Ceriale perde un altro negozio del centro storico. Si conclude una pagina di storia dell’artigianato e del commercio famigliare cittadino in una realtà dove emerge invece un fermento di grandi magazzini e ipermercati, investimenti, nella zona di ponente, lungo l’Aurelia, quasi ai confini con Albenga. Un cartello: ‘Calzature Mimmo dal 1950 bye bye Gabriella’.
di Luciano Corrado
Difficile pensare che le ultime generazioni di cerialesi possano conoscere cosa ha rappresentato nei decenni ‘calzature Mimmo‘. Intanto si tratta del sopranome di Gerolamo Favalli che ha chiuso gli occhi per sempre a 72 anni, nel 1995, lasciando nell’attività la moglie Nicolina Tabò, origini a Calizzano, che si è spenta nel 2011. Una coppia ben voluta da tutti, stimata, gente alla buona, ma di grande volontà e buon esempio.
Dietro il banco di vendita, a gestire, è rimasta l’unica figlia, Gabriella, che ha arricchito il bagaglio di scuola di vita, di impegno, da intenditrice del mestiere, serietà commerciale, esperienza e conoscenza; dalla qualità nel comprare al rapporto con il prezzo. Insomma ciò che dovrebbe essere sempre appannaggio di chi svolge un’attività commerciale e professionale.
Per Ceriale, per residenti e turisti, la chiusura, il ‘fine corsa’, di Mimmo Calzature non può non essere un avvenimento che impone di riflettere, riporta a pagine di storia di un uomo, una famiglia, l’origine di un’attività che ormai resiste solo nelle maggiori città. A Ceriale, ad esempio, è rimasto un solo negozio di calzature: è in centro storico sempre più caratterizzato da serrande abbassate e locali vuoti, da affittare . Un cartello indica ‘chiuso’, riapertura a fine febbraio. E come non ricordare che a Ceriale, anni ’90, l’Amministrazione comunale del sindaco Piero Revetria voleva imporre, primo caso in Liguria, il divieto di aperture di nuove agenzie immobiliari in centro storico. L’obiettivo era quello di rilanciare ciò che solo la legge del mercato può decidere, di pari passo con le scelte di pianificazione e programmazione di un Comune, di un comprensorio. Quante volte abbiamo ascoltato ‘cassandre’ che prevedono un futuro di Ceriale come periferia di levante di Albenga.
Ma anche a Ceriale dovrebbe far scuola il detto: ‘un popolo senza memoria è destinato a ripetere gli errori’.
Non parliamo di errori quanto si narra di ‘Mimmo Calzature’. Gerolamo (Mimmo) Favalli a pieno merito nelle pagine di storia locale. Una gioventù che l’ha visto militare a fine anni ’30, divisa indossata fino all’armistizio di Badoglio del 1943. Militare di leva prima a Lusignano d’Albenga, a Montenegro, a Salò, prigioniero nel campo di concentramento (in Germania) e tornato libero nel ’45.
Da civile, nel dopoguerra, alla ricerca di un lavoro, un periodo al Santa Corona di Pietra Ligure, l’apertura del negozio, ma soprattutto l’inizio dell’arte del calzolaio, le riparazione delle scarpe; quando per anni, con mani esperte, si realizzavano artigianalmente calzature su misura e ordinazione. Mimmo ‘maestro’ di un antico, umile e mitico mestiere iniziato quando non era ancora esploso il benessere, il ‘miracolo Italia’, il primo boom economico.
Poi la Ceriale turistica che via via ha finito per impoverire inizialmente il tessuto ed il patrimonio della produzione agricola e quel turismo di qualità che aveva contribuito a trasformare il centro storico in cuore pulsante. L’esplosione urbanistica, delle seconde case, seguita da una latente crisi di attività commerciali in quello che potrebbe assurgere a ‘salatto’ della cittadina che si apprezza in località più blasonate.
Mimmo da calzolaio vero alle riparazioni per centinaia di cerialiesi e turisti, testimone di un’attività che ha lasciato via via il posto alle mode, ai repentini e imprevedibili cambiamenti della ‘modernità’. Eppure in quel negozio la tradizione ha resisto finchè le forze non hanno ceduto e il ‘ciabattino’ ha finito per sbarazzarsi, vendere i suoi cari ‘cimeli’, le vecchie macchine utilizzate in un lavoro narrato nei secoli. Il santo patrono: San Crispino e Crispiniano che nei racconti agiografici, erano due fratelli di origine romana appartenenti ad una famiglia aristocratica che, ad un certo punto della loro vita, si convertirono al cristianesimo e si dedicarono al Signore, diffondendo il Vangelo. E dai calzolai nacque il lustrascarpe. Un tempo diffuso in gran parte del mondo, il mestiere del lustrascarpe sta progressivamente scomparendo in Europa e nel Nordamerica, e oggi viene quasi sempre considerato un espediente per sbarcare il lunario più che un vero e proprio lavoro.
Mimmo tutto sommato appagato perchè al suo fianco, oltre alla moglie Nicolina che coadiuvava, c’era Gabriella, l’unica figlia capace di farsi onore, tenace ed orgogliosa di quell’eredità professionale ed umana. Una passione ed una dedizione che significava tenere aperto il negozio 7 giorni su 7 e con pochi giorni di chiusura all’anno. Lei che è nata ‘con le scarpe’ sapeva conoscere e giudicare quando era la stagione delle prenotazioni, degli acquisti. Gabriella che ha vissuto il ‘periodo d’oro’ al punto che oltre a papà e mamma, potevano dare lavoro anche ad una commessa. E con la parsimonia di chi sa far fruttare impegno e serietà, competenza, da inquilini hanno potuto acquistare anche le mura.
L’anno 2021, i giorni dell’addio. Una fine attività che ti coinvolge, ti fa tornare indietro negli anni, nei ricordi, nelle tante persone che hai avuto modo di conoscere, i clienti affezionati, la loro fiducia e che non vorrebbero mai ‘perdere il negozio di scarpe di riferimento’. “Gabriella, dai, non chiudere, come faremo ?….“. E invece non è più il tempo di ripensamenti, di ciò che rimane anche sotto l’aspetto umano, persino affettivo, stima e ammirazione. Anche papà Mimmo e mamma Lina avrebbero finito per condividere, rendersi conto che la loro Gabriella ha fatto sempre tutto con diligenza, amore, nel ricordo di care persone che erano orgogliose della loro figlia, di quanto abbia saputo farsi stimare nel commercio e saggezza, buon senso, anche nel ruolo di moglie e mamma.
Del resto il nostro calzolaio fa parte a pieno titolo dell’album dei ricordi. C’è stato un risveglio nel praticare l’arte della lavorazione del cuoio, ma unicamente per le riparazioni. Uno degli ultimi che ‘confezionava’ ancora scarponi se n’è andato lasciando intatatto, quasi a museo, la sua postazione di lavoro nel negozio storico di Pieve di Teco. E le locandine esposte che lo ricordano e lo ritraggono, gli ammiratori fotografano.
C’è infine un’altra realtà commerciale che si sta imponendo, non solo per seguire l’evolversi della moda. Non solo perchè con i jeans, le scarpe da ginnastica sono le più vendute. Non solo perchè faticano a resistere i tradizionali e famigliari negozi di ‘calzature’, con la necessità di proporre alla clientela una vasta esposizione di merce in vendita e in magazzino. Non solo per la concorrenza dell’importazione che inizialmente riguardava scarpe popolari di largo consumo. Ora si possono trovare marchi di alta gamma e a prezzi non per tutte le tasche; la cui produzione arriva dai più lontani paesi del mondo. E di pari passo i grandi magazzini, oltre agli alimentari, all’abbigliamento, fanno concorrenza ai più ‘piccoli’ anche con le calzature. Certamente resistono nei centri maggiori e nelle località dove il turismo ha un target superiore. Vedi il ‘caso Alassio’.
Ma possono testimoniare l’evoluzione dei tempi anche città vicine come Borghetto (qui già da qualche anno non c’è più un negozio di calzature) e Loano dove ha resistito un marchio famigliare. Clamoroso e passato inosservato ai media locali il caso della famiglia Zazzo che abita a Boissano, tre figli (con la società Luca Di Zazzo e C): gestivano negozi a Pietra Ligure, Loano, Borghetto, Ceriale all’interno della ‘Famila’ (ora Mercatò).
Molte le cittadine della Riviera che per anni potevano vantare attività secolari, tramandate per generazioni.
Luciano Corrado