Montegrosso P.L. si è arricchita di un libro – quasi un’autobiografia/testimonianza – che dal dopoguerra al 1970 racconta la pastorzia in paese, i suoi pastori transumanti. L’opera, di contenuto storico e culturale, descrive i protagonisti del tempo, ricordi, usanze, tradizioni famigliari, generazioni di vita civile. Montegrosso che sabato e domenica organizza la ‘passeggiata culturale’. E un’altra esemplare notizia, sempre dai nostri monti, da Realdo (Triora) che ha dedicato una stèle al maggiore studioso e linguista di gente brigasca, il prof. Pierleone Massajoli.
Trucioli.it ha di recente ricordato la figura e l’opera (ma meriterebbe molto più spazio e completezza vedi…….) di Massajoli. La scritta incisa sulla stele: “A Pierleone Massajoli, Profondo e acuto etno- linguista, con attenta e rispettosa osservazione della Gente Brigasca, contribuì a farne rinascere lingua e cultura, sopite dal tempo e dalle peculiari vicende storico – politiche. A lui si deve l’atto generativo dell’ autocoscienza brigasca, di cui A Vastera seppe farsi intrerprete. I Brigaschi e A Vaštéra intendono qui mantenerne la memoria”.
SABATO 9 E DOMENICA 10 OTTOBRE: PASSEGGIATA CULTURALE ASPETTANDO LA
MONTEGROSSO P.L. RINVIATA LA CASTAGNA AL 1922
MA DUE GIORNI DI PASSEGGIATA CULTURALE
Anche quest’anno la tradizionale Festa della Castagna non si svolgerà: complice la normativa stringente ed il periodo purtroppo ancora incerto, sul nostro tenace entusiasmo ha prevalso ancora una volta il senso di responsabilità e la nostra coscienza ci ha consigliato di rimandare la festa a tempi più sicuri. Il Consiglio Direttivo dell’Ass. Pro Loco insieme all’Amministrazione Comunale hanno però pensato, per sottolineare la ricorrenza, di proporre però alcune attività. In particolare Sabato 9 Ottobre alle ore 16.00 (accesso solo con green pass) verrà presentato, alla presenza dell’autore e dell’editore, il libro di Angelo Toscano “Transumando dalle Alpi al Mare”.
Domenica 10 ottobre invece sarà l’occasione di visitare il paese (in gruppi e con accompagnatore) alla scoperta degli antichi mestieri e delle tradizioni del borgo. Durante l’itinerario ci sarà la tradizionale degustazione di pan fritto, caldarroste e frittelle di mela (verrà richiesto il green pass unicamente per la visita facoltativa del Museo della Castagna).
Storie e ricordi di pastorizia e di pastori.
di Angelo Toscano
Quando con mio figlio Fabrizio abbiamo iniziato a lavorare al giornalino “Sotto il Monte Monega” è venuta quasi spontanea l’idea di inserire una piccola rubrica dedicata alla vita dei pastori di Montegrosso, che abbiamo chiamato “Transumando … dalle Alpi al mare”. Ci sembrava, all’inizio, doveroso ricordare una attività che aveva interessato nei decenni precedenti il secondo conflitto mondiale la maggior parte della popolazione, proseguendo anche nel dopoguerra con numeri sempre più ridotti fino all’esaurimento totale alla fine del secolo scorso.
Non era difficile parlare di questo argomento per chi, come me, era nato e cresciuto in una famiglia di pastori che ha cessato l’attività nel 1980, quando avevo 32 anni. Mio padre Emilio, classe 1920 con i genitori, il fratello Giovanni e la sorella Battistina, apparteneva ad una famiglia di pastori che andavano a svernare a Riva Faraldi. Mia madre, Ida, classe 1923, con il padre Filippo ( la madre morì quando lei aveva 12 anni ) erano anch’essi pastori. Si sposarono nel 1947 due anni dopo il ritorno di mio padre dalla prigionia in Germania e continuarono l’attività recandosi in inverno a Bacelega di Ranzo dove già da alcuni anni mia madre con mio nonno Filippo (Liciò) si erano trasferiti
Era il mese di ottobre del 1947, il mese in cui a Montegrosso, nella quarta domenica si festeggia la Madonna delle Grazie ed in quell’anno era domenica 26. Nella settimana che precedette la festa si celebrarono 4 matrimoni: giovedì 24 si sposarono Pietro Penasso con Cordeglio Francesca e Bonello Antonio con Rosa Penasso, ed il sabato seguente i miei genitori Emilio e Ida ( Nella foto) e Maglio Antonio con Toscano Battistina.
Non ho continuato nel lavoro di famiglia perché i miei mi hanno dato la possibilità di frequentare le scuole superiori e di intraprendere un’altra attività. “Vedi di impegnarti nello studio, se non vuoi fare questa vita “ mi diceva spesso mio padre. E in effetti la loro vita, la vita di tutti i pastori, era una vita completamente dedicata al loro gregge; 365 giorni all’anno, senza riposi e festività, con il sole e con la pioggia, dall’alba al tramonto.
Una vita di fatica e sacrifici ma anche di piccole- grandi soddisfazioni che spesso si manifestavano con un canto mentre il gregge pascolava tranquillamente sui prati oltre Case Fascei o sui pianori di Colla Rossa, alle falde del monte Bertrand. Una vita di persone umili ma anche di gran lavoratori, come tutta la gente di montagna, rispettosi della natura e dell’ambiente, che sapevano regimare le acque e viaggiavano sempre con la roncola al fianco e la zappa sulle spalle; la prima per tenere puliti i sentieri e le mulattiere dalle piante infestanti, la seconda per togliere dalla strada una pietra caduta dalla scarpata o per sistemare una zolla di terra su una sponda per evitare che l’acqua tracimasse invadendo una piccola fascia dove non si sarebbe potuto falciare e raccogliere un po’ di fieno. Una vita in continuo movimento: da Montegrosso alle Navette, e da lì a Case Fascei per poi riscendere al paese e poi ai pascoli della bassa valle per il periodo invernale. Una vita da “transumanti”.
Dopo i primi racconti, mano a mano che procedevo nel lavoro, mi tornavano alla mente dei ricordi che sembravano ormai perduti, rivedevo le mie esperienze vissute da bambino e poi da adolescente, ma soprattutto mi tornavano alla mente le tante storie che mia mamma mi raccontava: storie di vita vissuta, di bambina rimasta orfana all’età di 12 anni, ma che ha avuto la forza di continuare con il padre ad accudire il loro gregge e che poi ha continuato sposando mio padre. Ma l’idea di poter raccogliere questi pensieri in un libretto è nata su suggerimento di alcuni amici che ritenevano che quelle storie, che a volte avevano proprio il sapore di una favola, non dovessero andare perdute, ma dovessero essere portate a conoscenza soprattutto dei più giovani.
Con questo spirito ho cercato di raccogliere in questo semplice opuscolo esperienze dirette e racconti di coloro che quelle esperienze le hanno ancora vissute, oltre naturalmente ai racconti di mia madre, per descrivere un mondo ormai completamente perduto. Molti prima di me hanno trattato questo argomento in modo certamente più tecnico; io voglio semplicemente esprimere , per quanto possibile la passione e l’impegno di gente che ho conosciuto direttamente e con cui ho condiviso un seppur breve periodo della mia vita.