” Sono stato tra i testimoni del maxi-processo Teardo, a 30 anni dal terremoto giudiziario, politico-amministrativo, non sono riuscito a sapere perché venni convocato dai Pm, poi nella lista dei testi d’udienza. Dissi che se si voleva avere informazioni, forse utili, sarebbe stato utile acquisire le registrazioni che allora avvenivano abitualmente nelle riunioni del Comitato provinciale e locale della Democrazia Cristiana. Non ho saputo se furono acquisite, ascoltate , utilizzate o meno. E’ possibile una risposta a fini storici?”.
E’ una delle poche reazioni – non c’ è da stupirsi – che ha provocato, almeno finora, la rievocazione del ciclone Teardo degli anni ’80 e conclusosi nei primi anni ’90, dopo aver messo in soffitta vari stralci dell’inchiesta e ‘imposto’ l’autotrasferimento dei giudici che firmarono i clamorosi -all’epoca – ordini di cattura, con alcune assoluzioni finali e molte condanne passate in giudicato. Ma anche con parti civili-imprenditori che rinunciarono a resistere in giudizio nei gradi di appello. Vittime, a dire dell’accusa, di concussione ambientale; per altri, sopratutto difensori, nient’altro che corruttori beneficiari per lungo tempo di un sistema tangentizio in grado di procurare lauti guadagni, seppure a discapito della collettività. Costi superiori ed appalti gonfiati. Opere costruite in malo modo all’insegna del ‘risparmio’ penalizzando persino la sicurezza (case popolari, scuole).
Uno spaccato di mala-politica e mala-amministrazione che in Italia continua ad andare a gonfie vele.
Non essendo annoverati tra i pochi esperti della materia e della montagna di carte ‘sepolte’, siamo obiettivamente in difficoltà a rispondere al quesito dell’ex esponente della democrazia cristiana, libero professionista. Agli amici confidò anche di essersi trovato bersagliato proprio nel periodo seguente la sua superflua disponibilità e testimonianza. “Non sapevo nulla di quei traffici – confida -, per ricompensa mi trovai bombardato da un presidente del consiglio dell’Ordine che , ho appreso dai manifesti funebri, essere stato un fratello della massoneria italiana. E che, a sua volta, venne chiamato sui banchi dei testimoni nella veste di ingegnere, ma il suo nome non compare mai nelle cronache dei giornali dell’epoca“.
Possiamo limitarci a confermare circostanze che lo stesso interpellante conosce. Cioè era risaputo nell’ambiente democristiano di Savona che le riunioni venivano sottoposte a registrazione ad opera dell’allora responsabile della segreteria e funzionario di partito, rag. Giorgio Daniele, cittadino di Spotorno come lo era l’allora presidente della provincia (coinvolta nell’affaire Teardo) Domenico Abrate, personalità di spicco nel panorama provinciale, oltre che essere stato sindaco. Un particolare che era stato riferito confidenzialmente anche dall’impiegata della Dc cittadina, la compianta Evelina Pellosio che aveva sostituito Paola Aloni, chiamata dapprima in Provincia e poi assunta all’allora Usl. Daniele non operava a fini di spionaggio, semmai per un preciso ‘ordine’ di lavoro. Ad opera di chi? Non siamo in grado di rivelarlo. Potrebbe farlo lui.
Sono molteplici, tuttavia, gli interrogativi rimasti senza risposta nella montagna di fascicoli che formavano gli ‘atti a carico di ‘Teardo e soci’. Risposte che nessuno ha ritenuto di approfondire o di portare a termine magari attraverso inchieste giornalistiche. Acqua passata, superfluo macinare, pestare nel mortaio. C’è chi ha pagato duramente col carcere, risarcimento danni, malattie. Lasciamoli in pace, con i famigliari.
Per fortuna sono rimasti un gruppo di esperti storici di ieri e di oggi di ciò che costituiva il ‘pianeta Teardo’ non solo in Provincia di Savona. I legami imperiesi anche con esponenti poi rivelatisi affiliati a logge e ‘ndrangheta, per finire a Genova e campa cavallo, a Roma. L’abile strategia dei magistrati inquirenti fu proprio quella di portare al termine quantomeno il filone principale.
Gli esperti continueranno a raccontare e svelarci il loro bagaglio di conoscenze. Metterlo a disposizione dei cittadini interessati a sapere. Meglio pochi ma buoni e per fortuna che ci sono loro col coraggio di esporsi. Forse rischiano meno rispetto a chi, prima dell’arresto della ‘banda’ e della potenza di fuoco, si ritrovò imputato di diffamazione, additato a nemico del socialismo e calunniatore. Isolato, anche da certi magistrati.
Il ‘benservito’ non c’è riuscito a servirlo Teardo – chiese oltre un miliardo di lire di danni – . A distanza di anni ci pensano altri attori. Non del cinema. Vendono libri e cultura di sinistra, nella città da sempre (s) governata anche da affaristi e professionisti della politica. Auguri.