Nel numero di domenica 29 gennaio 2017, a pagina 39, de L’Ancora compare un agghiacciante articolo in merito all’ipotesi di privatizzazione dell’Ospedale di Cairo Montenotte e di quello di Albenga realizzato ex novo con il denaro della comunità ed i lasciati dei benefattori.
Come più volte osservato non solo da chi scrive, a cominciare da un momento individuabile nell’ascesa di Margaret Thatcher alla Presidenza del Consiglio dei Ministri del Regno Unito, nell’intera Europa si sono smantellati, a velocità via via crescente, tutti i servizi sociali ed istituzionali, financo a svilire lo stesso concetto d’Istituzione, la quale cede il passo al mercato ed al mondo del denaro, anziché regolamentarlo in maniera cogente.
Già desta non poca indignazione il fatto che privati possano lucrare sulle nostre conversazioni telefoniche o sulle – oggigiorno sempre meno – lettere che scriviamo o sull’acqua con cui ci laviamo o con le fonti energetiche, che ci consentono di scaldarci, di cucinare e di alimentare i nostri mezzi o con i nostri spostamenti, giacché abbiamo necessità di muoversi. Il tutto condito da farisaiche affermazioni sulla partecipazione popolare in un azionariato che sarebbe dovuto essere diffuso solo nella testa vuota di chi ha permesso la trasformazione di alcuni Enti ed Uffici pubblici in Società per Azioni. Nonché la quotazione in borsa delle medesime od ancora sulla concorrenza, che avrebbe permesso l’accesso ai servizi da parte di un numero maggiore di utenti, ormai trasformati in clienti, a tariffe più convenienti.
Invero, chi, tra il pubblico, approva tali scelte, rivelatesi, purtroppo, deleterie, ignorava e continua ad ignorare l’uso delle tariffe precedenti quale leva fiscale surrettizia, in una Nazione come la nostra, dove l’osservanza dei doveri, anche di quelli contributivi, deve riguardare sempre non ben identificate altre persone, ma giammai noi stessi. Oggi, invece, abbiamo il guadagno a vantaggio dei privati, i quali possono sfruttare il lavoro di persone veramente di prim’ordine, che hanno contribuito all’evoluzione tecnica dei sistemi, mentre la Pubblica Amministrazione, volutamente esautorata, sta a guardare e l’accesso ai servizi è diventato una vera e propria lotteria alla ricerca di questa o quell’offerta.
In certe menti, si auspica anche ad instaurare un tale subdolo e vigliacco modus operandi anche nella Sanità? La domanda, purtroppo, è retorica e ne abbiamo avuto conferma da quanto riportato nell’articolo, che riguarda anche altri Ospedali, come quello di Albenga. Solo una mente malvagia all’inverosimile permetterebbe la gestione da parte di privati di una struttura sanitaria, almeno di quelle volute e faticosamente messe in piedi da parte della comunità, coordinata dai suoi legittimi rappresentanti ed esercite da parte di persone al servizio diretto della stessa comunità. Persone che, giustamente, si guadagnano la loro, seppur, per i nostri tempi, scarsa mercede, ma che, altrettanto giustamente, non fanno dell’attività sanitaria un’impresa con finalità di lucro.
Desta più di un interrogativo la riduzione al lumicino dell’attività chirurgica e la successiva realizzazione di nuove Sale Operatorie (fa il paio con servizi ferroviari sospesi perché dichiarati inutili e sostituiti con almeno il quadruplo di autocorse), le quali Sale Operatorie, anche se fossero gestite in regime di convenzione totale, a causa della gestione privata, ipso facto, si verrebbe a creare un clima di generale sfruttamento nei confronti del personale, anche di elevata qualificazione professionale, una corsa a compiere quanti più interventi sia possibile nell’unità di tempo e liste d’attesa infinite, scavalcabili da parte di Pazienti particolarmente facoltosi.
Costoro ricorrerebbero all’assicurazione privata o financo alla solvenza diretta, in barba ad un concetto morale, prima ancora che legale, di servizio sanitario universale, prestato a chiunque ne abbia necessità, senza distinzione alcuna. Questo, naturalmente, non implica illiceità per tutte le attività private, ma, da certi settori, in cui si collocano i servizi pubblici essenziali ad alta rilevanza sociale, tra i quali spicca la Sanità, deve essere categoricamente esclusa ogni forma d’interesse privato e di lucro d’impresa. Mentre, purtroppo, assistiamo all’esistenza, vergognosamente ammessa, di gruppi a carattere meramente finanziari, spesso facenti capo a banche o ad organizzazioni consimili, che cercano la remunerazione del capitale investito, equiparando, con somma infamia e sprezzo di ogni principio morale, l’operare un Paziente allo scopo di restituirgli la salute al fresare un pezzo metallico per ottenere un componente da vendere sul mercato.
Roberto Borri