Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Caro benzina, un litro vale un kg di insalata
avanti tutta sulla bella Toppolino amaranto
La Lega e Salvini: vogliamo abolire le accise


Oggi la benzina è rincarata, è l’estate del quarentasei, un litro vale un chilo d’insalata, ma chi ci rinuncia ? A piedi chi va ? L’auto: che comodità!

Nel mese di giugno, inizio della stagione delle vacanze, una stazione di servizio (pompe bianche si chiamano in Italia, ma da noi rarissime), quasi sempre all’ingresso in autostrada delle maggiori città dei Lander della Germania. Il gasolio si pagava 1.229 al litro, il gasolio super 1419 (il prezzo del gasolio normale in Italia), la Super plus 1519. La foto è stata scattata da trucioli ad Alzey, Rheinhessen

Il “Caro Benzina”, lo sappiamo è uno dei temi più sentiti. Se in riferimento ad una nazione è abbastanza comune analizzare quali siano le variazioni di prezzo della benzina durante un certo periodo, probabilmente può essere ancora più interessante vedere come per paesi diversi si presentano differenze sostanziali nei prezzi per il medesimo prodotto.

Dopo il 12 ottobre 2018, cambieranno le definizioni dei carburanti così come abbiamo imparato a conoscerli fino ad oggi. Si tratta di un cambiamento di denominazione dovuto al recepimento di una direttiva europea denominata DAFI (Directive Alternative Fuel Initiative) che tende ad uniformare le denominazioni valide per i diversi tipi di carburante indipendentemente dal nome in vigore in ogni singolo Paese. In pratica, la direttiva DAFI, che altro non è che un insieme di norme europee ideate al fine di promuovere una mobilità più ecosostenibile, ha voluto rendere uguali per tutti i Paesi europei le denominazioni riservate ai vari tipi di carburante. Nel nostro paese, come il solito, aumenterà il prezzo del carburante.

Secondo i dati di Cargopedia, risalenti al 31 Ottobre scorso, appare evidente che la situazione europea è quantomeno variegata. Tenendo come quota di soglia il valore medio, pari a 1,228€ al litro, è da notare come quasi tutta l’Europa centro-orientale sia al di sotto di questo valore, con Russia (0,601 €/l) e Bielorussia (0,550 €/l) a contendersi lo scettro di paese più economico, seguite a qualche decimo di Euro di distanza dal terzetto costituito da Moldavia, Ucraina e Bosnia-Erzegovina, comunque tutte e tre entro la quota piscologica di un euro al litro.Rimanendo al di sotto del prezzo medio europeo, si trovano principalmente i paesi della penisola balcanica e quelli della cosiddetta

Il tabellone che indica il prezzo di una stazione di servizio in autostrada dove in tutta Europa i prezzi sono maggiorati. In Italia ricordava l’allora ministro dell’Economia Claudio Scajola bisogna far rispettare l’indicazione dei prezzi nei tabelloni delle stazioni di servizio, elevando ai trasgressori multe e sanzioni. In realtà c’è chi continua a non esporre sempre i prezzo o fingere il mal funzionamento di un numero della cifra. La legge c’è nella patria di leggi e leggine, circolari, ma si fanno rispettare a caso, I prezzi del carburante nell’Italia e nella Liguria delle vacanze rispetto ai clienti tedeschi confermano il grave divario. Negli anni – 60/ 70 del boom economico e del turismo straniero (Centro e Nord Europa) si potevano acquistare un tot di cupons in litri scontati, accise esenti. Ed eravamo in piena espansione con migliaia di aziende alberghiere, treni speciali e giornalieri sulla tratta Nord Europa – Ventimiglia. Nel 2017, si è rivisto un netto progresso favorito dal terrorismo, nel 2018 è iniziata la discesa di arrivi e presenze. Il caro benzina ? I nostri esperti di turismo nostrano non ne parlano mai, per loro gli stranieri non badano alla spesa carburante e a quanto si legge neppure incide il costo dei bagni al mare in uno Stabilimento balneare. Per due persone una media di 30 euro al giorno che diventano 50 – 60 se si sceglie la prima fila.

“orbita sovietica” ai quali si aggiungono Austria (1,177 €/l) e Spagna (1,203 €/l), paese in controtendenza rispetto alle nazioni del centro-ovest europeo. Gli spagnoli infatti sono gli unici cittadini di questa area a poter pagare mediamente un litro di benzina meno di 1,228€. Tra le “big” europee, Germania (1,332 €/l), Gran Bretagna (1,340 €/l) e Francia (1,366 €/l) sono tutto sommato allineate e racchiuse in un intervallo di poco più di 3 centesimi, collocandosi nella fascia di prezzo medio-alta compresa appunto tra il valore medio e la quota di 1,450 €/l, pari circa al 18% di rincaro rispetto alla media continentale.

In cima alla classifica dei paesi più cari, senza troppe sorprese, si posizionano i paesi nordici guidati dalla Norvegia, prima assoluta a quota 1,684 €/l, seguita a ruota dall’Islanda (1,641 €/l), unica altra nazione sopra la barriera degli 1,6€ per litro. Se Danimarca e Paesi Bassi non stupiscono in terza e quarta posizione considerando il valore degli stipendi medi mensili del nord Europa, notoriamente tra i più alti del continente, trovare Italia e Grecia appaiate in quinta posizione con 1,521 €/l è probabilmente il dato che risalta maggiormente dal punto di vista del potere di acquisto. Da Idealista/New – Valore Degli Stipendi Medi Mensili In Europa Anno 2018. Il rapporto fa emergere tre gruppi di Paesi in base al salario medio. Nel primo livello ci sono i nove Paesi con uno stipendio superiore a 2.500 euro al mese: Austria (2.504 euro), Belgio (2.608 euro), Svezia (2.710 euro), Germania (2.719 euro), Finlandia (2.724 euro), Olanda (2729 euro) e Irlanda (2.790 euro). Lussemburgo (3.228 euro) e Danimarca (3.807 euro) hanno l’onore di registrare il più alto stipendio tra i Ventotto.

Nel secondo livello ci sono i nove Paesi con una retribuzione media inferiore ai 2.500 euro, ma superiore a 1.000 euro. Tra questi ci sono la Spagna (1.639 euro), il Portogallo (1.017 euro), la Grecia (1.023 euro), la Slovenia (1.190 euro), Malta (1.265 euro), Cipro (1.291 euro), l’Italia (2.033 euro), la Francia (2.356 euro) e il Regno Unito (2.381 euro). All’interno di questo gruppo, però, convivono ampie differenze: gli stipendi medi del Regno Unito e della Francia sono più del doppio rispetto a quelli del Portogallo e della Grecia. Infine, troviamo 10 Paesi con uno stipendio medio inferiore a 1.000 euro al mese. Tutti provengono dall’Europa orientale: Bulgaria (407 euro), Romania (563 euro), Lituania (566 euro), Lettonia (619 euro), Ungheria (686 euro), Polonia (768 euro), Croazia (824 euro), Slovacchia (845 euro), Repubblica ceca (882 euro) ed Estonia (942 euro).

Ma, come nel gruppo precedente, ci sono notevoli differenze tra loro: gli stipendi medi di Estonia e Repubblica Ceca sono più del doppio rispetto a quelli della Bulgaria, che è l’unico paese dell’Ue con uno stipendio medio inferiore a 500 euro al mese. Il caso dell’Italia ad ogni modo non deve stupire così tanto, specialmente se si tiene a mente che, rispetto al prezzo finale per il consumatore, anche a fronte di un costo industriale tutto sommato in linea con gran parte dei paesi europei, i veri fattori che determinano fanno schizzare i prezzi italiani ai vertici d’Europa sono la tassazione fiscale e le accise. Sebbene ci siano imposizioni fiscali anche maggiori rispetto all’IVA italiana, certo è che la combinazione con le accise più onerose d’Europa creano un inequivocabile e poco invidiabile primato che difficilmente altre nazioni riusciranno a togliere ai consumatori italiani.

La stazione di servizio, sulla’Aurelia, a Pietra Ligure, che da sempre si può risparmiare per i prezzi più bassi, ma nessuno lo scrive e non da oggi, il piccolo e povero trucioli insiste solitario, ma agli automobilisti interessa davvero risparmiare ?

Ogni governo, passato e presente, ha sempre pensato di correre ai ripari nel momento del bisogno per far quadrare i conti sulla finanza pubblica adoperando quel strumento che è comodo applicare: un’IMPOSTA sui carburanti, l’ACCISA. E’ facile porre tributi ma in questo caso si va ad incidere sull’ENERGIA, un bene utilizzato da tutti visto che muove il mondo attorno a noi e senza il quale non sarebbe possibile vivere e svilupparsi. Dunque come in un gioco perverso, all’aumentare del costo energetico aumentano anche tutte le cose che vengono prodotte e vendute alla gente come in una spirale inflazionistica senza fine. Ecco l’elenco completo:

  • 1935 +0,001 euro per la guerra di Abissinia
  • 1956 +0,007 euro per la crisi di Suez
  • 1963 +0,005 euro per il disastro del Vajont
  • 1966 +0,005 euro per l’alluvione di Firenze
  • 1968 +,0005 euro per il terremoto del Belice
  • 1976 +0,051 euro per il terremoto del Friuli
  • 1980 +0,039 euro per il terremoto dell’Irpinia
  • 1983 +0,106 euro per la missione in Libano
  • 1996 +0,011 euro per la missione in Bosnia
  • 2004 +0,020 euro per contratto autoferrotranvieri
  • 2005 +0,005 euro per rinnovo autobus pubblici
  • 2011 6 aprile +0,0073 euro per finanziamento Fondo Unico Spettacolo
  • 2011 1 giugno +0,040 euro per emergenza immigrati
  • 2011 1 luglio +0,0019 euro per finanziamento FUS
  • 2011 1 novembre +0,0089 euro per alluvioni Liguria e Toscana
  • 2011 6 dicembre +0,082 euro con il decreto Salva Italia
  • 2012 30 maggio +0,020 euro per il terremoto in Emilia

    Σ = ammonta a circa 0,41 euro (0,50 euro IVA inclusa)

    A tutto questo si somma la cosiddetta imposta di fabbricazione sui carburanti, che porta il totale finale a 0,7242 euro per litro per la benzina verde e 0,6132 euro per il gasolio IVA esclusa. Aggiunta anche questa, al 22%, si ottengono 0,8835 euro nel primo caso e 0,7481 euro nel secondo. Il meccanismo dell’indirizzo politico-economico è evidente nella scelta dello Stato Italiano di differenziare le accise applicate ai carburanti (dati 2018):

  1. benzina [E7] a: 728,40 € per 1000 l
  2. gasolio [B7] : 617,40 € per 1000 l (416,00 € per 1000 l nel 2006)
  3. GPL [LGP] : 267,77 € per 1000 kg
  4. gas naturale [LNG] : 4,4 € per 1000 kg (dato indicativo, calcolato applicando una conversione di 0,74 kg/m3)

Certamente non possiamo dire che sia sbagliato contribuire in caso di emergenza per un fine di solidarietà  ma “prelevare” in continuazione  dai cittadini senza una scadenza è solo sintomo di mala gestione e di interessi di pochi su molti. Le ACCISE sui carburanti a differenza di altre tasse poste in altri settori, determinano un aumento del costo della vita. Sapere che si paga ancora per la “guerra dell’Abissinia” o per il “Suez” o altro a distanza di decenni, significa comunicare al cittadino il senso di uno Stato incapace di gestire la cosa pubblica. PD, PDL o il Monti di turno non fanno differenza. Ogni anno lo Stato Italiano solo attraverso queste accise, incassa oltre 19 miliardi di euro, e senza le accise un litro di benzina costerebbe agli italiani all’incirca 50 centesimi.

Secondo un’indagine di Confesercenti, fare benzina o gasolio costerebbe agli italiani circa 1 euro anche se i Paesi produttori regalassero all’Italia la materia prima: non solo per via delle accise ma anche dell’IVA. Ed è per questo che l’Italia resta tra i Paesi d’Europa dove il carburante continua a costare di più, nonostante le variazioni del prezzo del petrolio. Il tema dell’abolizione delle accise sta particolarmente a cuore agli italiani perché una parte dei soldi che spendiamo per fare benzina serve per finanziare spese tutt’altro che attuali.

Volti sorridenti in una foto d’archivio di Silvio Fasano: Matteo Salvini, segretario nazionale Lega, oggi Mininistro dell’Interno con i neo senatori Francesco Bruzzone (ex segretario Lega in Liguria, ex presidente del consiglio Regione Liguria, gran hobby della caccia e Paolo Ripamonti, ex segretario provinciale Lega della provincia di Savona, agente immobiliare ad Alassio, residenza a Garlenda, ex assessore esterno alla Polzia Urbana a Savona e strenuo difensore dei Balneari contro la Bolkestein

A far parlare della loro abolizione è Matteo Salvini: tra i primi provvedimenti di un Governo capeggiato dal leader della Lega vi sarebbe proprio la riduzione del prezzo dei carburanti, una della spese che svuota le tasche degli italiani.

A lievitare il prezzo di benzina e gasolio in Italia ci si mettono le tasse, motivo per il quale anche a fronte della debolezza del prezzo del petrolio fare un pieno costa sempre la stessa cifra, se non addirittura di più. C’è anche da dire Salvini non è il primo a parlare di abolizione delle accise sulla benzina; a parlarne era stato, nel 2014, anche Matteo Renzi. Non è difficile capire come è andata, basta pensare a quanto avete speso l’ultima volta per fare benzina.

Può capitare che se non è il Governo a pensare alle tasche dei consumatori ci pensino le comunità locali, come successo a Giave, paesino nella provincia di Sassari di 525 persone, dove la sindaca Uras ha attuato un provvedimento per l’abolizione delle tasse sui carburanti.

Peccato che l’unico distributore presente nel Paese abbia lasciato invariati i prezzi alla pompa: anche a Giave fare benzina continua a costare circa 1 euro e 60 centesimi al litro.

Oltre alle anacronistiche accise sulla guerra di Abissinia o sul finanziamento alla crisi del Suez, uno dei dati sconcertanti e che negli anni abbiamo pagato ben 145 miliardi di accise soltanto a causa dei terremoti. A raccogliere i dati è stata la Cgia di Mestre, calcolando il totale dei consumi e delle accise introdotte proprio per finanziare la ricostruzione post terremoto, a partire dai fatti dell’Irpinia del 1980 fino ad arrivare al recente terremoto dell’Emilia Romagna del 2013.

Una spesa nobile, seppure in un Paese pieno di misteri come l’Italia non sono in pochi a credere che di questi soldi siano in pochi quelli stanziati realmente per le popolazioni terremotate.

La prima accisa che grava sul prezzo carburanti [1935 + 0,001 euro per la guerra di Abissinia], se la ricordano solo coloro che a quei tempi, poco più che ventenni [], furono obbligati a partire per la guerra di Etiopia del 1935 (talvolta nota anche come guerra d’Abissinia o campagna d’Etiopia), Le più grandi potenze europee si vantavano di avere numerose colonie: alla fine dell’Ottocento, l’Impero Britannico [sempre lui] risultò vastissimo; non da meno fu quello francese, mentre Germania e Belgio ebbero un numero inferiore di colonie rispetto alle altre due, ma un numero ad ogni modo rispettabile. Alla fine dell’Ottocento, fu in possesso di sole due colonie in Africa orientale, l’Eritrea e gran parte della Somalia; nel 1902, ottennero una piccola concessione in Cina a Tientsin e, per ampliare il colonialismo italiano, bisogna attendere il 1912, anno in cui avvenne la conquista della Libia.

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L’opinione pubblica mondiale, che già da prima dell’invasione fu ostile, divenne irremovibile e l’Italia fu condannata dalla Società delle Nazioni che decise di applicare delle sanzioni; ben 52 Stati furono contro l’operato italiano; di seguito, la nazione che sarebbe diventata il nemico numero uno fu proprio l’Inghilterra di Churchill che, fino a poco tempo prima stimava il Duce.  Per le ingenti spese che lo Stato dovette affrontare per la campagna etiopica, il 18 dicembre 1935 venne indetta la giornata della fede (o dell’oro), giorno in cui tutti vennero invitati a donare la propria fede e altri ori personali; parteciparono anche diversi antifascisti ed accademici come Pirandello. Lo stato impose, per sostenere la spedizione, l’imposta di 0,001 euro attuali – 2,23 € rapportati al 1935. Un bracciante agricolo guadagnava 7 £ al giorno, 200 £ al mese; un operaio 300 £ al mese; un operaio specializzato – impiegato 350 – 420 £ al mese; un laureto 800 £ al mese; un dirigente di industria 1000 £ al mese; un generale 3000 £ al mese. La guerra d’Etiopia ha avuto un costo di 40 miliardi pari a stipendi annui di 12 milioni di operai.

15 Luglio 1936 – Da oggi si può comprare la Fiat 500 A. Prezzo 8.900 lire, venti volte lo stipendio di un operaio specializzato. Soprannome: “Topolino” per il frontale che ricorda il muso del roditore. Slogan: «La piccola grande vettura del lavoro e del risparmio». Il progetto è di un giovane ingegnere, Dante Giacosa, l’idea di Benito Mussolini che nel 1930, convocato il senatore Agnelli, lo informò della «inderogabile necessità» di motorizzare gli italiani con un’utilitaria che costasse meno di 5.000 lire. Anche Hitler ha voluto a Ferdinand Porsche un’automobile dal costo non superiore ai mille marchi: in questi giorni è in prevendita la Volkswagen Type 1 a 990 marchi, cinque volte lo stipendio di un operaio specializzato. [Alessandro Sannia, Il grande libro delle piccole Fiat, GiorgioNadaEditore 2008]

Per rendere più affascinante la campagna militare ed indurre nel Popolo Italiano, i giovani sopra tutto, ad arruolarsi e partire per l’Abissinia, ecco il canto: “Io ti saluto, vado in Abissinia”. Il testo fu scritto da Pinchi, con musica di Renzo Oldrati Rossi. Lo spartito fu pubblicato nel 1935 per le Edizioni «Ritmi e Canzoni» di Milano. Fu subito portato al successo da Crivel, ma fu presto eseguito e inciso da vari altri popolari tenori leggeri dell’epoca, quali Aldo MassegliaFernando OrlandisRenzo MoriGuido Serpelloni, ect…..

Si formano le schiere e i battaglion 
che van marciando verso la stazion, 
Hanno lasciato il loro paesello 
cantando al vento un gaio ritornello. 
Il treno parte: ad ogni finestrin 
ripete allegramente il soldatin…: 

«Io ti saluto! Vado in Abissinia;
cara Virginia;
ma tornerò.
………………………………………………………..

La guerra etiopica fu un successo per il regime e come detto sopra, in quel momento tutta l’Italia fu fascista, ma questo successo dimostrò ben presto il suo carattere fallimentare sia dal punto di vista economico e sia per il fatto che quelle terre appena conquistate erano indifendibili; durante la Seconda Guerra Mondiale vennero lasciate sole poiché, per l’appunto, l’economia scarseggiava e per raggiungere l’Etiopia, o meglio l’Africa orientale, le navi italiane dovevano per forza passare dal canale di Suez, che era controllato dagli inglesi, i quali erano in guerra proprio contro l’Italia; dunque, l’Africa orientale fu ben presto perduta. La “Guerra d’Abissinia” di Gipo Farassino [1935-1936/1963], contro questa campagna fallimentare, ha preso spunto da testo e musica popolari, risalenti al periodo della guerra d’Etiopia (1935-1936). Il riferimento all’Amba Alagi sposta la datazione al 1941, anno in cui le truppe inglesi sconfissero quelle italiane nell’omonima battaglia. L’Amba Alagi era un luogo feticcio per gli italiani, che vi avevano già perduto sonoramente contro gli etiopi nel 1895.  Sono tutti contenti in questa canzone, il padre, i generali e financo il re Vittorio Emanuele… L’unico a non esserlo per niente è il povero soldatino diciottenne mandato in terra d’Africa a combattere contro i “moru”, contro il caldo, contro la diarrea, contro la sifilide…

Ancora gnanca disdeut ani a l’han ciamalo përmanent 
(Mapin mapon mè pare content)
L’han mandalo an Abissinia a la cassa dij serpent 
(Mapin mapon mè pare content)
L’é rivà a l’Amba Alagi con ël cul ch’l’era rovent 
(Mapin mapon mè pare content)
L’han ciamalo a rappòrto, a l’han falo sot-tenent 
(Mapin mapon mè pare content)
L’é ciapasse anche l’ameba, a corìa com’ël vent 
(Mapin mapon mè pare content)
L’ha cambià sinquanta braje, a n’avìa fin-a aj dent 
(Mapin mapon mè pare content)
A l’han daje na mudaja, a l’han dije “It ses content?” 
(Mapin mapon mè pare content)
Chiel a podìa nen rësponde përchè a l’era al nùmer sent []
(Mapin mapon mè pare content)
L’ha trovà na mòretina, a l’ha daje ‘n bel present 
(Mapin mapon mè pare content)
L’han portalo dal dotor, a l’han tajaje lòn ch’a pend 
(Mapin mapon mè pare content)

E Vitòrio Emanuele, anche chiel a l’era content 
(Mapin mapon mè pare content)

Alesben B.



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