Caro trucioli, dalla Svizzera, continuò a leggere il vostro blog alla ricerca di notizie della mia terra e di quella dei miei avi. Mi sono imbattuto in un blog che rievoca uno dei primi fatti d’arme della resistenza ligure, che fa spicco per lo sfoggio di crudeltà dispiegato dai partigiani: la strage di Stellanello del 10 giugno 1944. Io ero là e ricordo vari particolari, come il crepitio degli spari. Avevo solo nove anni, quindi la memoria vergine che cattura e fissa ricordi indelebili. In tempi successivi ebbi modo di raccogliere notizie dalla “vox populi”. E queste – come le prime – sono ancora vive nella mia memoria. Suggerisco di leggere il resoconto, che giudico fedele e forse potrei aggiungere qualche particolare che é sfuggito al cronista. Per non dimenticare.
La strage di Stellanello 10 giugno 1944
Stellanello è un piccolo comune della provincia di Savona, a metà strada tra il mare e l’alta via dei monti Liguri, il 10 giugno del 1944 fu teatro di un eccidio di un plotone di giovanissimi militari , tutti al di sotto dei 20 anni, che vestivano la divisa della G.N.R. Appartenente al IX Battaglione Genova, si tratta di 18 ragazzi con armi individuali e del loro comandante un sottotenente, Filippo Mugavero. Il plotone era in zona in attività di perlustrazione, viene circondato da numerosi gruppi di partigiani e dopo un breve scontro a fuoco, si arrende.
In condizioni normali i prigionieri sarebbero trasferiti ad un campo di prigionia ma la banda partigiana che li ha presi ha bel altro in mente. I prigionieri dopo essere stati depredati dei loro effetti personali sono condotti con una marcia forzata in località Pian di Bellotto, qui intorno a mezzogiorno del 10 giugno, dopo essere stati privati delle uniformi, delle scarpe e persino della biancheria, vengono passati per le armi, contro ogni più elementare norma militare e soprattutto umana.
Molti abitanti del luogo si ricordano ancora oggi, a distanza di anni, di quella colonna di prigionieri visibilmente impauriti che camminavano lungo il sentiero che li conduceva alla morte, in particolare molti di loro avendo capito quello che stava per accadere gridavano ai partigiani di risparmiare loro la vita, ma i boia furono irremovibili. L’ufficiale che guidava il plotone dei giovani soldati, Mugavero, ferito ad un braccio da cui perdeva sangue in modo copioso, non ebbe nessuna cura medica, cosa che avviene da parte di tutti gli eserciti, anch’esso venne trascinato davanti alla canna dei mitra dei carnefici, cercò in tutti i modi di rendere più pietoso questo terribile momento, chiese i conforti religiosi per sé e i suoi soldati, ma i partigiani gli risposero che non avevano tempo da perdere.
Dopo aver raggiunto il luogo della strage, tutti i 19 militari vennero assassinati e sepolti in una fossa comune. Non si capì mai le ragioni di quest’odio feroce e irragionevole che armò le mani dei partigiani. Il sottotenente Mugavero era un Cattolico praticante e aveva guidato il suo plotone sempre con grande umanità e nel rispetto delle popolazioni locali, non aveva mai ecceduto, forse si era imbattuto in un gruppo di feroci assassini che godevano a spargere sangue di repubblichini. A distanza di un anno il fratello e la sorella del tenente Filippo Mugavero, riuscirono grazie all’aiuto di un contadino che aveva posto una grossa pietra a segnare la fossa, a ritrovare il luogo. Lo scavo portò alla luce solo irriconoscibili ossa e nient’altro, ossa a cui fu molto difficile dare un nome e distinguerle l’una dalle altre. A conforto dei parenti fu la testimonianza che il capo dei boia aveva fatto al parroco di Stellanello, quando Filippo Mugavero ebbe la certezza della morte imminente, abbracciò uno per uno i suoi militari esortandoli ad avere fiducia in Dio e a cadere da uomini, espresse parole di perdono ai suoi carnefici poi si aprì la camicia offrendosi alle pallottole, gridando “Viva l’Italia”.
Roberto Nicolick
Ottobre 2018