La rettitudine, l’umiltà, la mitezza, totale dedizione al lavoro. Si è spento Federico Canale, aveva 87 anni. Giornalista, storico e scrittore. Numerose le pubblicazioni tra cui L’Italia nel pensiero dei grandi, Dante e Don Chisciotte, Chiavari città dei portici, l’ironico e irriverente, Una epigrafe per l’eternità, ma soprattutto Cosa importa se si muore, intenso e documentato racconto in punta di stretta cronistica della lotta di Liberazione nel Tigullio, dall’8 settembre 1943 al 25 aprile 1945. Federico, per decenni bandiera del vecchio Secolo XIX a Chiavari: prima corrispondente, poi redattore, co passaggio alla redazione centrale delle Province e caposervizio della redazione di Chiavari. I funerali, oggi pomeriggio, nella sua Chiavari.
Federico, iscritto all’albo dei professionisti dal 21 novembre 1975, all’albo dei pubblicisti dal 14 luglio 1970. Uno di quei colleghi, di quelle persone che non vanno dimenticate. Uomo di pace e di straordinaria umanità, mai arrogante, vendicativo, men che meno uno che teneva rancore per uno sgarbo. “Se gli davi un calcio – ricorda un collega – quasi quasi rispondeva con un sorriso“. Tanto era di animo buono, serio, preparato, da ‘capo’ il primo ad arrivare, ultimo ad andarsene. Con lui, in redazione, nella redazione di Levante avevano lavorato Paolo Cavallo, Marco Giacobbe, Roberto Pettinaroli, Paolo Ardito, Vittorio De Benedictis, Giacomo Ferrera, ma anche Aldo Bortolazzi, Enrico Alderotti, Luciano Basso (prima capo delle province e poi segretario di redazione). Tra i colleghi che gli furono più vicini, negli anni al giornale, Bruno Bini e Luciano Angelini.
L’ARTICOLO DEL SECOLO XIX EDIZIONE LEVANTE
Chiavari – Come si fa a scrivere della morte di un padre, di un Maestro, di un riferimento centrale della propria vita senza farsi vincere dalla commozione, senza aggiungere troppo, per senso di personale inadeguatezza, né togliere nulla, per istintivo pudore?
Me lo chiedo da ieri mattina, seduto da dieci anni – del tutto indegnamente – a questa scrivania che per un tempo assai superiore è stata sua. Me lo domando – senza trovare risposta – da quando Madi mi ha chiamato per dirmi che papà non c’era più. Federico Canale è stato, semplicemente, la persona migliore che ho incontrato nel nostro ambiente in 40 anni di professione. Un uomo buono, anzitutto. Un mite. Che ho visto infuriarsi pochissime volte: sempre e soltanto per questioni di principio. O per difendere uno dei suoi “ragazzi” dall’arroganza del potente di turno.
Coltissimo. Innamorato del suo “Padre Dante”, dei giganti della musica classica, dei pittori fiamminghi (con una predilezione per Hieronymus Bosch, di cui amava riprodurre i dipinti). Intransigente sui principi etici e morali. Generoso fino all’ingenuità. Con Massimo Righi, uno dei suoi “ragazzi” oggi direttore del Secolo XIX, ricordavamo ieri quell’armadio che aveva in casa, stipato all’inverosimile di accappatoi e calze assolutamente inutili, comprati (all’insaputa – così lui credeva – dell’amata moglie Silvana) dall’ambulante extracomunitario che suonava alla sua porta e poi nascosti, per evitare le reprimende («Non puoi mantenerli tutti tu»). Il 25 marzo aveva compiuto 87 anni, ma da 18, in seguito a un ictus, viveva in una sorta di terra di mezzo che l’aveva privato della sua musica e delle sue letture che erano le passioni di una vita con il Bologna e l’amata Alfa Romeo.
Roberto Pettinaroli
DA ‘LEVANTE NEWS’
Il Secolo XIX annuncia oggi la morte di Federico Canale storico caposervizio dell’edizione levantina del giornale. Aveva 87 anni, da 18 anni, a seguito di un ictus preceduto da alcune avvisaglie, non fu più in grado di comunicare. Canale è stato un grande giornalista di provincia (il che vuole essere un elogio): conosceva il territorio, i gusti dei lettori e portò al massimo la vendita di copie nel Levante. Non fece mai sfoggio della sua grande cultura; non usò mai il potere del giornale (allora reale) per fare pressioni su sindaci; men che meno avrebbe usato il quotidiano per denigrare o sostenere persone o situazioni. Il
suo era un comportamento dettato da precise regole deontologiche, sia pure allora non scritte. Quando accadeva qualche fatto eclatante, si alzava dalla scrivania per recarsi sul posto e rendersi conto di ciò che accadeva. Aveva un gran rispetto per i lettori ed i colleghi, anche quelli di testate concorrenti. La sua malattia fu una grave perdita anche per la società Economica cui dedicava molto del suo tempo libero.
Lascia la moglie Silvana e le figlie Madi e Laura a cui vanno le condoglianze della redazione tutta di Levante News. I funerali oggi alle 16 nella chiesa di Sampier di Canne.
Tanto per non dimenticare due figure storiche del Secolo XIX