Ti accingi a percorrere in auto il capo di Borghetto S. Spirito in direzione levante ed hai già messo in conto i cantieri che, ormai cronicamente, bloccano il traffico e causano lunghe code. Lavorano per noi (forse) ed accetti il logorante go and stop. In più puoi ammirare comodamente il panorama, tenendo però il campo lungo (meglio non abbassare gli occhi verso la parte pianeggiante, invasa e devastata dal cemento).
di Filippo Maffeo
Meglio concentrarsi sul mare e percorrere con gli occhi la costa: la Caprazoppa, il Capo di Noli, e poi, spesso sfumato, il capo di Portofino. Nelle giornate terse è tutto più vicino, puoi quasi toccarli con mano. Se sei fortunato, in alcune giornate invernali, voltando lo sguardo a sud-est, puoi anche scorgere nitide sul fondo, le cime dei monti della Corsica. Guarderai, però, la costa prossimamente, perché oggi il traffico è, insolitamente, scorrevole. Agguanti la salita col motore che gira rotondo e prosegui spedito, quando, dietro la prima curva che volta a sinistra, ti viene incontro una sagoma, alta ed imponente, che incombe sulla strada. Un semaforo, nuovo di zecca.
Un semaforo sul capo, in prossimità dell’accesso viario al “castello” Borelli. Castello. Un nome improprio per quella costruzione, che con i castelli veri ha in comune soprattutto la difficoltà d’accesso. Un edificio che non è mai stata né fortilizio né palazzo fortificato. Niente a che fare con i vicini (e veri) castelli di Loano o Balestrino o di Noli, tanto per fare degli esempi a portata di mano.
No, no, non è un castello. Ne ha solo la parvenza. In realtà è un edificio recente, di fine ottocento, in stile neo gotico. Una dimora in posizione panoramica, bella e sontuosa. Voluto e realizzato come “buen retiro” da Bartolomeo Borelli, nato l’ 11/6/1829 a Pieve di Teco (all’epoca nella Provincia di Porto Maurizio) e morto il 19/7/1905 a Borghetto S.S., all’epoca in Provincia di Genova). Senatore del Regno su proposta dei deputati Berio Giuseppe e Del Vecchio Pietro e del Prefetto di Porto Maurizio, Bermondi Edoardo.
Politico per passione, ingegnere per professione, fu direttore, tra l’altro, dei lavori per la costruzione del tunnel ferroviario del Frejus; si occupò con passione delle ferrovie liguri. Consigliere comunale a Pieve di Teco e poi a Borghetto S.S.. Deputato per cinque legislature, portato alla Camera, nella Sinistra storica, per quattro volte dagli elettori di Oneglia ed una da quelli di Porto Maurizio. Deputato, dal 1865, per cinque legislature consecutive e poi, dal 1882 sino alla morte. Un benefattore che donò a Pieve di Teco l’edificio per le scuole e la casa di riposo, perché i pievesi dovevano studiare e curarsi gratuitamente. Purtroppo il nipote morì in tenera età e la figlia ebbe la sventura di maritarsi con uno che aveva il vizio del gioco e che sperperò ogni avere; gli eredi non furono all’altezza degli avi ed il patrimonio familiare, in una col castello, andò in rovina. Il pregevole palazzo familiare di Pieve fu acquistato da quel Comune e ne divenne sede; col ricavato la figlia del senatore, ormai in povertà e malata, poté far fronte agli impegni quotidiani, primo dei quali le spese per il proprio ricovero in ospedale.
Pensi al castello ed alla triste sorte degli eredi del senatore e ripensi al semaforo, nuovo di zecca.
Un semaforo sul capo, a pensarci bene, non è una rarità, anzi. L’Italia è piena di semafori e fari su innumerevoli capi; rendono più sicura la navigazione marittima. Però un semaforo stradale sul capo stupisce, specie se disciplina l’accesso alla statale di pochi abitanti di un solo edificio ora in condominio; pregevole quanto vuoi per l’illustre passato, ma sempre condominio privato e per di più piccolo, una manciata di residenti o proprietari di seconda casa.
Un oplà e via, il cervello comincia a macinare altre sensazioni, interpretazioni di condotte passate ed attuali e previsioni sul probabile nuovo (ineliminabile?) intralcio alla circolazione.
Si sa, i capi si scrutano reciprocamente; specie in Liguria un capo segue l’altro, a breve distanza.
Un capo chiama l’altro. E da un capo passi all’altro.
Parti dal semaforo sul capo e non riesci ad evitare la deviazione (ci sarà pure un motivo, ma quale?) sul capo in diversa accezione; il capo nel senso di parte più elevato del corpo umano. E ti ritrovi a pensare a ciò che si usa mettere sui capi in questa diverso significato, pensi ai copricapi.
Dal semaforo sul capo al cappello sul capo il passo è breve, il tempo di un oplà. Il cappello, che, in fogge varie, completa l’abbigliamento, individua la funzione, definisce la persona, determina i comportamenti. Cambia il cappello e cambia la persona sottostante. La paglietta di Maurice Chevalier e di Nino Taranto la coppola di chi imbraccia un fucile a canne mozze, il tocco di chi porta l’ermellino, il cappello del gendarme, il tricorno del curato, il passamontagna calato sul volto prima della rapina, il cappuccio forato soltanto all’altezza degli occhi di chi porta il grembiulino e disegna col compasso i destini del mondo o di un Comune.
Dimmi il cappello delle tue aspirazioni, quello a cui tendi la mano e ti dirò chi sei.
Il cappello descrive e qualifica i personaggi.
Come i fari, i semafori ed i fari sul capo, anche il cappello sul capo evoca emozione e comunica messaggi.
Ritorniamo ai fari ed ai semafori di vario genere sui capi.
Trasmettono informazioni e rendono manifesto il terreno su cui si elevano.
Come il semaforo marittimo di Capo Figari, in Sardegna.
Come il recente semaforo stradale di Capo Santo Spirito, a noi più vicino, in Liguria.
Ogni capo ha il faro che merita.
Il semaforo di capo Figari veniva utilizzato da Guglielmo Marconi per controllare il buon effetto degli esperimenti di telecomunicazione e per verificare, dall’Elettra, il collegamento, in onde corte, da quel capo a Rocca di Papa.
Anche il semaforo di Capo Santo Spirito trasmette segnali. Meno luminosi e brillanti, magari, rispetto a Capo Figari, ma non per questo insignificanti. Ah, perché il padre delle comunicazioni, annoverato tra i maggiori benefattori dell’umanità, perché Marconi non legò non legò attraverso l’aere, ad onde corte, o magari cortissime, il Capo Santo Spirito con fronteggiante Capo Corso? Forse perché il dito della Corsica preferisce il capo dell’Arma, quello di Portofino, che inequivocabilmente indica.
E Marconi ben lo sapeva, posto che soleva lasciare a Portofino l’Elettra e tra Portofino e Santa Margherita installò le prime (al mondo) antenne paraboliche, antesignane della televisione e delle trasmissioni digitali. Marconi stazionava abitualmente in Liguria. Da Genova, con un segnale radio, accese persino le luci nell’australiana Sidney, agli antipodi. Ma non pose mai la sua attenzione su Capo Santo Spirito. Quindi la lotta è impari, ma la speranza va conservata. Chissà, forse le azioni del Sindaco di Borghetto potranno dare lustro al semaforo borghettino e riusciranno a ridurre il gap con quello sardo.
Capo Santo Spirito chiude a ponente il “golfo” di Loano, subito Borghetto Santo Spirito, borgo fondato, a ridosso del capo, da Albenga nel 1288 e una decina di anni dopo cintato da mura, a difesa della piana ingauna dalla confinante e doriana Loano. Borghetto, cittadina ridente con un recente passato tumultuoso, sotto il profilo edilizio.
Negli anni 60 del secolo scorso, gli anni del boom economico, tutta la fascia costiera tra il borgo storico ed il confine con Loano (fin quasi nell’alveo del rio di confine tra i due Comuni) fu invasa dal cemento, prima della legge Lucifredi. Restò esclusa la zona a ridosso del Castello Borelli, verosimilmente per “impraticabilità del campo”, considerata la natura impervia dei luoghi e le pendenze da brivido e la difficoltà d’accesso. Edifici anonimi, senza ordine e coordinamento nascevano ovunque, incollati tra loro, sulla sabbia ed a ridosso dei binari e della statale. La rapallizzazione del ponente savonese. Uno scempio urbanistico ed un feroce oltraggio alla bellezza naturale dei luoghi. I condomini spuntavano ovunque, con i nomi più fantasiosi. Uno, in particolare, si segnalava per un nome poetico ed evocativo del mare: Albatros.
Il nome degli uccelli con la maggiore apertura alare in assoluto, oltre tre metri e mezzo. Uccelli mai visti nel Mar Ligure e neppure nel Mediterraneo e neppure nell’Atlantico, perché vivono negli oceani meridionali. Un ligure poteva averli visti solo in fotografia e, magari come marittimo, nel corso di una navigazione nell’altro emisfero. Uccelli resi famosi, però, da Baudelaire e dalla sua arte poetica. A quel nuovo palazzo i costruttori assegnaro nome esotico, forse perché formato da due grandi ali. “Les Albatros, vastes oiseaux de mers, qui suivent, indolents compagnons de voyage, le navire glissante sur les gouffres amers” scriveva il poeta.
Ma non solo gli abissi (les gouffres) possono diventare “amari” (amers). Oggi, a ridosso del Palazzo comunale, possiamo “ammirare” una piazza, insolita per estensione e non solo rispetto al territorio borghettino. Una piazza spaziosa, che dà luce ed aria agli edifici circostanti. Purtroppo, e chi è “diversamente” giovane lo ricorda ancora con amarezza, la piazza è il frutto “amaro” di una tragedia, avvenuta in un dolce ed odoroso giorno di primavera, nel maggio del 1965. Un’ala del condominio “Albatros” collassava e travolgeva gli operai in quel momento nel cantiere. Dodici persone videro la morte negli occhi e solo cinque riuscirono a sopravvivere. Sette vite innocenti, rapite sul lavoro. L’ala superstite, pericolante, fu demolita poco dopo con l’esplosivo. La piazza ricavata sul sedime, non a caso, è intitolata ai caduti sul lavoro. La Borghetto dell’ebbrezza del cemento, complice una classe politica inadeguata, riuscì a fare strame di natura e uomini.
Borghetto “vanta” anche un secondo primato negativo. E’ la sola ad avere due semafori, sulla statale Aurelia, a distanza ravvicinata; meno di 100 di metri, per esattezza 78 metri, uno dall’altro. Sarà per i due semafori mal coordinati tra loro, sarà per ragioni imperscrutabili, ma il fatto oggettivo rimane: la formazione di code chilometriche, in particolare in direzione levante, con code di veicoli che spesso partono dall’abitato di Ceriale. Nei Comuni della zona (Finale, Pietra, Loano, la stessa Alassio), anch’essi con la statale ridotta a via comunale, un disservizio analogo e così grave non è riscontrabile. Restando a Borghetto, a semafori spenti, o lampeggianti col giallo, il traffico recupera la perduta fluidità. Parrebbe di capire, posto che anche gli altri comuni citati hanno a loro volta più semafori, che la colpa sia da ascrivere alla cattiva gestione degli impianti semaforici borghettini.
A questi “primati” oggi si aggiunge il “semaforo sul capo”, che non disciplina un incrocio di strade pubbliche. Fatto inedito, che non trova riscontri nei dintorni e neppure in altre zone, a levante o a ponente, della pur congestionata riviera ligure. Men che meno si riscontra qualcosa di analogo sulla vicina “Cote d’Azur”. Un semaforo che vigila, a prima vista, il traffico (pare solo pedonale) in entrata ed in uscita da un singolo (e privato) condominio. Occorre convenire: è davvero un fatto inconsueto, inusitato ed originale. Un intervento pubblico e su strada pubblica di difficile comprensione, anche perché, all’evidenza, è destinato a rallentare la già asfittica circolazione dei veicoli sulla statale. Una previsione naturale e facile. E ti scende, irrefrenabile, come alla ragazza di Bobby, una “lacrima sul viso”.
Ma lasciamo le divagazioni, che a volte solcano i mari come i messaggi in bottiglia o come romantici velieri che evocano dolci ricordi del passato.
Proviamo a considerare la questione con pragmatismo.
Perché il semaforo sul capo? Chi si è messo in capo di farlo ed è riuscito nell’intento?
Leggendo la cronaca locale di “Trucioli” par di intravvedere la risposta (o forse una risposta) nella recente e pubblica dichiarazione del Sindaco di Borghetto. Una giustificazione che potrebbe, chissà, avvicinare in “nobiltà” il semaforo di Capo Santo Spirito al semaforo di Capo Figari: il semaforo per favorire la cultura dell’ambiente ed il comodo e sicuro accesso ad un nuovo e molto esteso parco urbano, azzerando e-o riducendo i pericoli del traffico stradale.
Il Sindaco, sinteticamente, ci spiega che quel semaforo:
- è stato approvato dall’ANAS;
- è destinato a regolamentare solo il traffico pedonale;
- viene realizzato, in una con lo zebrato sulla strada di attraversamento pedonale, per impedire che gli imprudenti pedoni, diretti alla stradina che porta al “castello” Borrelli, possano attraversare la statale scavalcando il muretto di delimitazione ed il guard-rail;
- strisce pedonali ed impianto semaforico hanno la “preminente” finalità di assicurare l’accesso alla nuova “ampia” piazza pubblica nei pressi del castello e, soprattutto, al nuovo ed amplissimo parco urbano.
- La soluzione adottata (impianto semaforico) è risultata l’unica praticabile in concreto.
Per aiuto alla memoria e per evitare fraintendimenti, si possono leggere, di seguito, le affermazioni del primo cittadino di Borghetto, secondo l’articolo di Trucioli. “Ma per essere più precisi prendiamo a prestito una risposta che il Sindaco Giancarlo Canepa aveva dato in seguito alle osservazioni ricevute da un cittadino. Eccole: Le opere di urbanizzazione non possono essere certamente considerate come un risarcimento per i possibili futuri disagi causati dal semaforo pedonale, ma sono frutto in parte delle leggi e del regolamento edilizio che dettano i criteri per quantificarle e in parte della convenzione sottoscritta. Nello specifico ci tengo, per l’ennesima volta, a precisare che il permesso di costruire è stato sottoscritto a settembre 2016 dall’allora Commissario Prefettizio Dott. Santonastaso sulla base della conferenza dei servizi approvata dall’amministrazione Gandolfo a maggio 2016. Quindi nessun titolo edilizio è stato rilasciato e nessuna convenzione è stata approvata dalla mia amministrazione. In compenso ci siamo trovati a dover affrontare la grana dell’accesso pedonale pubblico che non riguarda solo la struttura residenziale e la futura struttura ricettiva ma soprattutto la piazza e il parco urbano. Responsabilmente abbiamo esplorato tutte le possibili ipotesi:
- A) Passaggio sotto la sede stradale dove presente la vecchia scalinata che portava al mare: non praticabile perché classificato come rio e quindi, da piano di bacino non può esservi posizionato nessun manufatto
- A) Tunnel sotterraneo dalla scalinata di Piazza Pelagos con ascensore: bocciato per interferenza con il tunnel ferroviario.
- C) Attraversamento sospeso sopra la via Aurelia con ascensore: bocciato dalla Soprintendenza. Mi sono recato personalmente a Genova, purtroppo senza successo, per caldeggiare questa ipotesi che sia il sottoscritto che la società riteneva la migliore soluzione in assoluto.
- D) Semaforo pedonale a chiamata con funzionamento temporizzato: autorizzato da ANAS, ente proprietario della strada, noi abbiamo aggiunto, come prescrizione, tutta una serie di cartellonistica e soprattutto (extra oneri) la posa della pubblica illuminazione a led fino al confine con Ceriale.
L’alternativa a regolamentare l’attraversamento con un semaforo pedonale era ignorare il problema che un gran numero di persone avrebbe comunque scavalcato dalla passerella per accedere a piazza e parco urbano pubblico con un rischio elevatissimo per l’incolumità delle persone. Quindi il semaforo può sicuramente non piacere ma rimane l’unica opzione. L’importo degli oneri di urbanizzazione è di c.ca € 1.250.000 con opere a scomputo quasi completamente ultimate, manca solo il marciapiede a sbalzo sulla via Aurelia di cui si è in attesa del nulla osta definitivo da parte delle FFSS. Le opere sono le seguenti:
Piazza pubblica centrale 2100 mq
Parco Urbano 270.000 mq
Marciapiede (250 metri lineari) a margine via Aurelia che deve innestarsi sull’attuale passerella con realizzazione di un belvedere
Fognatura 340 metri lineari
Viabilità di accesso 520 m
Inoltre, in aggiunta, è stato sistemato anche il sentiero di accesso al parco urbano da via Pascoli.I lavori della parte turistico-ricettiva sono attualmente sospesi e i relativi titoli edilizi scaduti, di conseguenza è stata concessa un’abitabilità parziale alla parte residenziale, in regola con i propri titoli edilizi.”
La sottolineatura non compare nel testo originale; è stata aggiunta per evidenziare gli aspetti problematici e-o opinabili o le asserzioni poco convincenti.
Procediamo con ordine.
- Autorizzazione ANAS: è un dato oggettivo, incontrovertibile. Perché il Sindaco la sottolinea?
Forse per sostenere che se l’ANAS, ente tecnico, autorizza non ci sono riflessi negativi sulla scorrevolezza del traffico? Non possiamo saperlo; possiamo solo rilevare che sulla formazione o meno di ostacoli al flusso veicolare il Sindaco tace, magari perché pensa di toglier uno dei due semafori (a 78 metri uno dall’altro) che oggi troviamo nei pressi e proprio a ridosso del Palazzo Comunale. Non possiamo saperlo, ma possiamo chiederci se l’ANAS è intervenuta d’iniziativa o su richiesta. Nel secondo caso sarebbe interessante conoscere il nome del richiedente; in entrambi i casi sarebbe utile sapere se il Comune ha espresso un parere e, eventualmente, quale. E la Prefettura è intervenuta o no?
- Il Sindaco elenca le soluzioni teoriche prospettate per risolvere il problema dell’accesso al nuovo condominio ed alla nuova piazza. Facciamo, per cominciare, una constatazione banale: tra tutte le soluzioni possibili l’unica possibile, quella realizzata, è, e di gran lunga, la più economica. Benignità della sorte? A volte capita, ma non sempre. Sorvoliamo su questo che, magari, è solo un banale dettaglio. Passaggio sospeso sull’Aurelia, gradito al Sindaco ed alla Società costruttrice, ma bocciato dalla Soprintendenza. Peccato. Analizzaziomo un’altra soluzione scartata, quella che prevedeva un tunnel sotterraneo dalla scalinata di Piazza Pelagos con ascensore: bocciato per interferenza con il tunnel ferroviario, scrive il Sindaco. Quindi, par di capire, se non ci fosse stata la sciagurata interferenza col tunnel, questa sarebbe stata una soluzione praticabile. Molto costosa, forse la più costosa, ma praticabile, se il tunnel ferroviario non ci avesse messo lo zampino. Ma se è davvero così, vien da chiedersi, perché, nel rincorrere ipotesi che si sapeva già in partenza impraticabili, non si è pensato ad un accesso diverso, ostinandosi a cercare, per “conquistare” il castello, soltanto un passaggio a sud, dal mare? E’ vero che i pirati barbareschi arrivavano dal mare, ma il Castello condominio può essere preso anche da terra, da altri lati. Perché non pensare ad un sentiero pedonale (con o senza ascensore e-o tunnel), da est, partendo dal piccolo parcheggio che si trova a monte dell’Aurelia, ove finisce via al Capo s. Spirito, adiacente alla prima curva a sinistra sul capo, in direzione Ceriale. Un sentiero pedonale se possibile tutto in superficie, verosimilmente meno costoso del tunnel e dell’ascensore che dovrebbe colmare il non piccolo dislivello di quota (almeno 24 metri, da quota 6 di Piazza Pelagos, a quota 30 dello slargo dinanzi al Castello).
Domanda destinata, verosimilmente, a restare senza risposta, anche perché la sola opzione logica (e verosimilmente la sola veramente considerata, sempre, la sola in campo sin dall’inizio, anche senza voler far del dietrologismo) è quella realizzata, quella meno costosa. E’ vero, il semplice attraversamento pedonale, non protetto da semaforo, sarebbe costato ancor meno, ma riesce difficile pensare che qualcuno, sia pure per un attimo, possa averci pensato. Ma se è così perché far riferimento a soluzioni megagalattiche e fantascientifiche?
Non sappiamo quanto costerà alle casse pubbliche il nuovo parco del Piccaro. Sappiamo però che la ditta costruttrice decanta nei messaggi promozionali, la posizione panoramica, unica in Liguria, del complesso, “ a picco sul mare ed immerso nel verde del Parco del Piccaro”, si legge testualmente. Il condominio immerso nel parco si accolla, in tutto o in parte, le spese di manutenzione o queste spese saranno, per intero, a carico del Comune di Borghetto? Di chi è (escludendo la parte riservata al futuro albergo di lusso, sempre che venga poi realizzato), di fatto, il parco al quale il pubblico potrà accedere? Chi lo cura e mantiene?
Un’ultima notazione. Il Sindaco non spende una parola sull’accesso veicolare al Castello. Eppure l’amministrazione è riuscita ad ottenere un pugno di parcheggi ad uso pubblico vicino al Castello. Il Sindaco parla esclusivamente del passaggio pedonale. Potranno i veicoli (quelli dei residenti e quelli dei comuni cittadini che intendono raggiungere in auto il parco, approfittando della peraltro limitata , quasi inesistente, possibilità di fruizione dei pochissimi parcheggi pubblici di nuova realizzazione) entrare ed uscire e, se sì, come e, soprattutto, quando? Quando la lanterna semaforica mostra il rosso ai veicoli sull’Aurelia ed il verde ai pedoni? O, all’opposto, quando i pedoni sono bloccati e i veicoli sulla statale liberi di procedere? Nel primo caso parlare di semaforo per i pedoni è fuorviante (posto che anche i veicoli in entrata ed in uscita dal Castello ne beneficiano). Nel secondo caso ogni manovra di entrata o uscita metterebbe in serio pericolo la circolazione (chi transita sull’Aurelia, alla vista del verde, procede con la certezza che la marcia per lui è libera, senza possibilità di immissioni di veicoli o pedoni sulla carreggiata).
Consoliamoci con una speranza; conserviamo l’illusione che il nuovo semaforo possa disciplinare, per evidenti ragioni di sicurezza, sia il traffico pedonale che quello veicolare e, in compenso, come risarcimento e rimedio al nuovo (e non irrilevante) rallentamento, il Sindaco riesca ad eliminare uno dei due semafori ravvicinati di Borghetto.
Un semaforo sul capo ed uno in meno nel centro.
Filippo Maffeo