Leggendo l’ordinanza N° 02 del 22 febbraio 2019 emessa dal Comune di Vezzi Portio al fine di “prevenzione dei rischi connessi alla presenza e alla circolazione degli ungulati servatici nell’ambito urbano del comune”, emergono alcune perplessità. Nel “cappello” iniziale si legge che nel centro urbano si verificano spesso avvistamenti di esemplari di ungulati; si fa riferimento esplicito alla specie cinghiale. Nell’ambito urbano s’incontrano anche Caprioli, Daini, Cervi e da ultimo alcuni avvistamenti di Camoscio.
Il Camoscio Appenninico è la varietà appenninica del camoscio alpino, [da: la fondazione UNA – uomo natura ambiente] presente solo nel parco nazionale dei monti Sibillini, nel Parco Nazionale del Gran Sasso, nel Parco Nazionale della Majella e in quello d’Abruzzo, quest’ultimo area originaria da cui sono stati reintrodotti i camosci ; ma come il Lupo le specie si spostano vuoi per l’antropizzazione (dal greco ànthrōpos uomo) dell’ambiente naturale da parte del genere umano, vuoi per la ricorrente deforizzazione che ha come immediata conseguenza l’intensificarsi dell’effetto serra. Le piante e gli alberi, mediante il processo di fotosintesi clorofilliana, trasformano l’anidride carbonica presente nell’atmosfera in ossigeno: il disboscamento quindi determina un aumento di CO2 e di conseguenza un acuirsi del surriscaldamento globale; determina, anche, cambiamenti nel clima (anche delle singole regioni) e aumenta il dissesto idrogeologico: questo significa che c’è un intensificarsi di frane, alluvioni e smottamenti sempre più elevato; non da ultimo un aumento di vasti incendi. Abbattendo le foreste, numerose specie di animali e vegetali rischiano l’estinzione definitiva e anche da questo punto di vista i mutamenti sul nostro ecosistema sono notevoli.
Tornando sull’argomento Camoscio, diciamo che altri suoi “fratelli” vivono sui Pirenei e sui monti Cantabrici, in Spagna. Originario dell’Asia, comparve nel nostro territorio all’inizio dell’ultima glaciazione. Preferisce stabilirsi nelle zone alpine e subalpine, ma non ha preferenze particolari fra foreste o roccia, prati o terreni scoscesi. Le reintroduzioni sono partite nel 1991, col rilascio di centinaia di capi dal Parco Nazionale d’Abruzzo. Sono stati stimati circa 1200 esemplari, un dato notevole se si considera che ha rischiato l’estinzione in seguito alle due guerre mondiali.
Il Cinghiale è la specie più diffusa essendo presente nell’83,5% delle province italiane, segue il Capriolo con il 64,1%, il Daino con il 52,4%, il Cervo con il 44,7%, il Muflone con il 32%, il Camoscio alpino e lo Stambecco rispettivamente con il 21,4 ed il 14,6% ed infine il Camoscio appenninico con il 3,9%. La diffusione di Camoscio e Stambecco nelle province interessate ad almeno un tratto di catena alpina è assai elevata, e raggiunge il 95% di province per il Camoscio ed il 71% per lo Stambecco. Se puntiamo l’attenzione sull’Italia non si può non notare la ricchezza delle specie di ungulati presenti, con una maggiore biodiversità nell’area centro settentrionale ed una maggiore povertà di specie a Sud, dove resistono solo alcune specie endemiche in dei luoghi poco antropizzati.
“Gli interventi di controllo della fauna selvatica effettuati in ambito urbano avvengono previa ordinanza prefettizia o sindacale, con la presenza ed il coordinamento di agenti od ausiliari di pubblica sicurezza; gli interventi effettuati in deroga ai divieti di cui all’art. 21 comma 1, lett. e) della L. 157/1992 e s. m. e i. , avvengono con la presenza ed il coordinamento di agenti di pubblica sicurezza”. La DGR 226/2018 ai sensi art.36 L.R. 1 luglio 1994, 29, art. 4 comma 1, stabilisce e ribadisce che “gli interventi di controllo del cinghiale in aree urbane, nelle quali la presenza della specie può arrecare pericoli per la pubblica incolumità e per la sicurezza della corcolazione” ….”e sono svolti con la partecipazione ed col coordinamento degli agenti della Vigilanza regionale che possono avvalersi delle Guardie comunali; gli interventi di cui al comma I possono essere effettuati in deroga ai divieti di cui all’art. 21 comma 1, lett. e) della L. 157/1992″.
Agenti della Vigilanza regionale e/o Guardie comunali, giusto quanto la normativa sancisce, ma quale vigilanza? Ogni mese transita un’auto della vigilanza provinciale, auto che assomiglia a quelle in dotazione alla Polizia urbana, naturalmente in ore inusuali per le “passeggiate” degli ungulati. Questi preferiscono le ore tarde pomeridiane o mattutine, difficilmente si vedono di giorno; sono animali che si ricordano che sulle rotabili passano autoveicoli.
L’ordinanza prosegue con il Richiamo della Nota della Prefettura di Genova – Ufficio Territoriale del Governo prot. 13134 del 10 marzo 2017 ad oggetto “Regione Liguria vigilanza ittico-venatoria” nella quale il Prefetto, informando contestualmente i Prefetti della Liguria, rappresenta che il Ministero dell’Interno. Reso edotto della questione, ha espresso l’avviso che il personale delle polizie provinciali e metropolitana trasferito alle dipendenze della Regione “conservi le stesse qualifiche, che aveva nel più ristretto ambito provinciale, anche nel più ampio ambito territoriale di competenza regionale, continuando a svolgere le stesse funzioni senza la necessità di provvedimenti prefettizi di nuova attribuzione, di estensione o di conferma della validità delle qualifiche già possedute”.
Alla luce di quanto sopra detto: “ORDINA
1 – È fatto divieto a chiunque di fornire alimenti e scarti alimentari agli animali selvativi, in particolar modo agli ungulati appartenenti alla specie “Sus scrofa”, nome comune “cinghiale”;
2 – Tutti gli abitanti e proprietari dei terreni prospicenti le strade del Comune di Vezzi portio sono tenuti a mantenere puliti e sgombri i terreni stessi dalla vegetazione infestante, allo scopo di prevenire il crearsi di condizioni ecologiche favorevoli alla penetrazione e all’ambientamento dei cinghiali;
INCARICA – gli agenti della Vigilanza faunistica regionale, nonché gli altri soggetti che, in base alla normativa vigente, possono essere coinvolti, di tomuovere gli esemplari di “Sus scrofa” adusi a frequentare le aree urbane in cerca di cibo, con i metodi ritenuti di volta in volta più efficaci in relazione alle circostanze, avuto riguardo all’esigenza prioritaria di garantire l’incolumità delle persone, compresa quella degli stessi addetti alle operazioni, nonché l’integrità delle cose”.
Esaminiamo ora i due commi nel quale “ORDINA” è suddiviso. I danni degli ungulati, alla ricerca di cibo, non si riscontrano solo con ” a chiunque di fornire alimenti e scarti alimentari”: i “Sus scrofa” entrano negli orti anche se sono recintati, sono migliori delle talpe nello scavare gallerie e bypassare le recinzioni [profondità ≈ 0,50-1,00 m]; se ci sono pollai, il cibo per i polli sono “manna” per loro. Gli altri ungulati hanno anche il dono di “saltare”. Il cibo se lo cercano loro, non aspettano che glielo portino!
Da “La Stampa” – Cortemilia – Cuneo – “Neanche i recinti elettrificati bastano a tenere lontano gli animali selvatici. I cinghiali adulti li saltano, entrano dentro i coltivi, tirano giù i rami delle piante di nocciolo e mangiano i frutti. I piccoli li seguono passando sotto la recinzione. È una situazione che aumenta in maniera esponenziale e gli agricoltori vedono andare in fumo anni di lavoro. Chiediamo aiuto alle istituzioni e più battute di caccia, anche di poter sparare in autonomia”. Giuseppe Molinari, presidente del comitato di tutela per i danni da selvatici, riceve molte segnalazioni da parte di corilicoltori che proprio in prossimità della raccolta, si trovano in forte difficoltà. Ammontano a milioni di euro, infatti, i danni da cinghiali, caprioli e ghiri ai noccioleti, ma anche ai vigneti e agli appezzamenti coltivati a mais di Langa e Roero. Coldiretti e Confagricoltura parlano di una emergenza, intensificata in questo periodo dalla siccità. Gli animali, infatti, spinti dalla fame e dalla sete, si spostano maggiormente, in branchi e di notte, scavando buche e devastando tutto ciò che incontrano. Le mamme, inoltre, stanno insegnando ai piccoli a nutrirsi. Le zone più colpite sono i territori dell’Alta Langa e della Langa Monregalese, della Valle Bormida, della Valle Uzzone e del Roero Braidese, ma tutto l’arco alpino cuneese è coinvolto.
È una calamità, di fronte alla quale l’agricoltore non ha mezzi per difendersi – denunciano il presidente Delia Revelli e il direttore Tino Arosio di Coldiretti Cuneo -. Per quanto riguarda le nocciole, in Provincia operano cinquemila aziende su una superficie di oltre 14mila ettari. Se il fenomeno non venisse arginato, le imprese rischierebbero ripercussioni gravissime. Sollecitiamo il Servizio di vigilanza provinciale ad intervenire nelle ore notturne con strumenti idonei, ma soprattutto l’anticipo dell’apertura della stagione di caccia». Bruno Morra è in pensione dopo una carriera da medico alle Molinette: «A Niella Belbo ho impiantato nel 2008 un noccioleto di 6 giornate che i cinghiali, eludendo le recinzioni elettriche, mi hanno distrutto. Ho riempito coi rami rotti ben 15 cassoni del pick up. Inoltre il pericolo di essere attaccati dalle mamme coi cuccioli non è da sottovalutare». Aggiunge Marcello Gatto, rappresentante Coldiretti nel comprensorio di caccia Atc Cn5: «È fondamentale aumentare le battute agli ungulati anche per il rischio di incidenti stradali e problematiche sanitarie»”.
Medesima situazione su tutto il territorio di Vezzi Portio e Comuni limitrofi, anche se, come dice l’Amministrazione, occorre tenere puliti i fondi dalla vegetazione infestante. E a proposito di questo problema c’è da segnalare che i terreni si affacciano non solo sulle strade comunali ma anche sulle strade provinciali, dove tra l’altro alcuni terreni non sono di proprietà di un unico possessore, uno in particolare ne ha bensì 53; a chi tocca pulirlo? L’incarico al Servizio di vigilanza provinciale, anche nelle ore notturne con strumenti idonei, è una teoria avveneristica. Alcuni Comuni, in forma consorziata, potrebbero istituire una corporazione di lavoratori che per conto dei Comuni stessi facessero il lavoro di pulitura e che tale lavoro venisse retribuito attraverso l’addebito ai singoli proprietari dei fondi. Sia ben chiaro, però, che lo spoglio degli alberi, sopra tutto da frutto, uva compresa, gli orti e qualsivoglia verdura tenera sono sempre alla mercè di tutti gli ungulati ungulati, presenti sul territorio.
Alesben B.