Tra il 2016 e il 2021. Cinque-sei anni di lavoro incompiuto per gli amministratori delle Camere di Commercio liguri, stante la sensazione di incomunicabilità che velatamente si coglie a diversi livelli funzionali.
di Sergio Ravera
Forse laddove si stia enunciando un problema di organizzazione interna, mentre decisivi si presentano – ieri e maggiormente oggi – temi centrali quali la promozione e la progettualità, soprattutto la conoscenza capillare della multiforme realtà economica di un territorio solo geologicamente suddiviso tra Riviera ed entroterra. Si documenti lo staff del Presidente Draghi, quanto a diversificazione ed operatività di enti pubblici, sul ruolo storico delle Cciaa.
Con l’augurio, in queste giornate di fine anno 2021, che l’Italia stessa, nonostante una percettibile confusione di idee, possa velocemente intraprendere la via di uno sviluppo sostenibile attraverso una fattiva elaborazione di concetti e fatti, di una puntuale progettualità, premessa e presupposto – al fine – nella presentazione di eclatanti risultati. Sicchè tra programmazione e definizione di iniziative in essere del Paese, le vecchie improrogabili aspettative nell’ambito ligure abbiano a compiersi.
Tris: Imperia, La Spezia, Savona – Tre realtà camerali difficili da coniugare assieme, sia pure a suo tempo apparentemente coordinate con Genova nell’Unione regionale delle Camere di Commercio. Orbene, leggendo su mass media dichiarazioni sull’aggregazione di un centinaio di migliaia di aziende che certificherebbero e quindi assicurerebbero forza rappresentativa alle tre ex-consorelle, il primo pensiero finisce per confondersi nelle centomila gavette di ghiaccio della prima guerra mondiale. Giacchè le grandi imprese – e molte delle medie – già distributrici di ricchezza nel duplice ambito centrale e periferico, oltre che consistenti contenitori di manodopera in Liguria, si sono “quasi” (eufemismo) del tutto volatilizzate.
In verità, si trovano punti d’incontro: iniziando dal turismo, in parte agonizzante in immagine e in presenze sul mercato europeo oltre che dispersivo nel naturale bacino d’utenza nord-occidentale italiano, non sottacendo di un artigianato d’eccellenza e di un’agricoltura con produzioni di altissimo livello, contando poi su una portualità che sta diventando sempre più di risulta.
Idee, propositi da concertare. Denaro, finanziamenti per rendere concorrenziali i settori produttori diretti di ricchezza, laddove la predominante presenza di un terziario ormai storico soffoca un augurante solido trend di ripresa di valore aggiunto alternativo.
Uno scenario composito – Un assetto organizzativo di pensieri e di azioni da ricostruire, che si sta oltretutto trascinando pesantemente in un periodo estremamente difficile tra presenza di virus ed inaspettati esosi costi di materie prime. Per le stesse Camere di Commercio: per le loro funzioni , per le loro esigenze, per le disponibilità finanziarie di enti disciplinati dallo Stato, in quanto tali deputati a rappresentare il mondo produttivo ai diversi livelli della sfera pubblica, innescando processi motivati quanto fondanti. Su tutto, la preoccupazione maggiore sta – lo si ripete – nella carenza di risorse finanziarie.
Pertanto, la scelta degli uomini di vertice è perentoria, indifferibile. Non tutti sono Draghi quanto a disponibilità di rinuncia a prebende. C’è chi ha prontamente pensato fosse utile guardarsi attorno. Lo si sottolinea per la semplice ragione che gli amministratori delle attuali Camere di Commercio non ricevono compensi. Sicchè, a maggior ragione, gli operatori economici dovrebbero essere direttamente chiamati ad eleggere propri rappresentanti, responsabili di piccole e medie imprese dalle capacità indiscusse, sia nella gestione della quotidianità, sia nella configurazione e nella predisposizione delle linee di sviluppo.
Il pastrocchio delle Camere – Tanto peggio se la scelta cadrà su chi dispone di tempo libero più che di capacità promozionali e gestionali. Le aree del Ponente e del Levante ligure stanno attraversando ormai da decenni un sentiero irto di difficoltà, di cui non s’intravedono a tempi brevi vie d’uscita. Strade, ferrovie ed autostrade, poi, hanno contribuito decisamente al consolidarsi di una crisi che, nel tempo, ha ulteriormente impoverito le classi deboli della società.
Tempi bui. Non la politica, né la sventatezza dei Governi succedutisi in Italia negli ultimi trent’anni hanno configurato i presupposti per mantenere all’Italia i ritmi di crescita del dopoguerra. Una nazione che conta oggi oltre 7 milioni di persone ai margini della sussistenza, nel contempo penalizzante amministratori di aziende che, adeguatamente supportate, hanno tuttora la volontà di riemergere. Gli ultimi dati del Pil sono a dimostrarlo.
Dopo l’inconcepibile pasticcio, o frittata che dir si voglia, sulle Camere di Commercio, conseguente l’assembramento (non da tutti i soggetti accettato in Italia) predisposto da governanti il nostro Paese non sufficientemente edotti sulle reali potenzialità di questi enti, oggi più che mai, emerge urgente – per un’attiva gestione amministrativa, promozionale, di studio ed approfondimento di contesti in continua evoluzione – la presenza dell’eccellenza della nostra classe imprenditoriale, ed in questo ambito l’adozione del criterio “the right men in the right place”, politica che assicurò risultati positivi nel dopoguerra avvalendosi il sistema – alla Presidenza e in Giunta – di gente capace di imprimere una svolta decisiva all’economia, fino agli anni sessanta ricca e prosperosa.
Sergio Ravera
‘STRUMENTI’
Camera di Commercio Industria
Artigianato e Agricoltura
Consiglio:
Giancarlo Grasso (Presidente),
Silvio Accinelli, Federico Ascheri,
Giuseppe Barberis, Franco Bartolini,
Luca Bertani, Paolo Campostano,
Mariano Cerro, Carlo Decia,
Livio Di Tullio, Marinella Fasano,
Ennio Fazio, Mauro Fresia,
Gianfranco Gaiotti, Gianluigi Granero,
Giovanni Manzo, Massimo Parodi.
Collegio dei Revisori dei Conti
Giampaolo Provaggi (Presidente),
Silvano Montaldo, Nadia Ribaudo
Segretario Genera