Ce ne stiamo andando, silenziosi, lontano dai riflettori che contano, uno dopo l’altro. Forse tra gli ultimi testimoni viventi della cronaca ponentina degli anni ’60 e ’70. Ha resistito fino a 93 anni, Ernesto Piccinini, in una residenza protetta di Borghetto. L’ultima volta ci siamo incontrati all’ingresso della chiesa parrocchiale San Giovanni Battista di Loano in occasione del funerale del caro e stimato amico avv. Tarcisio Rossi con il quale avevo condiviso alcuni anni nel Seminario vescovile di Albenga.
Con Ernesto, visibilmente scosso, ci siamo scambiati in un baleno un paio di ricordi. Qualche domanda, brevi risposte: “caro Ernesto ormai anche dalle nostre parti siamo nelle mani dei massoni”.
Un sorriso e con quella sensibilità, spontaneità, franchezza e delicatezza che lo caratterizzava: “Luciano c’è chi sta peggio, speriamo che le cose cambino, fatti vedere, abbiamo tanti cose da raccontarci”. Superfluo ammettere che il presidente finche le forze l’hanno sorretto si dedicava alla sua creatura prediletta (Doria Nuoto 2000 Loano). Lo si poteva incontrare ogni mattina nel tragitto tra l’abitazione, via Aurelia di ponente, e il palazzetto dello Sport. Tra le mani una cartellina e il quotidiano preferito, Il Secolo XIX.
Vorrei ricordare l’uomo, il padre, il pubblico amministratore Ernesto Piccinini, con una testimonianza non di maniera, né con quell’usanza che il giorno dei funerali siamo tutti bravi e sante persone. Certo che sarebbe da ingenui sostenere che abbiamo avuto il privilegio di conoscere a fondo il personaggio che tale era per quanto ha realizzato a favore della comunità e del mondo giovanile. Possiamo invece testimoniare con quanta passione, rigore, meticolosità, impegno, disinteresse personale, svolgeva il suo ruolo, ammettiamolo pure, da ‘assessore’. Ernesto fiero e timoroso non si faceva mettere facilmente nell’angolino, sapeva di avere un sindaco (il galantuomo e semplice Tito Reale, dipendente dell’Oleificio Roveraro) più malleabile alle pressioni esterne ed interne della maggioranza che reggeva la giunta comunale in anni di tumultuoso boom edilizio. Tumultuoso perchè la lobby del cemento con una dozzina di impresari edili (diversi nomi loanesi) era fortissima al punto da mobilitare anche i sindacati e minacciare blocchi stradali se fosse passato quel piano regolatore che ritenevano penalizzante nella ‘capitale delle seconde case’, inizialmente realizzate in palazzoni sul mare e sulla spiaggia, lungo l’Aurelia, con le distanze del codice civile, in assenza di strumento urbanistico. Più avanti si scoprirà che alcuni edifici sono stati costruiti risparmiando sul ferro e sulle strutture portanti, a rischio scosse di terremoto. Una realtà mai approfondita da accertamenti e verifiche tecniche, ma che non è una novità in certi ambienti.
Quella prima pagina sul Secolo XIX (allora diffusione nazionale di 140-150 mila copie giornaliere) non fu frutto di ‘mania di protagonismo’ che pure per un politico o un giornalista può apparire tra chi si vuole mettere in mostra. Scaturiva, possiamo rivelarlo, da un franco rapporto che esisteva tra chi aveva il dovere di fare informazione e chi la responsabilità di amministrare la città, far fronte alla dinamica degli interessi a volte contrapposti, o quelli che emergevano da una speculazione senza freni sull’onda di un forte consenso. All’epoca soprattutto licenze edilizie, piano regolatore, appalti pubblici.
Le minacce di stampo mafioso ai più irriducibili dell’amministrazione Reale avevano lo scopo di far prevalere interessi in contrasto con il bene collettivo. Assai più che semplici favoritismi, essendoci in ballo, aree edificabili, indici di cubatura, imprese edili, il fiorente mercato immobiliare delle seconde case al mare con interessi a macchia d’olio nel commercio, nell’artiginato, nelle professioni, nelle forza lavoro, soprattutto famiglie di emigrati dal sud e per alcuni è stata anche una fortuna. Si sono arricchiti e le nuove generazioni si sono integrate, occupano posizioni di comando nella società civile, insieme agli ‘indigeni’, oggi in minoranza.
Ebbene era proprio il rapporto sincero e confidenziale tra il giornalista, il sindaco Reale (forse più chiuso, persona semplice e affabile , meno espansivo, ricordiamo la franchezza dei sui rimproveri di fronte ad alcuni articoli che non condivideva), il suo vice e autorevole Piccinini, l’assessore Trucco più defilato, così come Silvio Sarà geometra inizialmente in società con Franco Murialdo.
Trucco vero gentiluomo, esempio di estrema rettitudine come dimostrerà anche da eletto nel consiglio regionale, nelle sue battaglie per le fasce deboli della società. Ci siamo ritrovati successivamente in un dibattito, post diluvio Teardo, al Chiabrera di Savona, sul palco. Io da cronista di giudiziaria, lui da analista e testimone dei tempi. Ognuno conscio dei propri limiti, pregi e difetti.
La notizia delle minacce mafiose a Borghetto Santo Spirito, da scoop di prima pagina, scaturiva proprio da quel rapporto di non sudditanza, ma franco e corretto che l’amministratore aveva con il cronista locale. La libera informazione poteva svolgere il suo ruolo mettendo a nudo le difficoltà, le pressioni, le scelte difficili e sofferte che la giunta democristiana di Reale incontrava nel suo compito-dovere.
Forse i più non ricordano o non possono sapere per l’età, che un caso abbastanza analogo, seppure circoscritto, di minacce in ‘stile mafioso’ scosse negli stessi anni l’allora sindaco di Loano, Giuseppe Guzzetti (1974- ’78), democristiano. In ballo la demolizione di un chiosco -bar abusivo (sarà poi sanato ed ampliato fino ad essere trasformato in panetteria, chiusa dallo scorso anno) proprio a ridosso dei binari in via Cesarea. Anche in quella circostanza la leale collaborazione tra il sindaco ed il cronista portò ad una notizia da prima pagina. “Mi dimetto perchè ho paura, dite pure che sono un coniglio, ma non me la sento di resistere…”. L’epilogo lo risparmiamo, resta l’archivio stampa per chi l’ha conservato.
Ora l’addio ad Ernesto Piccinini. C’è la speranza e l’auspicio che Loano, così come ha fatto con altri primi cittadini benemeriti, metta in agenda un riconoscimento per ‘onorare anche per i posteri, la figura del presidente del Doria Nuoto, la sua eredità con l’impegno costante e certosino per la crescita sociale attraverso l’educazione giovanile delle discipline sportive. La saggia e silenziosa amministrazione di un’associazione senza scopo di lucro che ha contribuito a formare il carattere di tanti giovani, molti sono oggi uomini e donne maturi, a loro volta testimoni del ruolo che il Doria Nuoto ha avuto ed ha per la città, il vasto comprensorio.
Ernesto Piccinini che ha sofferto e gioito, lottato e realizzato, con l’esempio del rispetto che si deve ai ruoli che ognuno svolge nel cammin di vita. Tanti motivi di orgoglio e di fierezza per i suoi cari, una sprone a camminare sempre a testa alta, dando una lezione umana che ci riguarda tutti. E dovrebbe unire nello sforzo a lottare perchè il bene comune prevalga sul male e sulla disgregazione sociale. Come in quel lontano ieri, grazie splendido Ernesto, anch’io conto i giorni. (Luciano Corrado)
CONDOGLIANZE DELL’ASSESSORE E CANDITATO SINDACO LUCA LETTIERI
“Porgo le mie più sincere e sentite condoglianze alla famiglia Piccinini per la scomparsa del caro Ernesto, deceduto la scorsa notte. Oltre ad essere stato un apprezzato e capace amministratore di condominio e amministratore comunale, Ernesto è stato anche un importante dirigente sportivo della nostra città: nel 1981 ha fondato la Doria Nuoto, di cui è stato presidente e fondamentale animatore per lungo tempo. Grazie al suo lavoro, la società ha raggiunto importanti traguardi in diversi sport acquatici quali nuoto, pallanuoto e nuoto sincronizzato e ha “formato” allenatori e campioni di livello nazionale e internazionale. Il suo impegno gli era valso, nel 2017, la “Stella di bronzo al Merito sportivo del Coni”. Per la nostra comunità e per il tutto il mondo sportivo loanese e ligure si tratta di una grave perdita. Sono vicino ai figli Jimmy e Alberto, alle nuore Maura e Rita, ai nipoti Leonardo, Matilde e Sebastiano e a tutti i familiari.
ARTICOLO IN RETE DAL 2006 DI TRUCIOLI SAVONESI
La mafia munge il territorio ligure
I mafiosi non usano la lupara
La mafiosità ha già vinto la battaglia?
(Cosa accadeva a Borghetto S. Spirito 36 anni fa. Cosa accade oggi nel ponente)
di Luciano Corrado
Borghetto S. Spirito- Non siamo esperti di lotta alla mafia, non conosciamo “professionisti dell’antimafia”, non possediamo il monopolio dell’informazione sul cancro del Bel Paese. Soltanto ‘vecchi cronisti di strada’ e del “palazzo” che hanno scritto e ricordano.
In questi giorni irrompe sulla scena delle prime pagine il “tema mafia”. Anche la riviera savonese ha avuto le sue prime pagine. Correva l’anno 1973. La mattina del 3 maggio i lettori liguri hanno trovato nelle edicole Il Secolo XIX che, in prima pagina, titolava a quattro colonne di spalla (vedi a fondo pagina Il Secolo XIX del 3 maggio 1973….): <Mafia in Liguria “Ti uccideremo se approvi il piano regolatore”>- Occhiello <Clamorose rivelazioni a Borghetto Santo Spirito>. L’esordio dell’articolo: <Se voti a favore ti facciamo fuori>. La firma di Luciano Corrado
Intimidazioni e minacce al vice sindaco ed assessore anziano Ernesto Piccinini che dopo ore di cupo silenzio ammetteva pubblicamente: <Ho ripetutamente ricevuto minacce di morte al telefono da anonimi. “Se voti a favore del piano regolatore, abbiamo tutti i mezzi per eliminarti…”>. Quasi contestualmente il capogruppo consiliare di maggioranza, dr. Guido Trucco, democristiano di sinistra, membro del consiglio regionale, ammetteva: <A me hanno anche promesso una fucilata alla schiena>.
Da alcuni giorni è tornato alla ribalta il nome di Guido Trucco. Il blog “Uomini Liberi” ha dedicato diversi sferzanti ed “illuminanti” notizie-riflessioni-commenti sul tentativo di un circolo di matrice centro-destra di impadronirsi, attraverso l’utilizzo del nome di Trucco, del suo patrimonio, della sua eredità morale ed etica in provincia di Savona in vista delle elezioni regionali. Proprio Trucco che aveva vissuto (lo disse in una assemblea al Chiabrera di Savona) la sconfitta all’impegno di recuperare il senso “alto” della politica onesta, pulita, perlomeno in chiave locale.
E’ facile schierarsi ora da una parte o dall’altra. Dare vita, forse per scopi inconfessabili, a circoli culturali “Guido Trucco” (progetto naufragato). Probabilmente potrebbero avere qualcosa da dire, da raccontare con cognizione di causa coloro che vissero gli anni dei primi piani regolatori anticemento (non da ambientalisti, bensì da osservatori) di fatto trasformati in allegri strumenti di scorribande. Con ingenti e quasi sempre anonimi, spudorati profitti sconosciuti al fisco.
I Piccinini, i Trucco, meno esposto Silvio Sarà, nella concretezza, furono lasciati abbastanza soli. <Da quando mi sono schierato – ricordava con un certo sconforto Piccinini, il figlio Giacomo è assessore in Comune a Loano, prima nelle file dell’Udc, emigrato nella Casa della Libertà – ho ricevuto soprattutto insulti e pernacchie, pochi incoraggiamenti>.
Il sindaco in carica, Tito Reale, un galantuomo con la G maiuscola, confessava al giovane cronista: <Ho intenzione di rassegnare le dimissioni a giorni, c’è una valanga di progetti che attende il nuovo piano regolatore. Subiamo pressioni fortissime, personalmente non me la sento di apporre la mia firma a nuove costruzioni in una città già additata per la sua “rapallizzazione selvaggia”>.
Inutile dire che non furono scoperti gli autori dei “messaggi mafiosi”. In realtà era fuorviante parlare di “mafia tradizionale”. Si era semmai creato, sull’onda dei fortissimi interessi e guadagni sul mattone, sulle aree agricole, una concentrazione da “partito del cemento” formidabile. Poteva contare su “amici degli amici”, ma anche sulla manovalanza che ti distruggeva o ti rubava la macchina sotto casa. Utilizzava l’intimidazione. Ed io giornalista sono stato preso di mira in vari modi. Furto dell’auto, danneggiamenti. Sempre ad opera di ignoti.
La realtà ha dimostrato che “il partito del cemento” ha preso il sopravvento ed oggi più di ieri può contare su “colletti bianchi” della politica. Non usano lo strumento della minaccia, mettono in atto la delegittimazione “ad personam”. Facendo terra bruciata attorno a chi assume posizioni intralcianti. Un obiettivo raggiunto e praticato grazie al degrado dell’informazione di questa provincia e dell’estremo ponente.
In una realtà mediatica distratta, da settembre ad ottobre a centinaia, forse migliaia di liguri, savonesi ed imperiesi compresi, sono arrivati via mail, sulla “posta”, pagine e pagine di materiale in cui si ricostruivano storie di “ndrangheta”, di famiglie mafiose. Con tanto di nomi e cognomi. Inchieste, indagini, prescrizioni. Tutte cose note a chi ha seguito la cronaca degli ultimi decenni. Nulla di nuovo. Anzi, diverse omissioni, anche importanti. Probabilmente difficile essere informati a dovere quando non si conosce a fondo il territorio. Non è una novità.
E’ accaduto del resto ad un presidente dell’Antimafia che in una sua visita a Savona e relativa presentazione di un libro, avvicinato dal cronista, ha dato per scontato di <aver avuto informazione che tale…trovasi tuttora agli arresti domiciliari>. Mentre da oltre un decennio è un cittadino libero, vanta di essere pure incensurato.
Accade che qualcuno continui ad accanirsi su un personaggio per anni al centro della cronache, col rischio di coinvolgere uno dei figli, una figlia e dei nipoti che nulla hanno mai avuto da spartire, né da vergognarsi, come hanno documentato le inchieste, indagini. Lo stesso personaggio curiosamente ignorato in circostanze di risonanza nazionale. Qualche esempio? Il libro di successo “La versione di Mike”, scritto dal popolare ed amato Mike Bongiorno. Prima edizione, novembre 2007.
Non c’è una sola riga del volume di 383 pagine della Mondatori in cui si racconti il clamore che suscitò la “Festa da Mille ed una Notte a Loano per la prima comunione di Rita Fameli”, titolavano a tutta pagina decine di giornali italiani. Si parlò nei telegiornali nazionali di prima serata. Tra gli ospiti, oltre a Mike, Iva Zanicchi, Alighiero Noschese, l’orchestra Decalogo con il cantante Brian, il coro I ragazzi di Genova in costume locale.
La serata si concluse, come documentano le foto, dopo il pranzo per 400 invitati, con cenetta per pochi, nella saletta del G.H. Garden Lido, dove Mike che consumò due uova al tegamino, conversava e parlava pure di proposte d’affari con Antonio Fameli, all’epoca 39 enne agente immobiliare (aprile 1977), con un imponibile dichiarato di 2 milione 750 mila lire. La conseguenza di tanto sfarzo da prima comunione e da “poveri per il fisco” furono una serie di accertamenti e verifiche fiscali che coinvolsero gli stessi vip presenti alla festa.
Perché vergognarsi, ignorare una pagina di vita terrena in un libro di ricordi? Che c’è da nascondere? Una condanna all’ergastolo per delitti di mafia, annullata per questioni formali dal presidente Corrado Carnevale? A chi può nuocere a distanza di anni? Ed il bis del silenzio si è ripetuto con la morte, nei mesi scorsi, del notissimo Mike. Si è scritto e raccontato di tutto sul personaggio, ma quelle pagine di archivio loanese, con Antonio Fameli, sono miracolosamente scomparse. Gelosamente taciute?
Rimane abbastanza incomprensibile tirare oggi in ballo un signore, Antonio Fameli appunto, che fa gli affari suoi, vive nella sua ex villa non più fortezza (aveva la guardiola sugli alberi, e sorvegliata da un ringhioso leone), dove è stata aperta lo scorso anno una discoteca tenacemente taciuta dai due quotidiani più letti della provincia.
Un blog di Genova continua a sparare a zero sulla “mafia in Riviera”? Forse pochi ricordano che un insegnante (Molle) fu costretto a pubblicare su La Stampa una lettera di pubbliche scuse alla Città di Loano ed al suo sindaco (Franco Cenere) per aver usato forse alcune parole sopra le righe in merito al decoro nell’area della stazione ferroviaria.
Il blog genovese (Casa della Legalità), proseguendo la sua opera di denuncia, ha riportato a ripetizione protagonisti, fatti, vicende. Elencando: Borghetto, Toirano, Balestrino, Loano, Ceriale e…
I sindaci, visto che non si tratta di un ciclostilato per pochi, né di anonimato, non hanno ritenuto doveroso un loro intervento. A tutela del buon nome? L’unico che ha reagito con una querela, peraltro “frenata” da un responso del tribunale di Torino, è stato il sostituto procuratore della Repubblica di Savona, Alberto Landolfi, decano e memoria storica dei “fenomeni mafiosi” savonesi.
Noi ci fermiamo a questo punto perché probabilmente chi sa ritiene prudente tacere. Ci riferiamo, ad esempio, ai penalisti storici. Ad alcuni commerciasti “storici”. Ai loro “segreti professionali”. Tra l’altro, mentre si “litiga sull’omertà”, il “partito del cemento” continua i lusinghieri successi. Aumenta il numero dei proseliti.
La tutela del territorio, a tutela delle future generazioni e della sopravvivenza idrogeologica, è pure un cavallo di battaglia perdente sul piano elettorale. Fanno carriera e conquistano potere i “boss” della politica che non perdono occasione, soprattutto pubblica, per denigrare gli “avversari”. Questa non è la mafia della lupara.
Luciano Corrado
IL SECOLO XIX – PRIMA PAGINA DEL 3 MAGGIO 1973