I primi ricordi dello staff della seggiovia di Monesi di Triora quando frequentavo le elementari a Peagna di Ceriale, transumante da Monesi di Mendatica, da giugno a settembre. Impossibile dimenticare quei personaggi montanari semplici e schietti che ogni giorno erano gli addetti alla più lunga (all’epoca) seggiovia d’Italia.
di Luciano Corrado
Era il 27 maggio 2014. Trucioli.it titolava: Monesi sorride per un giorno. Le immagini più belle (e lacrime) della festa dei 60 anni. Vedi fotoservizio……..
Ebbene nella sala ristorante della Vecchia Partenza avevano organizzato la ricorrenza dei sessantanni della amata e produttiva seggiovia. Il motore della locomotiva che faceva di Monesi di Triora e a seguire il ‘miracolo’ di Monesi di Mendatica, un’attrazione unica il Liguria.
Sanremo col Festival della Canzone, Alassio attraeva nobili inglesi per il clima e la sua pregiata, finissima sabbia, il Muretto con le firme illustri sulle piastrelle. Portofino era il paradiso dei ricchi. Monesi brillava come richiamo turistico di italiani e stranieri, francesi in particolare, si organizzavano bus turistici dalla Riviera, oltre che primo attrezzato centro sciistico ligure.
Monesi di Triora scoperto e reso famoso dalla famiglia Galleani. Papà de Galleani N.H. Federico dietro le quinte e i tre figli Ingo (si occupava di Monesi ed investimenti immobiliari in Riviera e a Garlenda), Enrico che ereditato il titolo di ‘conte‘, amministratore dell’omonima banca con sede principale ad Alassio, filiali ad Albenga e Laigueglia. Roberto con il ruolo di agente di viaggi e agenzia turistica.

Nei giorni scorsi un vero e proprio bagno di folla ha accompagnato nell’ultima dimora terrena, nella sua adorata Piaggia di Briga Alta, Bruno Bottero 92 anni. Era stato, dal 1953 al 1983, macchinista della seggiovia, e dal 1984 al 2002 allo skilift Tre Pini. alle dipedenze deì fratelli Toscano- Terenzio ed Enrico ancora in vita e in gran forma in quel di Alassio. I Toscano hanno ereditato dal padre la montagna di Monesi, la più estesa proprietà privata della Liguria e in parte nel cuneese.
Bruno era un cittadino qualunque, ma aveva nelle sue vene, nella sua semplice cultura montanara, un grande amore per la terra d’origine, i ricordi di anni nefasti (la seconda Guerra Mondiale), di antichi mestieri fatti di sudore e sacrifici, il duro lavoro nei terrazzamenti della sua Piaggia. Ha vissuto gli anni dello sviluppo e simbiosi tra Monesi e Piaggia, unica località cuneese dell’Alta Valle Arroscia che, ai nostri giorni, ha saputo risuscitare quanto a valorizzazione del patrimonio immobiliare ed attrazione turistica grazie anche ai coniugi Monica Arnaldi e Giuliano. Una scelta di vita: dalla Riviera ai monti.
Bruno non era una chiaccherone, gioiva in compagnia, ultima memoria storica dei paesi delle nostre umili origini. La sua ricchezza, il suo punto di riferimento erano le due figlie, Rosanna (ex dipenden te del Comune) e Nicoletta, i congiunti. Ha vissuto l’ultimo periodo di vita nella moderna Casa di Riposo Renzo Merlino che ha un’elevata qualità assistenziale. E qui gioiva a parlare il suo dialetto.
Ricordo chi mi raccontava che a Piaggia, Upega, Realdo e Verdeggia hanno un accento diverso rispetto al dialetto brigasco di Viozene, Carnino e Briga Marittima (Francia). C’è chi riferisce che Luciano del ristorante-albergo-bar La Tramontana e Gianni del Mongioie si esprimono benissimo nel dialetto di Briga.

La Voce di Imperia ha scritto che con Bruno Bottero se ne va un pezzo di storia delle Alpi Liguri, un testimone di un’epoca che ha plasmato l’identità di un intero territorio. Un volto storico e amato, che ha dedicato la sua vita alla montagna e alla sua gente. Lo chiamavano “l’uomo della seggiovia”.
Bruno, all’eredità materiale, lascia la testimonianza di chi ha saputo insegnare la ‘retta via’. Un’espressione idiomatica che significa un modo di vita retto, onesto e giusto. Spesso capita di ricordare che da morti siamo tutti ‘buoni e santi’, ecco Bruno non sarà stato un santo dei ‘miracoli’ da venerare sugli altari. Ma la sua vita era una fucina esemplare di lavoratore, marito, padre e nonno. E ognuno di noi sarebbe orgoglioso, nel giorno del commiato terreno, rincuorare quanti l’hanno stimato, gli anno voluto bene con grande rispetto. Alle sue probe figlie, da mendaighino che non può dimenbticare le sue origini, vorremmo sommessamente dire: ‘Non piangete per papà, lui vi ha sempre voluto coscienziose, gioiose e serene’. Come meritate.
Luciano Corrado