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Liguria e Basso Piemonte

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Altare crudele storia di Lorenzo, migrante nel Midì francese, 3 figli, innocente e ucciso: studenti del Patetta scoprono la verità


La storia di un altarese, povero migrante per un lavoro da schiavi, capitato nel posto sbagliato, nel momento sbagliato. Una lezione che oggi è più che mai d’attualità. Una piazza, una lapide. Siamo ad Aigues Mortes, un paese di ottomila abitanti nel Midi francese. La piazza è intitolata a Luigi IX, il “re santo”. Su un lato, dove nel 1893 c’era una boulangerie, oggi c’è una banca. La lapide è lì, vicino all’ingresso dell’istituto, e ricorda un linciaggio di 125 anni fa.

Ho appena assistito a una scena di un’efferatezza senza precedenti e indegna di un popolo civile. Verso le due e mezza del pomeriggio, in piena piazza Saint Louis, un povero disgraziato è stato assalito da una banda di bruti ed è stato letteralmente massacrato. I forsennati lo hanno abbandonato solo dopo avergli ridotto il cranio in poltiglia”. Anche il cronista del Journal du midi che sul numero del 18 agosto 1893 racconta ciò che ha visto il giorno prima non riesce a trattenere uno sconvolto stupore, per quello che è a tutti gli effetti un massacro in piena regola. Dove i massacratori sono i francesi e i massacrati gli italiani, in una guerra tra poveri volutamente e colpevolmente dimenticata per oltre cent’anni.

Immagine di una massacro nel Midì della Francia in un’illustrazione dell’epoca

Ad Aigues Mortes ci sono le saline e alla fine dell’800 l’economia della zona poggia in buona parte proprio sull’essicazione del sale dal canale del Midi. Il lavoro è concentrato ad agosto, prima delle piogge, e per portar via le 90 mila tonnellate di sale la Compagnia delle Saline del Midi ingaggia un migliaio di lavoratori stagionali dall’Ardeche e dalle Cévennes. Ma non bastano e così solerti caporali assoldano per conto della Compagnia anche trimards nomadi francesi e una schiera di “macaronis” italiani, soprattutto piemontesi, veneti, toscani e liguri.

L’ambiente è disumano: si lavora a cottimo, i ritmi sono massacranti, manca l’acqua potabile e c’è il rischio della malaria. Le squadre sono miste per contratto ma c’è la crisi, i caporali giocano al ribasso, molti italiens si accontentano di paghe più basse dei colleghi trimards e francesi, che cominciano ad aver paura di rimanere senza lavoro.

Probabilmente è una banale lite per l’acqua, la scintilla che fa deflagrare la bomba. Nel paese si sparge la falsa voce che gli italiani avrebbero massacrato quattro indigeni; il 16 agosto i trimards rimasti disoccupati si uniscono ai cittadini francesi e comincia una caccia al piemontais a colpi di manganello e di bastoni. Sembra la scena di un cattivo romanzo, con i cattivi che sprangano gli italiani e i buoni – l’abate Mauger, la panettiera Fontaine, madame Gouley, il capitano della Gendarmeria Cabley, il sindaco Marius Terras poi usato come capro espiatorio – che difendono i malcapitati, la polizia che tenta invano d’intervenire, l’esercito che dovrebbe arrivare e non arriva, l’assedio alle baracche, i canali intrisi di sangue e così via. Invece è tutto vero. Il numero preciso dei morti e dei feriti non si saprà mai: alla fine le vittime ufficiali sono 10: due operai non identificato, un alessandrino, tre cuneesi, un bergamasco, un torinese, un giovane di San Miniato e Lorenzo Rolando di Altare.

Di Lorenzo Rolando, fino ad oggi, si ignorava completamente l’esistenza. Gli storici non erano sicuri neppure che fosse veramente di Altare: qualcuno sosteneva che fosse nato a Lavagnola, altri che avesse barato sul luogo di nascita al momento dell’arruolamento nella Compagnia delle Saline, altri ancora che i caporali avessero equivocato sulla provenienza di questo povero figlio della fame.

La salma di Giuseppe Bonello altra vittima del massacro

E, invece, uno studio accurato condotto nell’Archivio dell’Anagrafe del Comune di Altare dagli studenti dell’Istituto d’Istruzione Superiore “Federico Patetta” – nell’ambito del Progetto Emigrazione condotto dalla scuola cairese – ha permesso di scoprire la verità. Gli studenti hanno infatti ritrovato sia l’atto di battesimo di Lorenzo Rolando sia la sua ripetuta presenza negli elenchi degli iscritti alle liste di leva; da entrambi i documenti è possibile attingere un numero rilevante di informazioni, che porta a comprendere meglio anche le cause della partenza di Rolando verso il Midi francese. Da altri documenti dimenticati è stato possibile risalire alla moglie e ai tre figli di questo povero ragazzo capitato nel posto sbagliato, nel momento sbagliato.

Grazie al lavoro degli studenti dell’Istituto di Cairo Montenotte dalle nebbie di un passato ormai lontano riemerge così il profilo di un uomo che si è trovato suo malgrado ad essere parte importante di una tragedia dell’immigrazione che tutti hanno voluto dimenticare e che, invece, contribuì a portare alla caduta del governo Giolitti e causò un incidente diplomatico che ebbe qualche rilevanza alla fine dell’800. Di più: il pogrom in cui si trovò coinvolto lo sfortunato altarese costituisce una premessa di quello che accadde nello scenario europeo nei convulsi anni – che tutti si ostinano a chiamare spensieratamente della “Belle Epoque” – che precedettero la prima guerra mondiale, fa giustizia di molte leggende sui “fraterni rapporti” che sarebbero intercorsi senza interruzioni tra gli italiani e i cugini d’Oltralpe e contribuisce a fare chiarezza sulle cause reali di tante presunte discriminazioni pseudoetniche, dove a fare realmente paura del “diverso” non è la sua provenienza ma il timore che diventi un concorrente scomodo sul mercato del lavoro. Una lezione che oggi è più che mai d’attualità.

Il riscontro fotografico del materiale d’archivio ritrovato dagli studenti sarà presentato all’interno della mostra “Pagine di storia dell’emigrazione in Valbormida”, organizzata dall’Istituto “Patetta”, di concerto con il CISEI (Centro Internazionale di Studi sull’Emigrazione Italiana) e con il patrocinio del Comune di Cairo Montenotte nel foyer del teatro comunale “Osvaldo Chebello” dal 28 al 31 gennaio 2019. Nella giornata conclusiva, nella “Sala De Mari” del Comune si terrà un convegno dall’omonimo titolo con gli interventi di Furio Ciciliot (presidente della Società Savonese di Storia Patria), Alberto Saroldi (dirigente del Museo del Vetro di Altare e presidente del Comitato per il Gemellaggio Altare – San Carlos), Stefano Mallarini (esperto in storia dei movimenti migratori nel bacino del Bormida della SSSP) e Francesco Surdich, per oltre 40 anni docente di Storia selle Scoperte Geografiche e di altre discipline storiche nell’Università degli Studi di Genova e preside emerito della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’ateneo genovese.

Massimo Macciò

 


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