Il voto di oggi (domenica 12 giugno): un orientamento dalla parabola della lavanderia. Ovvero i No-laundry.
di Sergio Bevilacqua
Mentre non si sa cosa stia davvero bollendo in pentola nella crisi ucraina con tutti i suoi imprescindibili gironi circostanti, il pensiero e la politica italiana si scatena in una domenica superelettorale. Chi votare? Ecco di seguito un buon criterio.
Ho avuto nella mia già lunga vita (ero “in pista” lanciatissimo già a 20 anni) la fortuna di avere osservatori privilegiati. E, sapete?, quelli migliori non vengono dal denaro o dal potere, in quanto “osservatori” intendo, non per fare affari: vengono dalla stima e dall’amicizia delle persone “grandi”, quelle che, a loro volta, hanno avuto osservatori privilegiati, e cercano chi possa portare avanti la “visione”.
Questa via virtuosa dei virtuosi disinteressati, attenti alla qualità dell’umano che veicola la santità originaria dell’anima (sotto metafora o no) comprende la necessaria e spesso opportunamente segreta qualità di laundry, lavanderia, di cui c’è assoluto bisogno nella vita, per fare e per vivere davvero in questa parentesi terrena così gravosa e insidiosa, e fare il meglio.
Tra persone elevate, che si pongono principalmente I problemi dell’umanità e non soltanto di se stessi, di piccolo gruppo o partito, non si parla mai di lavanderia, è maleducato, ma tutti sappiamo di averne un gran bisogno perché, malgrado fortunati, più abbiamo più mettiamo in gioco, e quindi più ci sporchiamo, per cui più dobbiamo lavarci, ripulirci. Ed è nostro dovere rischiare fino in fondo, perché solo così lavoriamo per l’umano in modo onorevole. Ecco quindi un “buon politico”.
E il limite da non valicare è la capacità della nostra… lavanderia. Mai usare quella altrui, se non è d’amicizia o d’amore: se è tale, siamo ancora noi, perché quei sentimenti (appresi o innati non cambia molto) allargano naturalmente il nostro io (che è anche, in fondo, un “noi”).
E per capirci meglio, prendiamo un caso eclatante in Italia: Vittorio Sgarbi.
Molta polemica contro Vittorio Sgarbi è fatta da gente che reputa lo sporco, il difetto, l’errore una condizione di cui vergognarsi. Sgarbi no, lo conosco personalmente a modo mio dal 1997 e l’ho studiato attentamente, da cultore di psicanalisi e sociatra che sono: come tanti altri personaggi pubblici della cultura della scienza, dello spettacolo, della politica o del costume che attraverso i mass-media condizionano i comportamenti di tutti, è utile l’approfondimento, soprattutto all’incedere di quel momento, nel segreto dell’urna, in cui dovremo decidere per “qualcuno”.
Quelli che reputano lo sporco, l’errore, il tentativo fallito condizione di cui vergognarsi sono i peggiori nemici dell’umanità. Immediatamente dopo come nocività, vengono quelli che non hanno sensibilità delle capacità della propria lavanderia.
Entrambi per motivi diversi, con astuzia o delirio, non vogliono riconoscere la lavanderia. Entrambi sono dei No-laundry. Non mi dilungo sulla spiegazione della metafora, ci sarà occasione. Invece prendo ad esempio su Sgarbi alcuni gravi errori recenti dei No-laundry, sia di tipo A e di tipo B.
Ho passato periodi diversi di percezione del lavoro di Sgarbi e di lui stesso: apprezzamento divulgativo, riprovazione per manifestazioni esagerate, genialità interpretativa, cattive compagnie e dimmi con chi vai e ti dirò chi sei, dinamismo dopato, sensibilità del fruitore, generosità intellettuale, dir pane al pane e vino al vino, sistema nervoso precario, intuito espositivo, e si potrebbe continuare a lungo, tra il bene e il male. Un fatto va detto: Vittorio è la quasi perfetta interpretazione del guitto moderno Il guitto esce dalla Commedia dell’Arte e gli invidiosi d’oltralpe (e non solo…) nel secolo d’oro di Amsterdam, a fronte di quel grande spettacolo di cui è oggi alfiere nel mondo il bravissimo Antonio Fava, usano questa parola olandese di etimologia incerta, “guit” (briccone, ragazzaccio, furfante, simpatico figlio di p.) per dare forma al loro livore, compiaciuto. In realtà lo invidiano: il guitto è libero, nomade nel pensiero e nel corpo, se s’impegna ottiene risultati incredibili, è maleducatissimo, trasandato, cioè per nulla vanesio dell’esteriorità ma nemmeno rispettoso dei codici civili.
Insomma un No-laundry (di tipo B). Benché ne sia consapevole. Ma qualcosa dentro di lui si è rotto, e anticamente. Vittorio Sgarbi ha deciso di vivere sull’onda che ha generato, che lo porta dove sa ed è altrettanto consapevole che non lo porterà altrove, ad esempio nel mondo sovra-italiano. Ma gli va bene così. Forse diventerà ministro della Cultura, e potrebbe fare di sicuro bene, se contro di lui non si coalizzeranno i No-laundry di tipo A, quelli cioè che “la lavatrice non c’e” e che sono il vero ostacolo dell’umanità, benpensanti ottusi e non solo bravi cittadini. E se non indulgerà troppo con se stesso. In realtà, anche quando è stato assessore alla cultura a Milano si è fatto cacciar via dai suoi…
È probabile che, non volendo dare spazio al suo Super-io che governi almeno un pò il suo spirito anarchico e spesso illuminato, metta poi nei guai molto presto il suo capo del governo, e che quindi venga esautorato, come fu a Milano, per lasciare il posto a qualche grigio burocrate di partito o simili meno pericoloso.
Dunque, attenzione, nel segreto dell’urna… Buona domenica e buon voto!
Sergio Bevilacqua