Maria Teresa Valle, laureata in scienze biologiche, già dirigente biologa all’Ospedale S. Martino in Genova, è stata conquisa dalla passione scrittoria pubblicando racconti ed un impressionante numero di romanzi gialli e neri ambientati in Liguria.
di Gian Luigi Bruzzone
Gentile Dottoressa, ci parli della sua famiglia….
Nasco a Varazze il 31 marzo 1947. Mio padre fa il meccanico, aggiusta soprattutto biciclette e, per questo, è noto in paese col soprannome di ” u Ciclista“. Mamma casalinga, una sorella maggiore, nata prima della guerra. Il nonno paterno vive con noi. È lui che nelle mattine in cui non mi reco a scuola, ci si alterna con i maschi una settimana la mattina e una il pomeriggio, mi accompagna ai giardini. Raccogliamo le ghiande per il tacchino o la “canigea” per le galline. Il piccolo giardino di casa è infatti popolato da pollame, una tartaruga e svariati gatti. Dalla nonna materna vado quando ho libero il pomeriggio. Ha un giardino all’incrocio di Via Recagno con Via Piave e vende fiori e piante. È da lei che ho ereditato il pollice verde.
E dei suoi studi. Qualche insegnante le avrà lasciato un buon ricordo, una lezione di vita, non è vero?
Ricordo con grandissimo piacere la mia maestra delle elementari. Una “all’antica“. Molta disciplina e molta grammatica. È da lei che ho imparato quello che so sulla scrittura. Nemmeno al liceo classico “Gabriello Chiabrera” frequentato in seguito, ho appreso più che da lei. L’altra insegnante che ha segnato le mie scelte è stata la professoressa di scienze del liceo. Mi ha fatto amare la biologia al punto che quando si è trattato di scegliere la facoltà universitaria mi sono iscritta a Scienze Biologiche arrivando alla laurea e alla specializzazione in Patologia Generale.
La Varazze della mia infanzia e della mia fanciullezza.
Che fortuna abbiamo avuto noi bambini a crescere a Varazze! Noi siamo quelli che giocavamo per strada. Siamo quelli che le mamme chiamavano dalla finestra quando era pronto in tavola. Siamo quelli che in estate andavano “a spiaggia” con un vecchio asciugamano sotto il braccio e giocavamo nei caruggetti tra un bagno e l’altro, facendo disperare i bagnini, perché facevamo i “veruggi” buttandoci in mare anche quando c’era la bandiera rossa. Un’infanzia libera che si è scontrata con la mentalità meno aperta quando è sfociata nell’adolescenza. Allora ho dovuto fare i conti con un mondo di provincia che vedeva il genere femminile come soggetto a restrizioni e pregiudizi che non erano gli stessi per il genere maschile. La libertà con cui avevo vissuto l’infanzia all’improvviso vedeva forti limitazioni. Ho sofferto molto per questa che vedevo come un’ingiustizia.
Perché ha scelto la biologia?
La mia curiosità per il mondo della scienza mi ha guidato nella scelta. Mi piaceva l’idea di scoprire come era fatto il mondo circostante. Gli animali, le piante, ma anche la materia nella sua struttura chimica, il corpo umano. Mi spaventava l’idea di fare il medico per la grande, eccessiva responsabilità che supponevo avesse nei confronti dei pazienti. La biologia mi avrebbe consentito di lavorare nel campo della medicina, ma dietro le quinte. Questo era quello che pensavo. Naturalmente mi sbagliavo, ma questo lo racconto dopo.
Luci ed ombre nella sua dirigenza al maggior ospedale ligure.
Ho amato moltissimo il mio lavoro. L’avevo scelto e il fatto di essere riuscita a entrare a far parte del personale del più grande ospedale della regione mi riempiva di orgoglio. Ero partita da zero. Ero la prima laureata in famiglia. Non avevo appoggi, né raccomandazioni. Avevo fatto tutto da sola. Per questo e per gli insegnamenti ricevuti in famiglia e anche a scuola lavoravo con grande impegno. Il primo laboratorio è stato al Centro Trasfusionale. Qui è avvenuto il primo impatto con la realtà. Mi è stato affiancato un collega che aveva il “diritto” di non fare nulla perché era raccomandato. Mi era stato precisato con chiarezza. E dunque non mi lamentassi. Per fortuna non è andata sempre così. Ho avuto colleghi, anzi direi soprattutto colleghe, splendide con cui si è lavorato sodo e in armonia. Ma quello che credevo, di potermene stare dietro le quinte, quello non fu possibile. Cominciò con il periodo della scoperta dell’HIV.
I pazienti emofilici (lavoravo nel Laboratorio di Emocoagulazione) venivano da me per sapere se erano diventati sieropositivi o no. Li conoscevo uno per uno. Quando cambiai laboratorio e fui assegnata al “Centro di Trapianti d’Organo” dovevo recarmi in Rianimazione per raccogliere le notizie del paziente donatore, quando fui assegnata a lavorare al “Centro di Trapianto del midollo” andavo al letto del malato a trasfondere le cellule staminali. La mia idea di starmene dietro le quinte a manovrare provette e scrivere articoli scientifici, cosa che ho anche fatto, naturalmente, si era infranta davanti alla necessità di avere contatti ravvicinati anche con le persone. Con i loro drammi e le loro speranze.
Incontri memorabili…
Non ci sono per me incontri memorabili con personaggi famosi o carismatici. Ogni contatto con una persona, sia collega, luminare, malato, amico, sconosciuto, mi ha lasciato qualcosa. È con l’umanità intera, nel bene e nel male, l’incontro memorabile.
Come e perché è sbocciata la vocazione scrittoria?
Mi è sempre piaciuto tantissimo leggere. Sin da bambina i pochi soldini di cui venivo in possesso li spendevo in libri. Quando non avevo niente da leggere scrivevo. Scrivevo storie che leggevo alla mamma che le trovava belle, ma era preoccupata perché ci infilavo sempre un morto. Che fosse in “nuce” la mia vocazione al giallo? Poi per anni non ho più avuto modo di coltivare la scrittura. Quando ho raggiunto il pensionamento ho finalmente trovato il tempo e la concentrazione sufficiente per riprendere a scrivere. Di leggere non avevo mai smesso. Ho scritto il primo giallo, perché la mia mentalità scientifica, oltre che la mia passione per il genere, mi portava verso questo tipo di scrittura. Marco Frilli a cui l’avevo mandato nel 2008, lo ha pubblicato e da allora non ho più smesso.
Ci presenti – la prego – i suoi libri.
Si potrebbero esprimere molte considerazioni intorno ai miei libri. E forse sarebbe giusto lasciare la parola ai lettori, perché un libro quando comincia a viaggiare nel mondo non è più dell’autore, bensì di chi lo legge. Posso confidare soltanto che spero venga accolto come un “Cavallo di Troia”. Mi spiego. Uno qualsiasi dei miei gialli, o, come preferisco chiamali, noir, può essere letto e preso come un “divertissement“. Può piacere la trama, divertire i personaggi, ma io spero sempre che il lettore abbia voglia di capire quello che c’è nella pancia del libro. Spero sempre di infonderci qualcosa di più di un racconto. Uno spunto per riflettere. Uno stimolo al pensiero. Non so se ci sono riuscita sempre e questo non sta a me dirlo.
L’investigatrice Maria Viani (cognome ponentino) è nata così...
Maria. Il nome più comune in Italia. Scelto perché si capisse subito che lei è una persona comune. Non una poliziotta. Non un’investigatrice privata. Una semplice donna. Viani: cognome del ponente ligure. Ho una casa a Villa Viani. Quello è il cognome portato da quasi tutti gli abitanti del paese. Ho pescato lì. (Nel giallo, come nel maiale non si butta via niente). Dovendo cimentarmi per la prima volta nello scrivere un noir ho preferito avere un’ancora a cui stare saldamente attaccata. Così Maria Viani è nata da una mia costola. Nel tempo poi si è emancipata arrivando a diventare prepotente e a pretendere di dettare lei l’agenda. È per questo che ho sentito l’esigenza, dopo dieci libri che la vedono protagonista, di metterla per un po’ in naftalina, e creare un personaggio nuovo: il Becchino.
Il becchino era personaggio amato dallo scrittore ponentino Baccio Emanuele Maineri (1831-99). Il ruolo e la fortuna del romanzo giallo nel nostro presente.
Il romanzo giallo ha preso il posto del “feuilleton” in voga nel secolo scorso. Il romanzo popolare che veniva pubblicato a puntate sui quotidiani e che era lo specchio della società e del tempo in cui era presentato. Oggi questo compito spetta al noir, definito il miglior romanzo sociale dei nostri giorni. Con la scusa dell’indagine infatti ci offre uno scenario di come siamo oggi, anche nel caso sposti le vicende in un tempo che non è il nostro. Spesso tocca temi di scottante attualità o di denuncia. Sempre ci mostra il “vulnus” che il delitto apre nella società. Ha però un carattere consolatorio perché si chiude sempre con l’individuazione del colpevole, sfumando invece sulla parte della punizione che nella realtà è il punto dolente.
Un progetto accarezzato…
Sto provando a cimentarmi con altri generi, ma di questo desidero mantenere un riserbo…
Che cos’è la felicità?
Non so che cosa sia per gli altri. Per me è il contatto con la natura. E soprattutto è il “fare”. Quando tengo le mani occupate, impegno il corpo in attività, cammino, zappo, semino, cucino, sto bene. Sto bene quando vado per funghi, da sola, quando mi occupo dei nipoti, quando raccolgo le verdure…insomma, avete capito.
Quali lati le piacciono di più nell’indole ligure?
“Torta di riso finita” è il mio idolo! Come amo il ligure rustico, riservato, non impiccione, quasi scorbutico, ma leale e quando lo hai conquistato vero amico! Siamo duri come la terra delle nostre colline e salati come il nostro mare. Insomma, veri.
La mia Genova.
La mia città. Anche se non ci sono nata mi ci sono trasferita a vent’anni e non l’ho più lasciata. Abito nel centro storico e lo amo da morire. Dalle mie finestre vedo la Lanterna. Dormo con le persiane aperte perché prima di addormentarmi il riflesso ritmico del lampeggiare del faro sul muro della mia camera mi concilia il sonno. La mattina appena alzo la testa dal cuscino scorgo la striscia delle case di Granarolo illuminate dal sole. È una città difficile, ma piena di storia. Crocevia da sempre di culture provenienti da tutto il Mediterraneo e oltre. Non si finisce mai di conoscerla. Potrei scrivere su Genova per pagine e pagine.
Oggi…
Scrivo…
Domani…
Spero di continuare a scrivere.
Avendone parlato in modo succinto, mi permetto di elencare i suoi romanzi, ripartiti nei tre editori: per i Fratelli Frilli i noir: ”La morte torna a settembre”, 2008 ”Le tracce del lupo”, 2009 ”Le trame della seta. Delitti al tempo di Andrea Doria”, 2010 ”L’eredità di zia Evelina. Delitti nelle Langhe”, 2012 ”Il conto da pagare”, 2013 ”La guaritrice”, 2014; “Burrasca”, 2015 ;”Maria Viani e le ombre del 68″, 2016; “I ragazzi di Ponte Carrega”, 2017; “Delitto a Capo Santa Chiara”, 2018; “Il mandante”, 2019; “Colpevole di innocenza”, 2020. Nella Collana per ragazzi “I Frillini”: “Il segreto di Forte Diamante”, 2018. Per Delos books: “L’uovo di Colombo” con Stefano Mantero. Per Amazon: “Il capitano dell’Esmeralda” con Stefano Mantero.
Grazie, gentile Dottoressa, per aver accolto le mie domande. Le auguro quanto desidera per Lei e per i Suoi Cari.
Gian Luigi Bruzzone