Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Albenga e Pietra: va in scena Orsero family & Carige. Club a delinquere (?) da 127 milioni e 16 indagati. Il difensore: ‘Accuse fantasiose’
E in borsa Orsero vola con ricavi da record


Due notizie contraddittorie tra sabato e domenica per l’industria leader nazionale nell’import di frutta e verdura: Orsero. La Repubblica, edizione ligure, titolava ‘I conti in nero degli Orsero, 16 indagati…’. Il Secolo XIX ricordava il ‘caso Orsero’: sottratti, tra il 2006 e 2016, 127 milioni’, di cui 91 a Carige. Il Gip ha tuttavia respinto la richiesta di sequestro di somme mentre il difensore sostiene che la truffa è ‘un’ipotesi fantasiosa’ e con il fisco si è proceduto al ‘ravvedimento operoso e dichiarazioni dei redditi integrativa’. Poi la bella notizia, invece, che l’azienda, con sede ad Albenga (gli eredi Orsero abitano a Pietra Ligure, come alcuni indagati), sta volando in borsa con il buon ‘carburante per shopping e investimenti’. L’obiettivo è  superare, nel 2019, il miliardo di € di ricavi. E pensare che i più bastonati erano stati i dipendenti, molti rimasti senza lavoro. Ora clima di fiducia del mercato finanziario e  investitori. Come non rallegrarsene per un’impresa ‘rinata’ e savonese dalle fondamenta.

L’ANNO D’ORO DELL’AIM, BOOM DI RICAVI E CAPITALIZZAZIONI, NEL LISTINO DELLE PIM

LA MAGGIORE E’ LA ‘FRATELLI ORSERO’ CHE HA RIFINANZIATO IL SUO DEBITO

60 MILIONI DI PRESTITO E 30 MILIONI DI EMISSIONE OBBLIGAZIONARIA DECENNALE

Matteo Colombini e Raffaella Orsero

Aim Italia “ è un acceleratore dei progetti di crescita e competitività delle PMI ( Product Information Management), rispondendo agli obiettivi delle società di raccolta di capitale, visibilità, standing e controllo dell’impresa”. Le dichiarazioni di Matteo Colombini, ad (amministratore delegato) e cfo (Chief Financial Officer), dell’Orsero Group, sono all’insegna del migliore ottimismo.  Un gruppo, ricorda il quotidiano di Confindustria, Il Sole 24 Ore,  che per far fronte alla crisi in pochi anni era ‘dimagrito’, ridimensionato pesantemente. Liberandosi  delle attività non strategiche, dimezzando il fatturato da 1,2 miliardi a 600 milioni  nel 2015.

E’ seguita una costante ripresa  per il leader nazionale  nell’importazione  e distribuzione di frutta e verdura (700 mila tonnellate) in gran parte proveniente dal Sud America. Il ‘carburante’  è stato  l’iniezione di risorse legata alla quotazione  all’Aim, attraverso l’integrazione con la Spac Glenalta Food: 75 milioni  che hanno accelerato la crescita. Osserva Colombini: “ Questo settore è polverizzato in 5 mila operatori e la nostra volontà era anche quella di agire da polo aggregante.  Dalla quotazione avvenuta nel 2017 abbiamo già effettuato  tre operazioni straordinarie e ciò consente  un’ulteriore espansione  e l’idea di continuare a crescere”.

Dopo aver rilevato le quote di tre joint venture,  con ricava balzati a 470 milioni, il prossimo passo è sbarcare  sul segmento Star, operazione già deliberata e che si concretizzerà nel 2019 e senza richiedere nuovi capitali. E  un parterre  più ampio di investitori istituzionali. Colombini aggiunge: “La presenza su un listino  per un gruppo internazionale come il nostro è fondamentale. Abbiamo molti fornitori globali, che con un click sul sito possono vedere in tempo reale tutti i nostri numeri. Le banche ci hanno suggerito  di accelerare sulla ‘blindatura’ del contratto: rimandando ancora, ci hanno spiegato, i tassi sarebbero certamente aumentati“.

LE ACCUSE DEI PM DI GENOVA: 91 MILIONI DA BANCA CARIGE (117 RICICLATI)

SOLDI ALL’ESTERO E NEI PARADISI FISCALI CON TANTO DI SPALLONE MONEGASCO

Tutto iniziò nel luglio 2013. Gli ispettori di Bankitalia, arrivati a Genova per scandagliare Banca Carige, segnalarono quello sportello di Nizza dove le procedure antiriciclaggio erano carta straccia. E dalla filiale della Costa Azzurra dell’istituto di credito genovese sarebbe transitata l’operazione fruttata alla famiglia Orsero – imprenditori savonesi di import di frutta esotica – ben 91 milioni di euro. Un prestito secondo l’accusa mai restituito, con una parte di soldi finiti nelle loro tasche e poi riciclati all’estero attraverso società fantasma, schermate e offshore. Tant’è che la filiale era finita nel mirino della Procura di Genova fin dai giorni in cui era stato arrestato l’ex presidente di Carige Giovanni Berneschi.

Indagando su questo versante, il Nucleo di Polizia Tributaria di Genova guidato dal colonnello Maurizio Cintura ha scoperto che sui conti correnti dei paradisi fiscali monegaschi, lussemburghesi e svizzeri sarebbero finiti altri 127 milioni di euro, somme sparite dalle casse del Gf Group (società quotata in borsa) degli Orsero.

Ed ora quella che la Procura (pm Marcello Maresca e procuratore aggiunto Francesco Pinto) considera una autentica operazione di riciclaggio, appropriazione indebita e di dichiarazione dei redditi fraudolenta (truffa al Fisco), vede indagate 16 persone: l’intera famiglia Orsero, i fratelli Luciano e Gianni, i nipoti (figli di Raffaello, il fondatore del gruppo morto nel 2006 a 69 anni ) Antonio, Raffaella e Anna Chiara, tutti residenti tra Savona e Loano; Maria Grazia Cassanini, vedova di Raffaello; Sara Valle, ex fidanzata di Antonio. Nel fascicolo compaiono gli altri soci: Luigina Casti e suo figlio Pierangelo Ottonello, entrambi di Pietra Ligure; Rosetta Orione di Alassio, Anna Maria Tacchini di Pietra Ligure. Indagati anche: il dirigente del gruppo Daniele Gazzano, ; Alessandro Cavalli, titolare di una società di consulenza con sede nel Principato di Monaco; Francesco De Lorenzo, autista di Antonio Orsero. Infine, il faccendiere Angelo Bonanata, genovese di nascita ma monegasco di adozione. Tutti, a vario titolo, chiamati a rispondere di associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio e all’appropriazione indebita.

Bonanata sarebbe stato lo “spallone”, colui che avrebbe trasferito i soldi all’estero. Tant’è che la svolta a quell’indagine aperta da quattro anni è arrivata alla vigilia di Natale del 2016. Secondo gli investigatori, quei 91 milioni di euro, frutto dell’operazione finanziaria compiuta dalla famiglia Orsero ai danni di Carige, dovevano essere “lavati”. Perciò gli imprenditori di Savona avrebbero ingaggiato Bonanata per trasferirli dalla banca di Montecarlo ad un istituto di credi- to elvetico. Gli investigatori, che dal momento in cui è scoppiato lo scandalo Carige-Berneschi non hanno mai distolto le attenzioni su questa vicenda, hanno colto il faccendiere mentre stava per lasciare l’Italia e riparare a Saint Moritz: lo hanno fermato – temendo il pericolo di fuga – con un decreto firmato dal pm Silvio Franz (in quella data in organico alla Procura di Genova, ma da un paio d’anni in servizio all’Eurojus dell’Aja). Provvedimento poi confermato in arresto da parte del gip di Como.

Per l’avvocato Cesare Manzitti che difende gli Orsero, la truffa ai danni di Carige “è un’ipotesi fantasiosa” e il legale assicura che la famiglia sta finendo di pagare il debito con la banca. Sullo svuotamento del Gf Group per l’ammontare di 127 milioni di euro finiti all’estero, assicura che la società “ha fatto un ravvedimento operoso, la dichiarazione dei redditi integrativa”. Tanto che il gip Cinzia Perroni il 29 giugno scorso ha respinto la richiesta di sequestro preventivo per equivalente, ritenendo errato il calcolo dell’ammontare delle somme.

Giuseppe Filetto –  La Repubblica

E ARTICOLO SULL’EDIZIONE DI GENOVA DEL SECOLO XIX

 


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