette all’azione delle onde), spiagge fossili cementate dall’azione dell’acqua calcarea (beach rocks), terrazzi marini che testimoniano antiche linee di riva, e grotte, come la spettacolare Grotta dei Falsari, generata dall’acqua dolce ma modellata dal mare. Nell’entroterra, un sistema di altipiani carsici si sviluppa ad una quota di circa 300 metri, costituito da una roccia che esiste solo qui: la “Pietra di Finale”, un calcare bianco-rosato ricchissimo di fossili, nel quale si sono sviluppate morfologie carsiche come valli cieche, doline, grotte e caverne al cui interno si sono rinvenute testimonianze di un’antichissima presenza dell’uomo nel territorio.

Una flora speciale e specifica-  La Pietra di Finale ha costituito un fattore di isolamento che ha favorito l’originarsi di endemismi, come la campanula a foglie uguali (Campanula isophylla), che cresce solo nelle fessure di questa roccia ed è stata proposta per l’inserimento nelle liste della “Direttiva Habitat”. Sul calcare trovano spazio anche la campanula di Savona (Campanula sabatia), endemica della Liguria occidentale, il vilucchio di Capo Noli (Con-volvulus sabatius), relitto paleomediterraneo raro allo stato spontaneo, e terreni erbosi che ospitano oltre venti specie di orchidee protette a livello internazionale e/o regionale.

Altre specie sono presenti con popolazioni isolate o al limite della propria distribuzione, come il fiordaliso ovoide (Leuzea conifera) e l’afillante (Aphyllanthes monspeliensis).

Sopra le rupi e dentro le grotte – Nell’area abbondano gli ambienti rupestri, che ospitano comunità vegetali casmofitiche (cioè adattate a vivere nelle fessure delle rocce) e sono siti idonei alla nidificazione del falco pellegrino (Falco peregrinus) e del gufo reale (Bubo bubo): la presenza di questi uccelli è il motivo del divieto di arrampicata sportiva su alcune pareti di roccia; sono comunque una novantina le specie di uccelli presenti e tutelate da norme internazionali. Nelle oltre 150 grotte vivono diverse specie di invertebrati di rilievo, molti dei quali sono endemici (come gli aracnidi Histopona paleolithica, Chthonius concii e C. gestroi, endemismi puntiformi); sono inoltre presenti diverse specie di pipistrelli ed il geotritone (Speleomantes strinatii).

Animali al limite – Il SIC rappresenta l’area di presenza meglio conservata di alcune specie che si trovano in Liguria al limite orientale della propria distribuzione. Tra i rettili e gli anfibi, la lucertola ocellata (Timon lepidus) ed il pelodite punteggiato (Pelodytes punctatus) sono anche specie rare ed assenti dal resto d’Italia, proposte per l’inserimento nelle liste della “Direttiva Habitat”. Campanula a foglie uguali. Vilucchio di Capo Noli. Falesie a Capo Noli. La Grotta dei Falsari. Pelodite punteggiato. [vedi “Trucioli” Viaggio nel Golfo dell’Isola].

Le aree vincolate ai sensi della Legge n. 1497 del 29/06/1939, ricoprono interamente la parte meridionale del territorio comunale ed hanno come baricentro il Bric Carè. Tutti i versanti di tale culminazione sono quindi soggetti a vincolo ambientale. Anche gli insediamenti gravitanti sui versanti del Coreallo (Magnone), e dello Sciusa (Portio) rimangono compresi all’interno del vincolo. È stata svolta una indagine geologico-tecnica a livello puntuale, estesa a tutto il territorio, a corredo del Piano Urbanistico Comunale Generale. Scopo dell’indagine è stato quello di fornire, per quanto di competenza, la descrizione fondativa dell’intero territorio comunale, sotto l’aspetto geologico strutturale, geomorfologico ed idrogeologico, sulla base del quale fornire indicazioni inerenti alla sua fruizione insediativa, con particolare riferimento al profilo delle problematiche geotecniche, quali elementi di base per l’elaborazione delle scelte e delle previsioni urbanistiche compatibili con l’esistente assetto del territorio stesso.

Nel corso dell’iter approvativo del documento urbanistico programmatorio comunale, la Provincia di Savona ha adottato il Piano di Bacino Stralcio sul Rischio Idrogeologico dei bacini idrografici dell’arco ligure specificatamente riguardante l’individuazione delle caratteristiche idrauliche e geologiche del territorio (versante ligure) con valutazione del relativo rischio idraulico e geomorfologico. Tale documento programmatorio è stato poi approvato in via definitiva con D.C.P. n. 43 del 28/10/2002.

Il territorio comunale di Vezzi Portio risulta pertanto inserito nello studio del rischio idrogeologico relativo ai Piani di Bacino di tre diversi corsi d’acqua, rispettivamente il torrente Sciusa, il torrente Crovetto ed il torrente Quiliano e pertanto nella circostanza il presente lavoro è stato integrato anche con la valutazione della natura e della consistenza delle condizioni di rischio idrogeologico gravanti sul territorio comunale come proposto nelle varie cartografie di sintesi allegate ai singoli Piani di Bacino.

Dal punto di vista idraulico è stato utilizzato il materiale relativo allo “Studio di rischio idraulico” per la perimetrazione delle aree inondabili del Torrente Sciusa, redatto dallo studio tecnico Ing. Alberto Ferraris e Ing. Cosimo Versace per conto del Comune di Finale Ligure. Parallelamente si è attivato un processo di analisi bibliografica – i lavori consultati sono citati di seguito e di validazione dei dati in modo tale da disporre di una base affidabile sulla quale impostare l’analisi del rischio geomorfologico.

Il territorio amministrativo del comune di Vezzi Portio si colloca nell’immediato retroterra dei comuni di Finale Ligure e di Noli estendendosi, prevalentemente in condizione di versante (per una superficie di circa 9,755 Km2), con una forma piuttosto allungata lungo la direttrice nord-ovest. Il confine amministrativo comunale nella sua porzione meridionale si articola lungo due propaggini che si spingono circa verso sud circondando la vallata di rio Ponci e passando circa in corrispondenza dei crinali spartiacque di Rocca degli Uccelli e di Cian de Luca (quasi sino a Bric Carè) a sud-ovest e per località San Giacomo (sino alla testa di valle di rio Penso) a sud-est.

Dalla vallata di competenza del torrente Sciusa il confine est e nord-est risale seguendo il corso di rio Ciazze Secche, toccando le località Castelletto e Prà Antonio, ove supera il crinale spartiacque e, seguendo il corso di rio Verné, raggiunge la sua confluenza con il rio Casigliano, tributario di sponda destra orografica del torrente Crovetto. Da qui risale con direzione nord-ovest salendo alla Croce di Spotorno e passando rispettivamente per Bric Berba (563 m s.l.m.), per Bric del Forno (539 m s.l.m.) e per la strada comunale per le Rocche Bianche sino a raggiungere il punto più a settentrione del territorio comunale posto lungo la linea di spartiacque tra Monte Alto (954 m s.l.m.) e Colla la Tagliata (811 m s.l.m.) che separa ad est e nord-est la vallata del torrente Quiliano.

Sul lato occidentale il confine si articola, da nord verso sud, per Monte Alto, per il corso di rio Barelli, sino alla sua confluenza con rio dell’Arma (in località Costa), e lungo l’alveo del torrente Sciusa sino quasi a Ponte Cornei dove si ricongiunge con la propaggine più meridionale descritta in precedenza.

Nel territorio comunale così sommariamente descritto possono essere individuati nel complesso almeno due diversi ambiti topografici e morfologici ben differenziati:

  • il primo, largamente preponderante sul secondo, è rappresentato dalla condizione di versante, di norma ad elevata acclività, profondamente solcato da un fitto reticolo drenante costituito talora da rii a percorso decisamente breve e, nella maggior parte dei casi, rettilineo e caratterizzato peraltro da portate per lo più saltuarie, di norma strettamente legate agli eventi piovosi al termine dei quali si esauriscono rapidamente.

Trattasi di un ambito impostato su substrati rocciosi diversificati: a nord su terreni sostanzialmente impermeabili riferibili a litologie metamorfiche di età permo-carbonifera, a sud su terreni prevalentemente carbonatici, permeabili per carsismo e fessurazione; in quest’ultimo caso lo sviluppo del reticolo idrografico superficiale risulta decisamente più rarefatto;

  • il secondo è invece rappresentato dalla condizione di fondovalle che si articola principalmente nell’intorno del collettore principale (torrente Sciusa) peraltro per un areale del tutto modesto, che tende ad essere progressivamente più ampio man mano che si procede verso la linea di costa. L’estensione di tale zona rimane comunque nell’ambito delle piane tipiche dei torrenti liguri di versante tirrenico, ovvero piuttosto strette ed incise nelle vallate e con sviluppo areale molto contenuto salvo che in prossimità dello sbocco a mare che, nel caso specifico, resta però ubicato in altro territorio comunale.

L’altimetria del territorio in studio, pur su una estensione così contenuta, passa rapidamente dalle quote di fondovalle (circa 100 m s.l.m. in corrispondenza di località Vallazza), ai 320-350 m s.l.m. delle frazioni S.Filippo, S.Giorgio e Magnone, per arrivare ad altimetrie costantemente superiori a 600 m nelle località Rocche Bianche e Monte Alto; in particolare esso rappresenta quasi nella sua globalità il versante di sponda sinistra orografica del torrente Sciusa, salvo modeste porzioni a sud-est di competenza del rio Casigliano (torrente Crovetto) ed a nord-est del torrente Quiliano.

Sotto il profilo abitativo gli insediamenti hanno risentito notevolmente della morfologia descritta consentendo quindi prevalentemente uno sviluppo a piccoli agglomerati sparsi,arroccati sui versanti lungo le dorsali secondarie o sui crinali, piuttosto che lo sfruttamento del fondovalle che risulta infatti, come detto, estremamente ridotto. Ne deriva che in generale sono presenti vaste aree del territorio comunale a scarsa o addirittura nulla densità abitativa.

ELEMENTI GEOLOGICO-STRUTTURALI – In epoca antecedente alla formazione della catena montuosa costituente le Alpi, la litosfera era caratterizzata dalla presenza di enormi masse rocciose in posizione reciproca diversa dalla attuale e che subirono nel corso dell’orogenesi un appilamento le une rispetto alle altre. Sotto il profilo paleogeografico, la porzione delle Alpi Liguri in cui si colloca il territorio in esame, viene inserita dagli Autori nel Dominio Brianzonese Ligure che, prima dell’orogenesi alpina, costituiva un bacino interno (relativamente ristretto) tra due paleocontinenti: l’europeo e l’insubrico (africano). Si trattava di un oceano ove i sedimenti si depositavano sopra lave di tipo basaltico.

Durante l’orogenesi alpina tale bacino fu direttamente interessato dall’avvicinamento e della successiva collisione dei due paleo continenti dando luogo ad una deformazione [frattura] sia dei materiali oceanici interposti, sia di quelli continentali più prossimi alla zona di sutura.

La frattura è simile, ma meno eclatante, di quella detta “Faglia di S. Andrea” in California, e la sua origine ha inizio con la chiusura dell’oceano ligure piemontese che all’epoca dei dinosauri, separava l’Africa dall’Europa. Il destino degli oceani è quello delle montagne sono legati insieme: per ogni oceano che scompare una nuova catena montuosa nasce. A questa regola non fanno eccezione le nostre Alpi, iniziate sotto il dominio dei grandi rettili e più precisamente a 250 milioni di anni fa.

Per Oceano Ligure-Piemontese si intende un paleo-oceano che si trovava tra la placca euroasiatica e la placca adriatica e che, durante l’orogenesi alpina, è stato coinvolto nella subduzione. La sua esistenza si può dedurre dalle ofioliti che affiorano soprattutto nel dominio Pennidico. L’apertura dell’oceano Ligure-Piemontese risale al Giurassico; in questo periodo, infatti, inizia il lifting della durante il Cretaceo superiore questo movimento porterà alla prima collisione tra la placca adriatica e e l’Eocene brianzonese fino a circa 70 km di profondità. La subduzione termina durante il definitiva chiusura dell’Oceano Ligure-Piemontese e l’. Pangea. L’oceano si configura quindi come una porzione del più grande oceano della Tetide. La fase di apertura non durerà però molto; nel Cretaceo, con l’apertura dell’Oceano Atlantico Meridionale, termina la fase distensiva e l’Oceano Ligure-Piemontese inizia a subdurre sotto la placca africana: quella europea. Durante il Paleocene la subduzione prosegue, portando il micro continente Miocene, con la orogenesi alpina.

Il Brianzonese Ligure inizia a differenziarsi dalle altre unità paleogeografiche adiacenti a partire dal Trias superiore; in generale tale dominio si suole distinguere in tre diverse parti: il basamento cristallino, il tegumento permo-carbonifero e la copertura meso-cenozoica. Scendendo specificatamente nel dettaglio delle unità presenti nel territorio investigato, sono stati rilevati termini appartenenti solo al tegumento permo-carbonifero ed alla relativa copertura meso-cenozoica; Il tegumento costituisce il rivestimento del basamento cristallino ed è rappresentato da un insieme di terreni di età paleozoica (compresa tra il Carbonifero superiore ed il Permiano superiore) di origine in gran parte vulcanica e, per la parte restante, sedimentaria e costituiscono nel territorio esaminato la porzione di maggiore estensione areale.

Tra l’Oligocene inferiore ed il Langhiano, il finalese è occupato da un’ampia insenatura in cui si depositano i sedimenti terrigeni, argilloso-marnosi, sabbiosi e conglomeratici, che costituiscono il Complesso di Base della Pietra del Finale.

Nel Langhiano-Serravalliano, si forma nel finalese un nuovo ampio golfo in cui la subsidenza si accompagna ad una uguale sedimentazione permettendo così la deposizione e la formazione dei calcari bioclastici della Pietra del Finale vera e propria.

Alesben B.


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