Il Piano Territoriale Regionale: un’occasione persa. È da anni in corso di elaborazione. È un documento di estrema importanza in quanto è una analisi collettiva sui problemi del nostro territorio, una riflessione sugli obiettivi con confronti tra opzioni differenti e una predisposizione degli indirizzi per le azioni per conseguire gli obiettivi.
di Roberto Cuneo*
Questa impostazione è stata seguita solo in parte con una fin troppo estesa (ma non accurata) presentazione della situazione attuale, con una superficiale indicazione di titoli di cose da fare (ma senza contenuti) e una irrilevante descrizione di obiettivi e degli strumenti per conseguirli.
Quello che preoccupa è che non ci troviamo in presenza di opzioni di soluzione criticabili ma ci troviamo di fronte alla mancanza di soluzioni concrete.
Alla descrizione di obiettivi e interventi è sostituita una banale suddivisione del territorio in Costa, Città ed Entroterra, pensando che la definizione stessa abbia una capacità determinante, in particolare, per l’Entroterra, considerando salvifica la autonomia concessa ai territori. Eppure la storia della Liguria è sotto gli occhi di tutti: la rovina dei territori è stata determinata proprio dalla famelica autonomia dei comuni, impegnati a distruggere il proprio territorio con il cemento per l’irrisorio dividendo degli oneri di urbanizzazione (oltre ai frequenti dividendi personali per gli amministratori); tutto ciò consentito da una sostanziale assenza di ruolo reale da parte di Regione e Province.
Ma esaminiamo i punti principali del documento regionale.
Consumo di Suolo: nell’analisi è indicato che il consumo di suolo della Liguria nella fascia litoranea di 300 metri è il 47%, cioè più del doppio della media italiana (22,8%). Questa constatazione dovrebbe essere sufficiente a un deciso cambio di rotta ed invece il documento si limita ad osservare che l’incremento recente di consumo è modesto ed in riduzione; ma questa considerazione è fuorviante in quanto la riduzione deriva dalla situazione di mercato e dalla obiettiva saturazione degli spazi. Quando riprenderà il mercato, il consumo riprenderà ad aumentare, come prevedono i piani regolatori.
Seconde Case Pur essendo uno dei problemi principali del territorio ligure, con intere comunità snaturate da un patrimonio edilizio di seconde case che arriva all’80% del costruito, il tema non è nemmeno esaminato. Ma la minaccia di peggiorare è evidente se si esaminano i piani regolatori approvati in questi anni (Borgio, Albenga, Borghetto) e le iniziative come Preli a Chiavari approvata da Comune e Regione e poi felicemente fermata dalla Magistratura. Va ricordato che nelle aree pregiate l’Alto Adige ha messo il limite del 10% (la Svizzera il 20%) ed è un esempio di territorio preservato e produttivo di ricchezza turistica.
Abbandono del territorio È segnalato come grave problema ma non ne è approfondita la causa e quindi non è previsto alcun intervento al riguardo se non quello di dare autonomia ai centri dell’entroterra. In realtà il motivo principale dell’abbandono è il frazionamento della proprietà che impedisce l’utilizzo del territorio agricolo e boschivo (la dimensione media delle aziende agricole è 2,17 ettari che non consente nemmeno la sussistenza).
Infrastrutture La criticità della modestia del ruolo attuale della ferrovia è sottolineata ma gli interventi riguardano il solo nodo di Genova: nulla è previsto per il valico su Savona.
Depurazione acque La Liguria si caratterizza in Italia per essere tra le poche regioni che non riutilizzano il refluo depurato: si segnala l’espansione del cuneo salino che mette a rischio l’agricoltura costiera, ma continuiamo a gettare in mare l’acqua prodotta. Nulla è detto al riguardo (il depuratore di Savona getta in mare un lago di Osiglia all’anno) e il depuratore di Chiavari è progettato con smaltimento a mare dell’acqua prodotta.
Paesaggio Il paesaggio urbano è sostanzialmente privo di tutela.
Rifiuti Mentre si enuncia un orientamento all’autonomia per province in realtà le dotazioni impiantistiche previste hanno una dimensione per trattare rifiuti a livello regionale, consolidando quindi la movimentazione patologica dei rifiuti tra una provincia e l’altra.
Dissesto idrogeologico si enuncia il problema (a livello massimo in Italia) ma non si profilano gli interventi quali un maggiore distanziamento dai corsi d’acqua e una gestione più cauta dei risultati dei piani di bacino (es. mettere vincoli anche sulla fascia 200 anni).
Inondazioni marine Il problema derivante dall’incremento del livello del mare (più 1 metro) è ben indicato ed è spaventoso per la Liguria ma la preoccupazione viene espressa solo per le strutture portuali mentre il problema maggiore si pone per le comunità litoranee (es. Alassio).
Andrebbe fatta una selezione del materiale per consentirne una lettura efficace e una indicazione di obiettivi quantitativamente chiara e credibile sulla possibilità di conseguirli.
*Roberto Cuneo