Le teorie del complotto si nutrono di un immaginario esoterico innestato su radici storiche: dai Templari ai Massoni che avrebbero fomentato rivoluzioni, fino al nuovo ordine mondiale.
di Ezio Albrile

È noto anche a un pubblico non specialista come la figura sacrificale di Jacques de Molay (ca. 1246-1314), ultimo Gran Maestro dell’Ordine del Tempio, sia basilare nello sviluppo di molte trame occulte. La storia dei Cavalieri Templari, invidiati dai vari regnanti per i grandi poteri e ricchezze accumulate, è infatti quasi un archetipo per descrivere la sorte dei giusti annientati dal dominio dell’usurpatore.
Nei secoli le vicende legate all’infame condanna dei Templari si caricarono sempre più di elementi leggendari. È nel fiorire del XVIII secolo un forte rigurgito «nostalgico» di tali tematiche, legato a reinventati Ordini cavallereschi presentati come precursori della Massoneria (e viceversa)1. Da qui si sviluppò l’idea, tanto logica quanto fantasiosa, che i Massoni si fossero assunti il compito di vendicare Jacques de Molay contro la monarchia francese, un’idea che avrebbe avuto significative conseguenze dopo il 1789. Nel 1790 i Massoni furono collegati con i protagonisti dell’Illuminismo francese, i cosiddetti Philosophes (Diderot, D’Alembert, Helvetius, d’Holbach, Voltaire, Condorcet). Con le sue varianti scozzese, egizia, templare, ebraica e rosacrociana, la Massoneria divenne la più complessa e centrale di tutte le società segrete.
Rivoluzionari occulti
Alle prime cerchie massoniche si collegò uno scozzese cattolico e stuardista, Andrew Michael Ramsay2 (1686-1743), che elaborò un’affascinante costruzione leggendaria: i segreti della Massoneria erano i medesimi dell’antico Tempio di Gerusalemme e i Cavalieri erano sopravvissuti, dopo il suo scioglimento, emigrando in Inghilterra e in Scozia. Era così nato il «templarismo», destinato ad assumere varie e per molti aspetti contrastanti tendenze.
In un libretto del 1792, Le tombeau de Jacques de Molay («La tomba di Jacques de Molay»)3, il chimico e farmacista Charles Louis Cadet de Gassicourt (1769-1821)4 fece risalire la rivoluzione ai Cavalieri Templari. Descrisse dettagliatamente come l’ultimo Gran Maestro, Jacques de Molay, pianificò la vendetta contro la monarchia francese nella cella della sua prigione alla Bastiglia, e come gli attuali rivoluzionari stessero realizzando la sua volontà. I Templari, secondo tale mirabolante tesi, non morirono ma entrarono in clandestinità e riapparvero in seguito come Massoni. Molti autori successivi accettarono questa idea. Il legame Templari-Massoni implicava una dimensione politica, perché se i Templari sopravvissuti si erano finalmente vendicati della monarchia francese, del papato, e in effetti di tutta la cristianità, ciò significava che avevano un programma radicale, persino nichilista, da seguire. La Rivoluzione francese segnò anche per il templarismo una discriminante5. La teoria del complotto universale, già affiorata più volte nel Settecento e messa in rapporto con le forze più varie – dai Massoni ai Gesuiti – trovò quindi un naturale compimento in opere come quella di Cadet de Gassicourt.
Riciclaggio templare
Il massonismo cavalleresco cattoaristocratico di Ramsay a fine XVIII secolo si collegò a una nuova ripresa templaristica, cioè all’idea – anticattolica ma dissimulata – che attraverso la cavalleria medievale e l’iniziazione templare fosse stato trasmesso alle età successive, senza soluzioni di continuità, un cristianesimo più vero oltre che più profondamente sapiente. Un cristianesimo esoterico, connesso con quanto Gesù aveva rivelato segretamente al discepolo prediletto, Giovanni; mentre il popolo cristiano era chiamato ad accontentarsi del cristianesimo da pecoroni affidato a Pietro e, attraverso di lui, alle istituzioni ecclesiastiche.
I nuovi Templari francesi si collegarono con la loggia massonica degli «Chevaliers de la Croix», affiliata al Grande Oriente di Francia e popolata di esponenti dell’aristocrazia. Napoleone, a sua volta legato alla Massoneria, del resto era favorevole al sorgere di sodalizi che avrebbero potuto contribuire alla doratura dei molti nuovi blasoni nobiliari che egli andava creando e distribuendo a facoltosi arricchiti, sovente ex estremisti giacobini riciclati. Fu così che, nel marzo del 1808, il nuovo Ordine templare poté celebrare con gran pompa e con profusione di abiti “medievali” l’anniversario della morte di Molay con un requiem nella chiesa di Saint-Paul-Saint-Louis.

Una stirpe illuminata
Nel 1772 J. Adam Weishaupt (1748-1830) diventò professore di Legge presso l’Università di Ingolstadt, in Baviera6. La giurisprudenza, tuttavia, non sarà mai la sua vera passione. Appena ventiquattrenne, Weishaupt era un giovane inquieto e idealista; deluso dalla rigorosa educazione mnemonica ricevuta dai Gesuiti e ispirato dall’Illuminismo allora fiorente, aveva sviluppato l’ostinato e ambizioso desiderio di migliorare la società usando il potere della ragione per dissipare la superstizione religiosa. La sua vera passione erano gli intrighi. Fin da piccolo, era rimasto affascinato da società segrete come la Fratellanza pitagorica. Nel 1774, si era unito a una Loggia Massonica, ma era rimasto ben presto deluso dai Massoni per la loro mancanza di aspirazioni politiche e di autentica segretezza, oltre che dalle elevate quote associative. Decise quindi di fondare una propria società segreta. Il sodalizio fu battezzato «Ordine degli Illuminati»7. Era nato il complottismo moderno.
La doppia personalità di Weishaupt servì a dare lo sfondo “ideologico” alla società degli Illuminati. Fondato su una filosofia tanto idealistica da risultare ingenua, l’Ordine, in base agli statuti elaborati dallo stesso Weishaupt, si poneva come unico obiettivo il miglioramento dell’uomo alla luce della dea Ragione. Gli iniziati erano tenuti ad assumere nomi falsi, imparare un vocabolario segreto, superare un’elaborata serie di riti d’iniziazione e recidere ogni legame con famigliari e amici. Per reclutare nuovi adepti, Weishaupt infiltrò degli Illuminati nelle logge massoniche per attirarne a sé i membri.
All’inizio degli anni ottanta del XVIII secolo, l’Ordine poteva vantare circa trecento membri sparsi in tutta Europa. Tale espansione, tuttavia, era avvenuta a spese della segretezza. La personalità pedante e prepotente di Weishaupt dovette irritare gravemente qualche nuovo adepto e alcuni membri vuotarono il sacco con qualche profano sull’attività degli Illuminati, spesso colorandola di allarmanti esagerazioni. Verso il 1784, le voci che circolavano sull’Ordine avevano ormai catturato l’attenzione delle autorità. Il governo bavarese emise un editto che vietava le associazioni non autorizzate, e Weishaupt dovette sospendere le riunioni degli Illuminati. Ma ormai libero da ogni vincolo con la realtà, il fenomeno degli Illuminati assunse dimensioni mitiche nella fantasia irrequieta dei loro detrattori, non solo in Baviera, ma in tutta Europa e in luoghi lontani come gli Stati Uniti, che avevano appena conquistato l’indipendenza.
Antagonisti
Negli ultimi decenni tali visioni sono dilagate oltre lo spazio mediatico (letteratura, fumetto, cinema) presentandosi come vere e proprie “nuove mitologie” di natura prettamente religiosa8. Secondo alcuni gli eventi terroristici dell’11 settembre 2001 sarebbero nati da un complotto ordito dagli Illuminati. In realtà il ritorno sulla scena di tale Ordine iniziatico sarebbe da ascrivere a The Illuminatus! Trilogy una serie di tre romanzi scritti da Robert Anton Wilson (1932-2007) già editorialista di Playboy e Robert Shea (1932-1994) nel 1975 e riuniti in un unico volume nel 1984 dalla Dell Publishing di New York9. L’opera mescola, in un insieme allucinato, tematiche care alla cultura alternativa e underground a fascinazioni provenienti dal mondo dell’esoterismo, fantascienza, noir, il tutto sotto l’egida di un complotto cosmico ordito dagli «Illuminati». La genialità del testo sta nell’aver unito un materiale tutto sommato eterogeneo in una “coerente” teoria cospirazionista: la base della narrazione è la lotta intrapresa tra i Discordiani e gli Illuminati di Baviera per il controllo del mondo: nei Discordiani riconosciamo da subito i “buoni”, una cerchia di impostazione anarcoide10 che si batte per l’instaurazione di un regno del bengodi sulla Terra. Come spiega anche il romanzo, il «discordianesimo» sarebbe una religione di impronta filosofica fondata nel 1963 da Gregory Hill e Kerry Wendell Thornley, basata sul culto di Eris, la dea Greca del caos nota ai latini come Discordia.
Complotti esoterici
L’influenza degli Illuminati fu talmente capillare che anche due esponenti di rilievo della letteratura tedesca come Goethe e Lessing entrarono a farne parte. Percy Bysshe Shelley (1792-1822) scrisse anche un pessimo romanzo, St. Irvyne, or the Rosicrucian (scritto nel 1810 e pubblicato anonimamente nel 1811)11 che narrava di una confraternita protestante dei Rosa+Croce oppositrice degli Asburgo.
Nel 1789 in Francia esistevano duemila logge affiliate al Grande Oriente che radunavano centomila membri. Lo spargimento di sangue dei Giacobini che caratterizzò il loro regime di paura non fu altro che l’ennesima dimostrazione della manipolazione ideologica delle potenze egemoni e delle loro istituzioni. Quanto più il concetto di ragione si depotenzia, tanto più agilmente porta alla manipolazione delle idee e alla propaganda di bugie. L’Illuminismo dissolse l’idea di ragione oggettiva, il dogmatismo e la superstizione; ma spesso la reazione e l’oscurantismo furono quelli che trassero maggior vantaggio da tale conquista culturale. Gl’interessi costituiti, che negano i tradizionali valori umanitari, agiscono in nome del «senso comune», alla ragione diventata neutrale e impotente12. L’appello a sacrificare la nostra vita per una causa superiore è sovente una maschera della manipolazione da parte di coloro che hanno bisogno della guerra per sostenere il loro potere e la loro ricchezza.
Attacco al potere
Nei secoli le vicende legate all’infame condanna dei Templari si caricarono sempre più di elementi leggendari. È nel fiorire del XVIII secolo un forte rigurgito «nostalgico» di tali tematiche, legato a reinventati Ordini cavallereschi presentati come precursori della Massoneria (e viceversa)1. Da qui si sviluppò l’idea, tanto logica quanto fantasiosa, che i Massoni si fossero assunti il compito di vendicare Jacques de Molay contro la monarchia francese, un’idea che avrebbe avuto significative conseguenze dopo il 1789. Nel 1790 i Massoni furono collegati con i protagonisti dell’Illuminismo francese, i cosiddetti Philosophes (Diderot, D’Alembert, Helvetius, d’Holbach, Voltaire, Condorcet). Con le sue varianti scozzese, egizia, templare, ebraica e rosacrociana, la Massoneria divenne la più complessa e centrale di tutte le società segrete.
Rivoluzionari occulti
Alle prime cerchie massoniche si collegò uno scozzese cattolico e stuardista, Andrew Michael Ramsay2 (1686-1743), che elaborò un’affascinante costruzione leggendaria: i segreti della Massoneria erano i medesimi dell’antico Tempio di Gerusalemme e i Cavalieri erano sopravvissuti, dopo il suo scioglimento, emigrando in Inghilterra e in Scozia. Era così nato il «templarismo», destinato ad assumere varie e per molti aspetti contrastanti tendenze.
In un libretto del 1792, Le tombeau de Jacques de Molay («La tomba di Jacques de Molay»)3, il chimico e farmacista Charles Louis Cadet de Gassicourt (1769-1821)4 fece risalire la rivoluzione ai Cavalieri Templari. Descrisse dettagliatamente come l’ultimo Gran Maestro, Jacques de Molay, pianificò la vendetta contro la monarchia francese nella cella della sua prigione alla Bastiglia, e come gli attuali rivoluzionari stessero realizzando la sua volontà. I Templari, secondo tale mirabolante tesi, non morirono ma entrarono in clandestinità e riapparvero in seguito come Massoni. Molti autori successivi accettarono questa idea. Il legame Templari-Massoni implicava una dimensione politica, perché se i Templari sopravvissuti si erano finalmente vendicati della monarchia francese, del papato, e in effetti di tutta la cristianità, ciò significava che avevano un programma radicale, persino nichilista, da seguire. La Rivoluzione francese segnò anche per il templarismo una discriminante5. La teoria del complotto universale, già affiorata più volte nel Settecento e messa in rapporto con le forze più varie – dai Massoni ai Gesuiti – trovò quindi un naturale compimento in opere come quella di Cadet de Gassicourt.
Riciclaggio templare
Il massonismo cavalleresco cattoaristocratico di Ramsay a fine XVIII secolo si collegò a una nuova ripresa templaristica, cioè all’idea – anticattolica ma dissimulata – che attraverso la cavalleria medievale e l’iniziazione templare fosse stato trasmesso alle età successive, senza soluzioni di continuità, un cristianesimo più vero oltre che più profondamente sapiente. Un cristianesimo esoterico, connesso con quanto Gesù aveva rivelato segretamente al discepolo prediletto, Giovanni; mentre il popolo cristiano era chiamato ad accontentarsi del cristianesimo da pecoroni affidato a Pietro e, attraverso di lui, alle istituzioni ecclesiastiche.
I nuovi Templari francesi si collegarono con la loggia massonica degli «Chevaliers de la Croix», affiliata al Grande Oriente di Francia e popolata di esponenti dell’aristocrazia. Napoleone, a sua volta legato alla Massoneria, del resto era favorevole al sorgere di sodalizi che avrebbero potuto contribuire alla doratura dei molti nuovi blasoni nobiliari che egli andava creando e distribuendo a facoltosi arricchiti, sovente ex estremisti giacobini riciclati. Fu così che, nel marzo del 1808, il nuovo Ordine templare poté celebrare con gran pompa e con profusione di abiti “medievali” l’anniversario della morte di Molay con un requiem nella chiesa di Saint-Paul-Saint-Louis.

Una stirpe illuminata
Nel 1772 J. Adam Weishaupt (1748-1830) diventò professore di Legge presso l’Università di Ingolstadt, in Baviera6. La giurisprudenza, tuttavia, non sarà mai la sua vera passione. Appena ventiquattrenne, Weishaupt era un giovane inquieto e idealista; deluso dalla rigorosa educazione mnemonica ricevuta dai Gesuiti e ispirato dall’Illuminismo allora fiorente, aveva sviluppato l’ostinato e ambizioso desiderio di migliorare la società usando il potere della ragione per dissipare la superstizione religiosa. La sua vera passione erano gli intrighi. Fin da piccolo, era rimasto affascinato da società segrete come la Fratellanza pitagorica. Nel 1774, si era unito a una Loggia Massonica, ma era rimasto ben presto deluso dai Massoni per la loro mancanza di aspirazioni politiche e di autentica segretezza, oltre che dalle elevate quote associative. Decise quindi di fondare una propria società segreta. Il sodalizio fu battezzato «Ordine degli Illuminati»7. Era nato il complottismo moderno.
La doppia personalità di Weishaupt servì a dare lo sfondo “ideologico” alla società degli Illuminati. Fondato su una filosofia tanto idealistica da risultare ingenua, l’Ordine, in base agli statuti elaborati dallo stesso Weishaupt, si poneva come unico obiettivo il miglioramento dell’uomo alla luce della dea Ragione. Gli iniziati erano tenuti ad assumere nomi falsi, imparare un vocabolario segreto, superare un’elaborata serie di riti d’iniziazione e recidere ogni legame con famigliari e amici. Per reclutare nuovi adepti, Weishaupt infiltrò degli Illuminati nelle logge massoniche per attirarne a sé i membri.
All’inizio degli anni ottanta del XVIII secolo, l’Ordine poteva vantare circa trecento membri sparsi in tutta Europa. Tale espansione, tuttavia, era avvenuta a spese della segretezza. La personalità pedante e prepotente di Weishaupt dovette irritare gravemente qualche nuovo adepto e alcuni membri vuotarono il sacco con qualche profano sull’attività degli Illuminati, spesso colorandola di allarmanti esagerazioni. Verso il 1784, le voci che circolavano sull’Ordine avevano ormai catturato l’attenzione delle autorità. Il governo bavarese emise un editto che vietava le associazioni non autorizzate, e Weishaupt dovette sospendere le riunioni degli Illuminati. Ma ormai libero da ogni vincolo con la realtà, il fenomeno degli Illuminati assunse dimensioni mitiche nella fantasia irrequieta dei loro detrattori, non solo in Baviera, ma in tutta Europa e in luoghi lontani come gli Stati Uniti, che avevano appena conquistato l’indipendenza.
Antagonisti
Negli ultimi decenni tali visioni sono dilagate oltre lo spazio mediatico (letteratura, fumetto, cinema) presentandosi come vere e proprie “nuove mitologie” di natura prettamente religiosa8. Secondo alcuni gli eventi terroristici dell’11 settembre 2001 sarebbero nati da un complotto ordito dagli Illuminati. In realtà il ritorno sulla scena di tale Ordine iniziatico sarebbe da ascrivere a The Illuminatus! Trilogy una serie di tre romanzi scritti da Robert Anton Wilson (1932-2007) già editorialista di Playboy e Robert Shea (1932-1994) nel 1975 e riuniti in un unico volume nel 1984 dalla Dell Publishing di New York9. L’opera mescola, in un insieme allucinato, tematiche care alla cultura alternativa e underground a fascinazioni provenienti dal mondo dell’esoterismo, fantascienza, noir, il tutto sotto l’egida di un complotto cosmico ordito dagli «Illuminati». La genialità del testo sta nell’aver unito un materiale tutto sommato eterogeneo in una “coerente” teoria cospirazionista: la base della narrazione è la lotta intrapresa tra i Discordiani e gli Illuminati di Baviera per il controllo del mondo: nei Discordiani riconosciamo da subito i “buoni”, una cerchia di impostazione anarcoide10 che si batte per l’instaurazione di un regno del bengodi sulla Terra. Come spiega anche il romanzo, il «discordianesimo» sarebbe una religione di impronta filosofica fondata nel 1963 da Gregory Hill e Kerry Wendell Thornley, basata sul culto di Eris, la dea Greca del caos nota ai latini come Discordia.
Complotti esoterici
L’influenza degli Illuminati fu talmente capillare che anche due esponenti di rilievo della letteratura tedesca come Goethe e Lessing entrarono a farne parte. Percy Bysshe Shelley (1792-1822) scrisse anche un pessimo romanzo, St. Irvyne, or the Rosicrucian (scritto nel 1810 e pubblicato anonimamente nel 1811)11 che narrava di una confraternita protestante dei Rosa+Croce oppositrice degli Asburgo.
Nel 1789 in Francia esistevano duemila logge affiliate al Grande Oriente che radunavano centomila membri. Lo spargimento di sangue dei Giacobini che caratterizzò il loro regime di paura non fu altro che l’ennesima dimostrazione della manipolazione ideologica delle potenze egemoni e delle loro istituzioni. Quanto più il concetto di ragione si depotenzia, tanto più agilmente porta alla manipolazione delle idee e alla propaganda di bugie. L’Illuminismo dissolse l’idea di ragione oggettiva, il dogmatismo e la superstizione; ma spesso la reazione e l’oscurantismo furono quelli che trassero maggior vantaggio da tale conquista culturale. Gl’interessi costituiti, che negano i tradizionali valori umanitari, agiscono in nome del «senso comune», alla ragione diventata neutrale e impotente12. L’appello a sacrificare la nostra vita per una causa superiore è sovente una maschera della manipolazione da parte di coloro che hanno bisogno della guerra per sostenere il loro potere e la loro ricchezza.
Attacco al potere
Spesso si è sentito parlare di «New World Order», una formula introdotta nel 1972 dall’ideologo americano Robert W. Welch Jr. (1899-1985) fondatore della «John Birch Society» espressione della destra radicale, e ripresa a tal punto, da assurgere, con l’acronimo NWO, a simbolo del complottismo. L’elicottero nero, forza d’attacco del Nuovo Ordine Mondiale, che sorvola dall’alto la città, invisibile e impercettibile, è l’effige del supercomplotto planetario. Un immaginario che declina e rafforza l’incubo di un mondo uniformato, senza frontiere e senza limiti, conformato agli stessi valori e alle stesse norme, un mondo sottoposto alla tutela unica di un potere estraneo e totalitario13.
Un tale incubo è prospettato con accenti allarmanti già da Ernst Jünger (1895-1998) nel saggio del 1960 Stato mondiale. Organismo e organizzazione. La cortina di ferro, l’apparente divisione del globo tra le due grandi potenze del tempo, non impedì allo scrittore tedesco di scorgere la crescente uniformità che, al di sopra delle nazioni, si estendeva ovunque seguendo il ritmo della tecnica e dei suoi caratteri cosmico-planetari. L’orizzonte stagliantesi sullo sfondo era lo Stato mondiale, non un imperativo della ragione a cui giungere di comune accordo, bensì l’imporsi di una forma inedita nella quale il vortice del mondo sembrava assestarsi e disporsi14. Jünger parlava di Gestell «telaio», «trama», per riferirsi a quel dispositivo elusivo al controllo, posto al di là del concetto tradizionale di Stato, dischiuso su d’un inquietante e caotico paesaggio complottista. Per Jünger il superamento dell’anomalia globalizzante, straniante con la sua mobilità e alterata rapidità, era il ripristino dell’ordine statocentrico, la riappropriazione della sovranità, il rafforzamento delle comunità nazionali e delle culture identitarie.
La tendenza a svellere tale sistema oppressivo sin dalle sue basi scientifico-ideologiche è infatti un requisito fondante il pensiero antagonista. Un pensiero che trova l’espressione più compiuta nel «movimento situazionista», un movimento a base anarco-marxista (legato alle avanguardie artistiche d’inizio Novecento) nato nel 1957, e giunto alla notorietà nel 1968 grazie al determinante apporto agli eventi contestatari del «Maggio francese». Il progetto centrale del situazionismo era l’ideazione di molteplici «situazioni creative» atte a disarticolare il sistema dal suo “interno”, cioè nel cuore stesso del “potere”; un programma già chiaramente espresso dal francese Guy Debord (1931-1994) in La Societé du spectacle (1967)15 e dal belga Raoul Vaneigem nel Traité de savoir-vivre à l’usage des jeunes générations (1967)16. Centrale nella pratica situazionista era infatti il détournement, cioè la decostruzione del dispotismo culturale a partire dai materiali che fondavano il potere stesso. Le arti, la letteratura, il cinema, il fumetto e tutti gli strumenti della comunicazione di massa, erano gli ingredienti prediletti per una «deriva» che partendo da un’idea critica giungeva a modificare oggetti estetici preesistenti (testi, immagini, suoni). Un esempio classico è quello di una scena di un fumetto nelle cui nuvolette gli originari dialoghi erano sostituiti con frasi o testi di contestazione al sistema, sovversivi verso uno specifico stile di vita: i materiali messi a disposizione dalla «società dello spettacolo» diventavano gli strumenti del suo stesso annientamento. Quindi un soggetto apparentemente neutro o innocuo come la fantascienza poteva trasformarsi in un potente strumento di guerra culturale, inoculando nel sistema l’idea che un semplice romanzo potesse essere fonte non solo d’intrattenimento ma anche di profonde verità, che un mondo dominato da “poteri forti” era impegnato a nascondere.
Ezio Albrile