Il 2025 va a concludersi con crescenti criticità presenti e future per l’economia savonese. Attraverso questo intervento proviamo a fare in modo che non cada l’oblio su due problemi che riguardano la comunità savonese. Ci troviamo nella necessità di insistere per approfondire e cercare di trovare strade utili per una loro anche parziale risoluzione, considerando per il nostro territorio la comprensorialità tra costa e Val Bormida la chiave di volta decisiva per riprendere la via dello sviluppo.
1) Sviluppo economico, lavoro, industria
Su questo tema nei mesi scorsi si erano svolti due importanti momenti di confronto che avevano visto impegnate le istituzioni, i soggetti associativi, i sindacati e le forze politiche.
Il primo confronto organizzato dal Partito Democratico aveva anche assunto un respiro di dimensione nazionale mentre il secondo momento di dibattito, promosso dal Gruppo consiliare Sinistra per Savona e dall’Associazione “Il rosso non è il nero” aveva portato a un dibattito diretto tra l’Amministrazione Comunale, il Sindacato e l’Unione Industriali svoltosi sulla base di dati forniti dalla Fondazione De Mari. Successivamente la CGIL ha diffuso altri dati molto indicativi al riguardo del temi dell’occupazione, del lavoro povero, delle possibilità di sviluppo nella nostra area geografica.
In quelle occasioni erano stati sicuramente compiuti passi in avanti sul terreno del dialogo tra i diversi soggetti: passi in avanti che non possono assolutamente essere lasciati in un canto.
E’ necessario riprendere i temi fin qui sollevati e sviluppare una adeguata iniziativa.
Nel lanciare questo appello pensiamo sia utile recuperare alcuni dei punti principali della discussione in corso.
Abbiamo più volte elencato i passaggi sui quali misurarsi prioritariamente:
1) Al primo posto si colloca il superamento del limitato concetto su cui era stata costruita (nel 2016) la dichiarazione di area industriale di crisi complessa. Va costruito un riferimento unitario dell’area centrale comprendente il territorio dell’ex-PRIS e la Valbormida;
2) La risoluzione di alcune ormai troppo annose questioni riguardanti la struttura infrastrutturale: raddoppio ferroviario verso Torino e Alessandria; completamento degli sbocchi autostradali; Aurelia – Bis; funivia Savona – San Giuseppe; recupero delle aree industriali dismesse sviluppata in funzione dell’insediamento di nuove attività produttive;
3) Il tema della mobilità non può essere limitata al quadro urbano ma – appunto – strutturato a livello del territorio fin qui indicato facilitando al massimo lo scambio delle persone e delle merci;
4) Connessione diretta tra la crescita culturale e il presentarsi di contraddizioni come quelle ambientali, del mutamento climatico, ecc. Il trasferimento della fondazione CIMA al Priamar indica una strada che va affrontata non come punto terminale ma iniziale di un nuovo rapporto tra settori avanzati della scienza e il nostro territorio ( risiede in questo ambito il rapporto con l’Università);
5) L’avanzamento tecnologico deve significare essenzialmente digitalizzazione. Non si tratta semplicemente di favorire l’accoglienza dello smart-working ma di creare le condizioni per far sì che aziende sviluppatrici trovino spazio magari in appositi contenitori costruiti ad hoc in aree operativamente raggiungibili con facilità (sotto questo aspetto va segnalata l’intenzione del Comune di Savona di utilizzo della sede dell’ex-carcere di Sant’Agostino). Le condizioni da creare riguardano una crescita della presenza di un intreccio cultura/tecnologia in modo da porre freno all’antica piaga della “fuga dei cervelli”;
6) Il tema portuale passa, prima di tutto, dal non insediamento della nave – rigassificatore nella rada Savona – Vado. Non si tratta semplicemente di “salvare il nostro mare” ad uso balneazione, ma di un tema assolutamente strategico. L’installazione della nave-rigassificatore vincolerebbe ancor di più di quanto non già non accada con servitù , a mare e a terra, assolutamente limitanti le possibilità di sviluppo dei traffici, della movimentazione delle merci, della fruibilità dello scalo (così come occorre ripensare l’utilizzo dell’antica darsena di Savona immobilizzata dallo scalo – crociere che andrebbe mantenuto in un quadro più accentuato di diversificazione del traffici);
7) L’elevata media- età presente nel territorio richiama esigenze di welfare e di insediamenti sanitari: difesa e sviluppo di questi settori con l’utilizzo delle possibilità di difesa ed espansione dei relativi presidi appaiono condizione necessaria per realizzare un equilibrio nella realtà della popolazione residente intesa come base di un effettivo miglioramento nelle complessive condizioni di vita.
2) SANITA’- Il tema sanitario si è ulteriormente “complicato” con la scelta della Presidenza Regionale di unificare le ASL e di accentrare la “governance” del settore proprio a quel livello.
Il tema pone due livelli di criticità:
a) istituzionale:
Si sta tentando una sperimentazione, già fallita in altre regioni come le Marche (governo di centro destra) e la Sardegna.
Una speriementazione che riguarda l’accentramento di due settori di grande delicatezza: sanità e trasporto pubblico. In questo capitolo non si entra nel dettaglio delle due operazioni (ASL metropolitana e ASL unica per i territori con ridimensionamento di ALISA nella sanità dopo che questo modello è già stato dichiarato fallito da altre regioni dalle Marche alla Sardegna; acquisizione regionale della disastrata AMT di Genova per poi procedere con le ATP per formare un unico asset regionale) riservandoci di entrare meglio in seguito nel merito delle due delicate “questioni”. Basterà aggiungere che l’obiettivo di fondo di queste operazioni è quello di una trasformazione istituzionale in senso ancor più marcatamente presidenziale: in gangli delicati come la sanità e il trasporto pubblico si avrebbe prima di tutto una concentrazione di risorse in ambito metropolitano (laddove si situa il maggior numero di voti potenziali e dove, nel caso Liguria/Genova, sono emerse le maggiori difficoltà per il centro-destra in una condizione di forte astensionismo) e la costruzione di un sistema feudale dove, alla fine, l’assegnazione degli incarichi diretti ai diversi livelli risalirebbe sempre al Presidente eletto direttamente.
b) specificatamente sanitario- Il tema della sanità pubblica è strettamente connaturato a quello dell’universalità del “welfare state” che aveva ispirato la stesura della legge 833 sul servizio sanitario nazionale: legge che, fin dal lontano 1981, è stata oggetto di ridimensionamento politico e finanziario da parte dello Stato. Egualmente gli operatori sanitari hanno subito forti contrazioni nei propositi di applicare gli altri provvedimenti legislativi legati al concetto di sanità pubblica: dai consultori familiari, alla legge Basaglia, alla legge 194 che ha depenalizzato e disciplinato le modalità di accesso all’aborto. Il quadro di applicazione della legge 833 ha poi subito una decisiva modificazione con la modifica del titolo V della Costituzione che ha aperto la strada ad un ruolo in materia da parte delle Regioni.
E’ ovvio che, con le regionalizzazioni e privatizzazioni , rinunciando ad erogare servizi, lo Stato italiano ha smantellato lo Stato Sociale. Nel quadro dell’aumento complessivo della povertà la risposta dello Stato,tolto di mezzo appunto lo stato sociale, è stata quella dell’assistenzialismo.La quasi totalità delle risposte di tutti i governi sono state finora esclusivamente monetarie attraverso i cosiddetti “bonus” o basate su una riduzione del carico fiscale. Soluzioni standardizzate per tutti, al posto di interventi di sostegno mirati in termini di servizi, educazione o prevenzione.
In conclusione si ribadisce la necessità di elaborazione di una linea politica capace di contrastare questa deriva rivolgendosi prima di tutto alle cittadine e ai cittadini colpiti da questi processi di progressiva iniquità e agli operatori del settore(con un particolare critica all’introduzione del numero chiuso nelle facoltà di medicina, criticità sicuramente non risolta dall’idea del semestre di sperimentazione), la cui condizione lavorativa è stata progressivamente modificata e peggiorata al punto da far presentare ormai gravissime carenze strutturali nel rapporto con le esigenze della società e con il territorio ormai sguarnito anche dalla – indispensabile – presenza attiva dei medici di base.
A tutto ciò nella realtà ligure si aggiungono elementi particolari che rendono, se possibile, la situazione ancora più negativa:
1) l’allargamento del Gaslini (struttura privata) quale unico contenitore della parte materno/infantile con lo svuotamento dei reparti ospedalieri territoriali;
2) i processi di privatizzazione in atto negli ospedali di Bordighera, Albenga, Cairo Montenotte con la trasformazione in Case della Salute e Ospedali di Comunità.
3) il tormentato iter di costruzione dell’ospedale del Felettino di La Spezia;
4) la destinazione dei fondi del PNRR per via clientelare nella programmazione di costituzione di Case della Salute e Ospedali di Comunità (ad esempio al riguardo del Ruffini San Biagio di Finale e di Vado Ligure) con annesso tema relativo alla speculazione edilizia;
5) L’allungamento delle liste d’attesa, i ritardi nella diagnostica e negli interventi chirurgici sono stati altri punti critici analizzati nel corso dell’incontro.
Franco Astengo
