Ringrazio Ernesto Schivo che mi ha fatto trovare il tempo per dare il giusto chiarimento a chi volesse sapere come stanno DAVVERO le cose…
Purtroppo Ernesto ha dimenticato di dire che – proprio a seguito della grande preoccupazione di alcuni non bene informati – nel 2002 facemmo un conferenza di servizi presso il Comune, a cui parteciparono: la Regione Liguria, nella persona dell’allora responsabile dell’ Ufficio V.I.A. dotto.ssa Minervini, la responsabile dell. Ufficio Pesca dott.ssa Feletti, nonchè il presidente avv. Garassini; la Capitaneria di Porto, l’associazione Albergatori nella persona del Presidente Sig. Mantellassi, l’associazione Bagni Marini nella persona del Presidente, geom. Ernesto Schivo, e molti altri che ora purtroppo non ricordo. In tale riunione – dopo aver esaminato tutta la documentazione tecnica e constatato che era TUTTO in regola – affrontammo il problema posto dalle due associazioni di categoria, ossia il RISCHIO INQUINAMENTO. A tal proposito, pur avendo agli atti:
a) una relazione del Prof. Franco Scarpati (rinomato e stimato geologo, nonché grande appassionato del mare ed in special modo del golfo di Alassio) nella quale sosteneva che, sulla scorta dei suoi pluriennali studi correntometrici, MAI ci sarebbe potuto essere alcun rischio di tale portata;
b) una ulteriore relazione del Prof. Giulio Relini dell’Università di Genova, che sosteneva che nessuno di questo tipo di impianti presenti in Italia e nel mondo ha creato, o potrebbe mai creare, problemi di inquinamento delle acque né dei fondali,
la nostra cooperativa si offrì di eseguire ed eseguì:
1) Procedura di SCREENING(una sorta della tanto acclamata V.I.A.) per valutare l’impatto ambientale sul territorio;
2) Un piano di monitoraggio TRIENNALE che prevedeva l’analisi MENSILE delle delle acque e del fondale, PRIMA dell’avvio dell’impianto e per i successivi TRE ANNI. Il tutto ovviamente sotto supervisione della ASL, che partecipava alle analisi (ovviamente tutto a spese NOSTRE). Il risultato finale dopo tre anni di analisi fu una bellissima relazione della ASL di Savona, che dichiarava che “dopo tre anni di attività le condizioni dell’acqua e del fondale sottostante ed antistante l’impianto non solo NON SONO PEGGIORATE, ma sono addirittura MIGLIORATE, in quanto si è creato una sorta di oasi che è stata subito colonizzata da creature di ogni tipo”;
3) Una polizza assicurativa ANTINQUINAMENTO da 1,5 miliardi di massimale (nell’anno 2002 erano tanti, tanti soldi), che potesse rasserenare chiunque sul fatto che, se anche un meteorite fosse caduto sull’impianto, qualcuno avrebbe pagato per “pulire”.
4) L’impegno a mantenere più tempo possibile le gabbie in immersione, al fine di ridurre l’IMPATTO VISIVO che potevano arrecare…(!!??)pur con pesante aggravio dei ns costi di manodopera per far salire e scendere le gabbie.
Il secondo punto di critica fu che il posto in cui era stato installato l’impianto non piaceva…ma sempre il geom. Schivo sa molto bene che non fummo noi a chiedere di posizionarlo lì (noi presentammo in Capitaneria la prima richiesta di installazione posizionata tra Alassio e Laigueglia), ma fu il risultato di un compromesso tra Capitaneria e Comune di Alassio, per problemi vari, legati all’ancoraggio di navi, alla barriera di ripopolamento, e altro. Ciononostante, a seguito delle polemiche sull’aver “rovinato il paesaggio”, la ns società si è comunque sempre detta disponibile ad un eventuale spostamento delle strutture(l’ex Sindaco Marco Melgrati può testimoniare che ad ogni sua richiesta di spostamento ci siamo sempre detti disponibili a trovare una soluzione), in una posizione ritenuta gradita a tutti. Ma ciò non fu mai fatto, NON per ns volontà.
Veniamo ora al discorso FINANZIAMENTI EUROPEI, di cui spesso sento parlare, forse un po’ “a cazzo” permettetemi il francesismo; la ns società ebbe effettivamente un finanziamento comunitario che coprì però solo una PICCOLA PARTE dell’investimento totale sostenuto dai soci(se non erro 400 milioni di lire a fronte di un investimento totale di oltre UNMILIARDOEOTTOCENTOMILIONI); inoltre, a fronte di tale contributo, fummo sottoposti a revisione fiscale di PRIMO, SECONDO e TERZO LIVELLO(normalmente chi prende finanziamenti non subisce alcun controllo, o, al massimo ci si ferma al PRIMO LIVELLO), che portò gli ispettori venuti apposta da Bruxelles a complimentarsi con la ns società per la regolarità e la trasparenza della contabilità; addirittura fummo premiati – il ns impianto fu filmato da una televisione belga e proiettato ad una manifestazione internazionale – e portati ad esempio in Commissione a Bruxelles, per la bontà dell’idea finanziata, il corretto uso dei fondi ricevuti e la sua eccezionale realizzazione. Ma siccome né il sottoscritto, né gli altri che lavorano con me, amano vantarsi(e forse all’epoca ce l’eravamo anche un po’ presa per l’ottusità degli alassini che non vedevano oltre la punta del loro naso evitammo di pubblicizzare la cosa, anche se tutto quanto sto dicendo è agli atti e può essere verificato da chiunque in qualsiasi momento.
Ma le difficoltà non erano finite…dopo soli 2 anni dall’avvio, per problemi personali, il socio che si occupava dell’amministrazione e commercializzazione dovette uscire dalla compagine e ci trovammo a dover sostenere da soli il suo ruolo di vitale importanza. Come se ciò non bastasse, pochi mesi dopo, l’inesperienza (unita alla mano armata di coltello di qualche simpatico “mariuolo”) ci fece anche perdere una intera gabbia di pesce; ma tenemmo duro, pur tra mille difficoltà, e andammo ancora avanti…
La crisi del 2008 (vedasi i molti fallimenti di ns importanti clienti con perdite enormi subite dalla ns società), e l’incidente del 2009, hanno portato al primo stop della produzione (ATTENZIONE…”stop della produzione” NON SIGNIFICA STOP DELL’ATTIVITA’, come qualche militare ha voluto colposamente sostenere in seguito nel tentativo di farci revocare la concessione).
Successe che nel giugno 2009 uno yacht andò a sbattere contro una delle gabbie facendola svuotare quasi completamente. Grazie al filmato delle telecamere di sorveglianza la barca fu identificata, e la sua assicurazione sollecitata al risarcimento danni. Peccato che in italia(con la “i” minuscola purtroppo) la legge permetta ad una nota compagnia assicurativa (con in mano sia la nostra, ma soprattutto la LORO PERIZIA che dicevano che avevamo ragione)di rispondere “sì, in effetti le perizie dicono che avete ragione, ma noi non vi paghiamo, se volete FATECI CAUSA…!!!), e ad una banca con cui si lavora da anni, ed a cui si chiede di sospendere temporaneamente il pagamento delle rate per attendere il risarcimento – di dire “ci dispiace, ma o pagate il dovuto o vi facciamo fallire”. In quelle condizioni prendemmo la decisione di pagare tutti i fornitori coi proventi del pesce rimasto, e, per non fallire in attesa del risarcimento assicurativo, fare un concordato con le banche. Era il 2011; nel 2016 – a seguito di una profonda ed accurata CTU(la perizia ordinata dal giudice per accertare che non ci fosse dolo o truffa all’assicurazione, con tanto di rilevamento satellitare del sinistro), che ci dava NUOVAMENTE RAGIONE – l’assicurazione PERSE LA CAUSA e fu condannata a pagare, e pagò, tutte le spese. Ed infatti ad oggi 1 marzo 2016 la società Aquarius NON E’ FALLITA come ha dichiarato il sindaco e tutti gli altri a cui forse farebbe piacere, ma tuttora in piedi in attesa di definizione.
Nel frattempo però, tornando al 2011, dopo un anno di stop, nel 2012 – in attesa della definizione della causa con l’assicurazione – alcuni amici mi chiesero di riprendere l’attività, e mi convinsero; chiedemmo – come di prassi – il rinnovo della concessione demaniale che nel frattempo stava per scadere, ed iniziammo a pianificare l’iniziativa. Purtroppo passati 4 mesi dalla richiesta di rinnovo senza alcuna risposta da parte del Comune, chiedemmo un incontro col sindaco al quale partecipammo, in presenza anche della Coldiretti; il sindaco Canepa da poco eletto – prima si disse contrario all’impianto – poi – rassicurato dai presenti sulla bontà della cosa anche in termini di immagine e di indotto per tutta la città – prese PERSONALE IMPEGNO AL RILASCIO DEL RINNOVO IN TEMPI BREVISSIMI.
Grazie a queste sue rassicurazioni, iniziammo il nuovo ciclo produttivo, in attesa del “pezzo di carta”promesso. Purtroppo per altri 18 MESI nessuna risposta arrivò mai dal comune, se non quando, nell’ormai lontano 2014 – dopo DUE ANNI ed a seguito dell’intervento del ns avvocato che minacciò un’azione legale – arrivò il rinnovo della concessione. Nel frattempo però le banche che ci avevano sostenuto nella ripartenza, in mancanza del “pezzo di carta” a suggello del rinnovo, si tirarono indietro, mettendo in crisi di liquidità la società che non potè continuare l’attività.
L’impianto nel frattempo non è MAI stato abbandonato come dichiarato da molti; ci sono effettivamente alcuni problemi di segnalazione da risolvere, ma non tali da sostenere una revoca della concessione.
Ma il tutto è ormai in mano agli avvocati che valuteranno le mosse da farsi.
Scusandomi per il lungo, articolato e forse un pò noioso “romanzo” – che però dovevo a tutti quelli che in questi anni, e in questi giorni, hanno creduto in me e mi hanno sostenuto moralmente – porgo a tutti una felice giornata.
Gian Marco Sanfilippo
P.S. Siccome ho una vita al di fuori dei social, non seguiranno ulteriori risposte o polemiche a questa mia memoria. Se qualcuno invece avesse delle domande concrete da pormi può farlo in privato, e io cercherò di rispondergli prima possibile
Ringrazio Ernesto Schivo che mi ha fatto trovare il tempo per dare il giusto chiarimento a chi volesse sapere come stanno DAVVERO le cose…Purtroppo Ernesto ha dimenticato di dire che – proprio a seguito della grande preoccupazione di alcuni non bene informati – nel 2002 facemmo un conferenza di servizi presso il Comune, a cui parteciparono: la Regione Liguria, nella persona dell’allora responsabile dell’ Ufficio V.I.A. dotto.ssa Minervini, la responsabile dell. Ufficio Pesca dott.ssa Feletti, nonchè il presidente avv. Garassini; la Capitaneria di Porto, l’associazione Albergatori nella persona del Presidente Sig. Mantellassi, l’associazione Bagni Marini nella persona del Presidente, geom. Ernesto Schivo, e molti altri che ora purtroppo non ricordo. In tale riunione – dopo aver esaminato tutta la documentazione tecnica e constatato che era TUTTO in regola – affrontammo il problema posto dalle due associazioni di categoria, ossia il RISCHIO INQUINAMENTO. A tal proposito, pur avendo agli atti:
a) una relazione del Prof. Franco Scarpati (rinomato e stimato geologo, nonché grande appassionato del mare ed in special modo del golfo di Alassio) nella quale sosteneva che, sulla scorta dei suoi pluriennali studi correntometrici, MAI ci sarebbe potuto essere alcun rischio di tale portata;
b) una ulteriore relazione del Prof. Giulio Relini dell’Università di Genova, che sosteneva che nessuno di questo tipo di impianti presenti in Italia e nel mondo ha creato, o potrebbe mai creare, problemi di inquinamento delle acque né dei fondali,
la nostra cooperativa si offrì di eseguire ed eseguì:
1) Procedura di SCREENING(una sorta della tanto acclamata V.I.A.) per valutare l’impatto ambientale sul territorio;
2) Un piano di monitoraggio TRIENNALE che prevedeva l’analisi MENSILE delle delle acque e del fondale, PRIMA dell’avvio dell’impianto e per i successivi TRE ANNI. Il tutto ovviamente sotto supervisione della ASL, che partecipava alle analisi (ovviamente tutto a spese NOSTRE). Il risultato finale dopo tre anni di analisi fu una bellissima relazione della ASL di Savona, che dichiarava che “dopo tre anni di attività le condizioni dell’acqua e del fondale sottostante ed antistante l’impianto non solo NON SONO PEGGIORATE, ma sono addirittura MIGLIORATE, in quanto si è creato una sorta di oasi che è stata subito colonizzata da creature di ogni tipo”;
3) Una polizza assicurativa ANTINQUINAMENTO da 1,5 miliardi di massimale (nell’anno 2002 erano tanti, tanti soldi), che potesse rasserenare chiunque sul fatto che, se anche un meteorite fosse caduto sull’impianto, qualcuno avrebbe pagato per “pulire”.
4) L’impegno a mantenere più tempo possibile le gabbie in immersione, al fine di ridurre l’IMPATTO VISIVO che potevano arrecare…(!!??)pur con pesante aggravio dei ns costi di manodopera per far salire e scendere le gabbie.
Il secondo punto di critica fu che il posto in cui era stato installato l’impianto non piaceva…ma sempre il geom. Schivo sa molto bene che non fummo noi a chiedere di posizionarlo lì (noi presentammo in Capitaneria la prima richiesta di installazione posizionata tra Alassio e Laigueglia), ma fu il risultato di un compromesso tra Capitaneria e Comune di Alassio, per problemi vari, legati all’ancoraggio di navi, alla barriera di ripopolamento, e altro. Ciononostante, a seguito delle polemiche sull’aver “rovinato il paesaggio”, la ns società si è comunque sempre detta disponibile ad un eventuale spostamento delle strutture(l’ex Sindaco Marco Melgrati può testimoniare che ad ogni sua richiesta di spostamento ci siamo sempre detti disponibili a trovare una soluzione), in una posizione ritenuta gradita a tutti. Ma ciò non fu mai fatto, NON per ns volontà.
Veniamo ora al discorso FINANZIAMENTI EUROPEI, di cui spesso sento parlare, forse un po’ “a cazzo” permettetemi il francesismo; la ns società ebbe effettivamente un finanziamento comunitario che coprì però solo una PICCOLA PARTE dell’investimento totale sostenuto dai soci(se non erro 400 milioni di lire a fronte di un investimento totale di oltre UNMILIARDOEOTTOCENTOMILIONI); inoltre, a fronte di tale contributo, fummo sottoposti a revisione fiscale di PRIMO, SECONDO e TERZO LIVELLO(normalmente chi prende finanziamenti non subisce alcun controllo, o, al massimo ci si ferma al PRIMO LIVELLO), che portò gli ispettori venuti apposta da Bruxelles a complimentarsi con la ns società per la regolarità e la trasparenza della contabilità; addirittura fummo premiati – il ns impianto fu filmato da una televisione belga e proiettato ad una manifestazione internazionale – e portati ad esempio in Commissione a Bruxelles, per la bontà dell’idea finanziata, il corretto uso dei fondi ricevuti e la sua eccezionale realizzazione. Ma siccome né il sottoscritto, né gli altri che lavorano con me, amano vantarsi(e forse all’epoca ce l’eravamo anche un po’ presa per l’ottusità degli alassini che non vedevano oltre la punta del loro naso), evitammo di pubblicizzare la cosa, anche se tutto quanto sto dicendo è agli atti e può essere verificato da chiunque in qualsiasi momento.
Ma le difficoltà non erano finite…dopo soli 2 anni dall’avvio, per problemi personali, il socio che si occupava dell’amministrazione e commercializzazione dovette uscire dalla compagine e ci trovammo a dover sostenere da soli il suo ruolo di vitale importanza. Come se ciò non bastasse, pochi mesi dopo, l’inesperienza (unita alla mano armata di coltello di qualche simpatico “mariuolo”)ci fece anche perdere una intera gabbia di pesce; ma tenemmo duro, pur tra mille difficoltà, e andammo ancora avanti…
La crisi del 2008(vedasi i molti fallimenti di ns importanti clienti con perdite enormi subite dalla ns società), e l’incidente del 2009, hanno portato al primo stop della produzione(ATTENZIONE…”stop della produzione” NON SIGNIFICA STOP DELL’ATTIVITA’, come qualche militare ha voluto colposamente sostenere in seguito nel tentativo di farci revocare la concessione).
Successe che nel giugno 2009 uno yacht andò a sbattere contro una delle gabbie facendola svuotare quasi completamente. Grazie al filmato delle telecamere di sorveglianza la barca fu identificata, e la sua assicurazione sollecitata al risarcimento danni. Peccato che in italia(con la “i” minuscola purtroppo) la legge permetta ad una nota compagnia assicurativa (con in mano sia la nostra, ma soprattutto la LORO PERIZIA che dicevano che avevamo ragione)di rispondere “sì, in effetti le perizie dicono che avete ragione, ma noi non vi paghiamo, se volete FATECI CAUSA…!!!), e ad una banca con cui si lavora da anni, ed a cui si chiede di sospendere temporaneamente il pagamento delle rate per attendere il risarcimento – di dire “ci dispiace, ma o pagate il dovuto o vi facciamo fallire”. In quelle condizioni prendemmo la decisione di pagare tutti i fornitori coi proventi del pesce rimasto, e, per non fallire in attesa del risarcimento assicurativo, fare un concordato con le banche. Era il 2011; nel 2016 – a seguito di una profonda ed accurata CTU(la perizia ordinata dal giudice per accertare che non ci fosse dolo o truffa all’assicurazione, con tanto di rilevamento satellitare del sinistro), che ci dava NUOVAMENTE RAGIONE – l’assicurazione PERSE LA CAUSA e fu condannata a pagare, e pagò, tutte le spese. Ed infatti ad oggi 1 marzo 2016 la società Aquarius NON E’ FALLITA come ha dichiarato il sindaco e tutti gli altri a cui forse farebbe piacere, ma tuttora in piedi in attesa di definizione.
Nel frattempo però, tornando al 2011, dopo un anno di stop, nel 2012 – in attesa della definizione della causa con l’assicurazione – alcuni amici mi chiesero di riprendere l’attività, e mi convinsero; chiedemmo – come di prassi – il rinnovo della concessione demaniale che nel frattempo stava per scadere, ed iniziammo a pianificare l’iniziativa. Purtroppo passati 4 mesi dalla richiesta di rinnovo senza alcuna risposta da parte del Comune, chiedemmo un incontro col sindaco al quale partecipammo, in presenza anche della Coldiretti; il sindaco Canepa da poco eletto – prima si disse contrario all’impianto – poi – rassicurato dai presenti sulla bontà della cosa anche in termini di immagine e di indotto per tutta la città – prese PERSONALE IMPEGNO AL RILASCIO DEL RINNOVO IN TEMPI BREVISSIMI.
Grazie a queste sue rassicurazioni, iniziammo il nuovo ciclo produttivo, in attesa del “pezzo di carta”promesso. Purtroppo per altri 18 MESI nessuna risposta arrivò mai dal comune, se non quando, nell’ormai lontano 2014 – dopo DUE ANNI ed a seguito dell’intervento del ns avvocato che minacciò un’azione legale – arrivò il rinnovo della concessione. Nel frattempo però le banche che ci avevano sostenuto nella ripartenza, in mancanza del “pezzo di carta” a suggello del rinnovo, si tirarono indietro, mettendo in crisi di liquidità la società che non potè continuare l’attività.
L’impianto nel frattempo non è MAI stato abbandonato come dichiarato da molti; ci sono effettivamente alcuni problemi di segnalazione da risolvere, ma non tali da sostenere una revoca della concessione.
Ma il tutto è ormai in mano agli avvocati che valuteranno le mosse da farsi.
Scusandomi per il lungo, articolato e forse un pò noioso “romanzo” – che però dovevo a tutti quelli che in questi anni, e in questi giorni, hanno creduto in me e mi hanno sostenuto moralmente – porgo a tutti una felice giornata.
Gian Marco Sanfilippo
P.S. Siccome ho una vita al di fuori dei social, non seguiranno ulteriori risposte o polemiche a questa mia memoria. Se qualcuno invece avesse delle domande concrete da pormi può farlo in privato, e io cercherò di rispondergli prima possibile