Giuliana, ultima testimone della civiltà pastorale della montagna ponentina, ha raggiunto i pascoli del Cielo
di Emidia Lantrua
In silenzio, con discrezione e serenità, Giuliana Saldo ha raggiunto i pascoli del Cielo, preparati per i giusti, per coloro che come lei sono stati guidati, spronati e sorretti da una fede profonda, atavica e assoluta.
Sarà stato il contatto con la natura, fonte di sostentamento e di energia per il mondo agricolo, sarà stato il legame con la montagna del pascolamento estivo così vicina all’infinito, sarà stato il ricordo di rapporti solidali e sinceri ad aver alimentato in lei il senso di appartenenza ai luoghi, ai costumi e alla gente della giovinezza. Certo è che Giuliana è rimasta custode fedele dei valori di un tempo
In famiglia, con i genitori e la sorella Lina è stata accompagnata alla conoscenza del territorio, per viverlo coscientemente, evitando possibili pericoli e insidie, e valorizzando risorse e potenzialità, per fronteggiare bisogni primari, materiali e relazionali
La gestione di un gregge in monticazione nei mesi della calura, la discesa in paese nelle stagioni di transizione e quindi il trasferimento verso la bandita del retroterra costiero per svernare, ha richiesto oltre alla competenza personale anche l’apporto e la collaborazione di quanti condividono l’esperienza lavorativa, i quali a loro volta, nelle fasi cruciali, abbisognano di prestazioni ausiliarie altrui.
Il dare e il ricevere scambievole ha rafforzato la fiducia nel presente e la speranza per l’avvenire e abituato alla vita comunitaria, attiva e consapevole. .
Giuliana si è appropriata presto di tale pensiero ed è cresciuta con un forte senso del dovere, di identità, vicinanza e sussidiarietà, che si traduceva, anche negli ultimi periodi, in un impegno costante, per offrire compagnia e assistenza ai soli e agli ammalati, in gesti di accoglienza verso chiunque si affacciasse al suo uscio e nella partecipazione ai dolori e alle gioie del prossimo .
Nell’incontro con gli altri pastori interiorizzava le reiterate consuetudini per allevare al meglio gli animali e per ottimizzare i frequenti e arditi spostamenti, da concordarsi anche collettivamente per non interferire, e da programmare sul numero e le condizioni dei capi, onde non essere sorpresi, ancora in cammino, dalla temuta tenebre. Riusciva a memorizzare il lessico specifico degli strumenti, delle pratiche e degli usi propri, di chiara matrice brigasca, Interloquiva speditamente con gli allevatori piemontesi frequenti in quieta terra di congiunzione.
Nei momenti di aggregazione era solita raccontare episodi della iniziale giovinezza: spesso riviveva il percorso accidentato di quando volontariamente e con determinazione, nell’afa di luglio e agosto, all’aurora, dalla casa di Valcona Sottana raggiungeva con il mulo, il padre e gli armenti nell’aperta ed erbosa valle dei Maestri. Portava vettovaglie e rientrava, attraverso l’impervio passo della Ciusetta e di Lagaré, alle spalle di Carnino, con i formaggi, posti a maturare nelle selle adiacenti la chiesetta di Sant’Erim.
Il cammino era faticoso e irto, ma piuttosto battuto da viandanti con cui volentieri si intratteneva, curiosa di apprendere segreti, previsioni e nuove buone pratiche. A volte guardando in alto, elevava preghiere e lodi propiziatorie, contando sempre sull’azione provvidenziale del Cielo.
Solcando la nuda roccia, i massi pungenti o la cotica molle, ricercava le pietre confinarie, per fissare nella mente la mappa precisa dei pascoli comunitari, degli usi civici e delle comunaglie parentali, dal Fronté al Malguares, per non oltrepassare i limiti, quando sarebbe toccato a lei sola portare le greggi alla pastura.
Tra le frequentazioni più assidue c’era Mario Pelassa, di estrazione e cultura pastorale,che ha sposato conoscendone le doti morali e i comuni interessi elettivi. L’uomo con il lavoro di guardiacaccia ha mantenuto l’aderenza alla tradizione e il rapporto vivo con le alte quote, paesaggi vissuti secolarmente dai rispettivi progenitori.
Con la nascita di Antonello e Pierangelo ha avuto termine la transumanza rivierasca. La famiglia, dopo la fiera di san Matteo permaneva in paese e, passata santa Caterina, si trasferiva in Pieve di Teco, nell’aprica azienda La Mura, di uliveti e vigneti, adatta anche all’allevamento di piccoli greggi. Con i primi segnali dell’estate riprendeva la via dei pascoli malghivi, resi fertili dallo scioglimento della neve e dal calore della stagione buona, curando tuttavia anche la vigna, l’uliveto e l’orto di fondovalle, secondo i perpetuati riti naturali.
La giovane famiglia si è poi trasferita in Pieve di Teco, dove già risiedeva la sorella, permettendo ai ragazzi una più agevole frequenza scolastica e agli abitanti del circondario di gustare ricotta, cagliata e latticini dal sapore unico. Il sereno andamento della vita domestica si è incrinato con la malattia di Mario, sopraggiunta mentre progettava il tempo libero del pensionamento. Nonostante le cure assidue l’agognata ripresa non c’è stata.
Giuliana ha trovato allora la determinazione e la spinta ad andare avanti nella cura e nell’attenzione ai figli, ormai bravi e instancabili lavoratori. Antonello seguiva la tradizione di casa e conduceva con capacità l’azienda agricola, che vedeva la progressiva riduzione del numero delle pecore e l’incremento delle coltivazioni. Pierangelo iniziava l’attività edile diventando presto uno dei più apprezzati impresari della zona.
A Giuliana poi tocca la prova più dura e dolorosa: l’improvvisa scomparsa dell’amato figlio Antonello. Lei fa ricorso a tutte le risorse, a iniziare dalla fede incondizionata, per superare l’atroce dolore, che riaffiorerà acuto nei momenti più impensati e velerà per sempre il suo sguardo. Motivo di ripresa e speranza sarà la nascita dell’adorata nipotina Gloria e l’affettuosa e continuativa vicinanza di Pierangelo e Maria. Con forza, coraggio e tenacia, forgiati negli anni, riuscirà a riprendere il lavoro di sempre con ritmi più lenti e affaticati.
In estate, nella sua Valcona Sottana ritroverà parenti e amici di un tempo, assieme ai nuovi villeggianti, per i quali diverrà un costante punto di riferimento e la lucida memoria. del passato. A tutti insegnerà l’uso alimentare ed etnomedico delle essenze spontanee, le tecniche della lavorazione del latte, la preparazione del pane casereccio e dei piatti della mensa dei pastori, la cucina bianca.
Quando a Mendatica se ne curerà la rassegna opererà nel laboratorio dei minietti
Sarà sempre presente alle funzioni e ai funerali del paese, indossando la cappa della Confraternita, dopo il suo “Eccomi”, all’atto della riattivazione della rinnovata Compagnia di Santa Caterina. Non mancherà mai alle celebrazioni officiate nelle cappelle e sulle vette montane per testimoniare l’ancestrale e fiero legame alla gente, agli ideali, alla tradizione, ai siti del mondo dei pastori.
Era consapevole che la società si evolvesse, ma credeva fermamente che anche quella attuale potesse ancora fondarsi sulla pazienza, coerenza, perseveranza e riflessione, sul rispetto delle regole, la fratellanza tra le persone e la cura dell’ambiente. Credeva che solo in questo modo si riuscisse a contrastare la frenesia e l’ inquietudine del momento odierno.
Emidia Lantrua