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Arrivano i francesi con i Tgv sulla AV italiana, ma cambierà qualcosa? E al valico di Ventimiglia mancano relazioni internazionali dal tempo della pandemia


E così le Ferrovie Francesi (Sncf) scenderanno in Italia per contendere il ricco mercato della Torino – Milano – Bologna – Firenze – Roma – Napoli alle Freccerosse di Trenitalia e ad Italo. Lo ha confermato la Direttrice generale di Sncf Voyages Italia, Caroline Chabrol, in un’intervista al Corriere della Sera.

di Massimo Ferrari

Con la sigla TGV, dal francese Train à Grande Vitesse (treno ad alta velocità), viene definita una famiglia di convogli a trazione elettrica di concezione francese, progettati dalla SNCF, Société nationale des chemins de fer français (Società nazionale delle ferrovie francesi), in collaborazione con la società costruttrice Alstom (GEC-Alsthom).

Pur non nascondendo le difficoltà di ottenere le tracce orarie su cui far correre i loro Tgv. Hanno proposto un accordo di 15 anni per nove coppie di treni al giorno, ma se ne sono visti offrire appena due, scese poi ad una sola in un secondo colloquio. Facile prefigurare un contenzioso legale innanzi agli organi dell’Unione Europea, custodi dei sacri principi della concorrenza. Anche tra Torino, Milano, Brescia, Verona, Padova e Venezia i francesi si candidano a gestire quattro frequenze quotidiane. “Affaire à suivre” come dicono oltralpe.

Secondo Madame Chabrol, non ci sarebbe intenzione da parte dei francesi di sottrarre clientela a Trenitalia o a Italo.  Piuttosto di puntare su quel 70 per cento di persone che non sceglie il treno, ma si muove in aereo, auto, autobus o non viaggia del tutto. Ma da dove ricava questi dati, quando, fino a poco tempo fa, si sosteneva che tra Milano e Roma il treno si aggiudica oltre l’80 per cento degli spostamenti? Predominio ora eroso dall’aereo a causa dei troppo frequenti ritardi che affliggono l’Alta Velocità italiana a seguito della crescente saturazione e dei continui cantieri. Mentre chi sceglie di spostarsi in auto lo fa per raggiungere località periferiche non ben collegate dalla rete nazionale, oppure per ripartire il costo tra più occupanti della vettura. E chi sceglie Flixbus è attirato dai prezzi molto bassi, ancorché i tempi di viaggio siano assai più lunghi.

E allora quali concreti vantaggi può ragionevolmente attendersi il cliente che frequenta le più trafficate linee italiane? Difficile dare una risposta, visto che i margini di miglioria sono molto risicati. In particolare la Milano – Roma è già quasi satura, almeno fino a quando non entrerà in funzione il Passante di Firenze, che permetterà di evitare il regresso a Santa Maria Novella. Tra Milano e Venezia, poi, bisogna attendere il completamento della nuova linea veloce tra Brescia e Vicenza, mentre da lì a Padova i lavori non sono neppure cominciati. E, come dovrebbe essere ben noto (ma, a volte, viene il dubbio che non lo sia), quando si blocca un treno in linea, tutti quelli che seguono, indipendentemente dalla livrea indossata, devono pazientemente accodarsi. La ferrovia non è un’autostrada, dove si può agevolmente affrontare un sorpasso, E neppure una linea aerea, dove, se Fiumicino fosse saturo, si possono sempre chiedere degli slot liberi a Ciampino.

Quindi a che si riduce la concorrenza? Nella migliore delle ipotesi – e non è cosa da poco – può contribuire a calmierare i prezzi (come in parte è avvenuto dopo la discesa in campo di Italo).Ma è davvero improbabile che, se devo essere per  mezzogiorno a Roma, decida di partire un paio d’ore più tardi per accordare la mia preferenza ad un treno francese, dove, magari, potrò sfamarmi con una baguette, anziché col panino imbottito nostrano proposto da Trenitalia (per Italo, invece, bisogna accontentarsi degli snack erogati dai distributori automatici).

Del resto, già lo si vede sulla relazione Milano – Torino – Parigi, finalmente riaperta dopo un anno e mezzo d’interruzione a seguito di una frana in territorio francese. Riproponendo pedissequamente gli stessi orari di prima del blocco. Al mattino due corse dirette: un Tgv inOui alle 6.00 da Milano Porta Garibaldi, seguito, 20 minuti dopo, da un Frecciarossa che parte dalla Centrale. Stesso distanziamento per le due corse pomeridiane che arrivano in tarda serata alla Gare de Lyon. A nessuno viene in mente che partire alle 6.00 del mattino può essere proibitivo, specie per chi viene da altre località? No, si copia la strategia delle compagnie aeree, che impongono ai propri clienti partenze antelucane, anche se dormire su una poltrona a Malpensa per molti può risultare accettabile e ci sono molti parcheggi convenzionati nei dintorni. Provate a fare lo stesso alla stazione Centrale che chiude di notte per dissuadere gli sbandati. Di ripristinare il treno notturno Venezia – Parigi, eliminato al tempo della pandemia, naturalmente non se ne parla proprio.

Sembrerebbe evidente che il treno diventerà un’opzione interessante quando sarà completata l’AV Torino – Lione ed i tempi di percorrenza scenderanno a 4 ore contro le 7,30 attuali. Ma, nonostante ciò, e a dispetto della lunghissima interruzione, fioccano le prenotazioni, cresciute del 10 per cento in vista dell’estate.  E allora i tempi di viaggio, decisamente superiori rispetto all’aereo, non costituiscono una barriera invalicabile. Ma, se davvero è così, perché non cimentarsi su altre relazioni, tipo Milano – Lione – Barcellona? Niente da fare. Le compagnie ferroviarie nazionali non sembrano interessate a conquistare nuovi segmenti di mercato. La concorrenza si riduce nello strapparsi gli stessi clienti sulle relazioni più profittevoli.

Competono francesi e spagnoli sulla stessa tratta Parigi – Barcellona. Da un paio d’anni anche Trenitalia cerca di aggredire il mercato spagnolo ovviamente sulla Madrid – Barcellona e quello francese tra Lione e Parigi. Adesso  il Ceo del gruppo FS, Donnarumma, si è recato nel Regno Unito, mostrandosi interessato alla Parigi -Londra, attraverso il tunnel sotto la Manica. Ossia per sottrarre una quota di clienti agli Eurostar che uniscono le due capitali ormai da trent’anni. Una logica diversa rispetto agli svizzeri che paiono interessati a promuovere corse da Zurigo a Londra, puntando ad un settore di mercato su cui attualmente l’aereo è praticamente monopolista.

Di servizio pubblico, naturalmente, non parla più nessuno. La strategia emergente, semmai, è quella di Treni Turistici Italiani: ripropone sì treni a lungo percorso, magari da Milano alla Sicilia, ma solo in certi periodi dell’anno, quando è ragionevole prevedere una domanda consistente. Su altri itinerari, dove si potrebbe facilmente ipotizzare un forte afflusso di passeggeri, almeno stagionale, gli effetti benefici della concorrenza tardano a manifestarsi. Ben poco sulla Adriatica a sud di Bologna, nonostante la grande frequentazione delle spiagge da Rimini a San Benedetto del Tronto ed oltre. Proprio nulla sulla Tirrenica, a dispetto delle rinomate località del Levante ligure e della Versilia, da Santa Margherita a Forte dei Marmi

Al valico di Ventimiglia, poi, mancano relazioni internazionali dal tempo della pandemia. Perché le Ferrovie Frncesi e Italiane non competono per assicurare un servizio decoroso sull’asse Milano – Genova – Sanremo – Nizza – Marsiglia? Credono forse di non trovare clienti interessati a raggiungere in tempi accettabili le località della Riviera e della Costa Azzurra, almeno in estate?

In realtà il forte rilancio del treno sulle medie distanze è stato possibile in virtù degli enormi investimenti pubblici che hanno permesso di realizzare nuove linee veloci e competitive. Così è avvenuto prima in Francia, poi in Italia ed in Spagna. L’ingresso di compagnie di stato o private sulle stesse tratte – e solo su quelle – ha semmai accresciuto le rigidità a carico del cliente. Se ho acquistato un biglietto di Italo e decido poi di utilizzare un Frecciarossa (perché è saltato un appuntamento o per qualsiasi altra ragione) devo farmi rimborsare il primo titolo di viaggio e poi acquistarne un altro dal diverso gestore all’ultimo momento e a prezzi ovviamente maggiorati.

Figurarsi quando avrò acquistato un biglietto francese, magari per pochi euro di differenza, valido però per i treni di una compagnia che propone appena un paio di corse al giorno.

La competitività del treno riposa, dunque, sulla presenza di linee veloci – costruite con i fondi pubblici – e non sulla concorrenza tra compagnie che si disputano lo stesso ristretto mercato. La controprova la vediamo in Cina, dove non ci sono vettori in competizione, ma lo stato si è sobbarcato enormi investimenti per  realizzare una rete integralmente nuova ed il numero dei passeggeri si è moltiplicato. Mentre negli Stati Uniti, patria del liberismo, nessuno si sogna di insidiare la ristretta clientela di Amtrak, i cui treni, sostanzialmente fuori mercato (salvo che tra New York e Washington), soddisfano giusto una minuscola porzione di affezionati nostalgici.

Massimo Ferrari


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