Il Giuoco per eccellenza dei nostri nonni: la pallapugno. Un gioco amato e coinvolgente, che trascinava fino alla rissa.
di Giuseppe Testa

Un gioco che fa parte della nostra cultura, su cui è stato scritto tanto e su cui tanto c’è da scrivere. Solo leggendo le denunce o i problemi di ordine pubblico che creava, ci si rende conto di quanto fosse sentito anticamente, fino ad alcuni decenni or sono. Oggi è ancora vivo e praticato.
Meriterebbe, e merita, un libro per essere spiegato e divulgato a dovere. Eccone un piccolo accenno, ringraziando Mauro Berruti, avvocato civilista, grande conoscitore del gioco, per la collaborazione nella ricerca di informazioni.
Chiamata ufficialmente pallone elastico fino al 2001 e definita balon (pronuncia [balʊŋ]) negli idiomi piemontesi e liguri, la pallapugno è uno sport di squadra, che viene praticato su un terreno di gioco (detto sferisterio) con un lato di rimbalzo, sia esso un muro, rete o altro. Presente in molti paesi europei, questo gioco, è detta anche “il gioco della balla” (ma i nomi sono vari, anche a seconda del luogo in cui si giocava, come ad esempio: pallacorda, o della balla di paramaggio, o “jeu de paume”). Ebbe grande successo soprattutto in Italia, e principalmente nell’area ligure/piemontese dove è attestata ancora oggi.
Questo gioco deriva dalla palla a muro, disciplina di origine latina, che viene tuttora praticata in varie nazioni. La consacrazione a gioco ufficiale avviene con la pubblicazione nel 1555, a Ferrara, del “Trattato del gioco della palla” di Antonio Scaino.
Molti fanno coincidere il successo del gioco ai soldati annoiati nei periodi di inattività, che lo esercitavano a ridosso di mura di cinta, forti e castelli, che erano ideali per la sua pratica. Ciò spiegherebbe la strana presenza di un muro di rimbalzo, tipica di questo gioco, che richiede potenza, astuzia, velocità e colpo d’occhio.
Veniva normalmente giocato anche nei centri urbani, dove improvvisate mura di abitazioni erano utilizzate quale “sponda” per i lanci. Si prestavano anche le piazze, le vie particolarmente ampie, infine luoghi ove fosse comunque presente una muraglia o un muro di cinta, meglio se molto alto.
Tra Ottocento e Novecento il pallone elastico seguì la crisi del mondo contadino e rurale, e la contemporanea grande diffusione del gioco del calcio, arrivando alla sua quasi totale scomparsa, con l’eccezione di alcune province del Piemonte (Torino, Asti e Cuneo) e della Liguria (Savona e Imperia): in queste zone è oggi è ancora radicata e si gioca a livello professionistico.
Una delle grandi difficoltà è quella di sopravvivere in centri urbani sempre più edificati, trafficati e pericolosi, con regole sempre più attente alla convivenza pacifica e la difficoltà oggettiva di avere un sito idoneo, più facile da reperire in contesti rurali. A dimostrazione di ciò è esempio lo sferisterio di Finalmarina, usufruibile per un certo periodo e poi edificato e riempito di palazzine negli anni dello sviluppo economico ed edilizio, e quindi l’impossibilità pratica di avere un luogo idoneo, essendo ormai impensabile ritornare nel vecchio spazio nella via centrale.
Era forse il divertimento pubblico più seguito in passato, che appassionava enormemente ed incredibilmente ogni ceto cittadino: uno scontro poteva essere l’avvenimento del giorno, e l’occasione per lanciarsi in scommesse, vera piaga collaterale del gioco. Ogni partita creava non pochi problemi di ordine pubblico: molto spesso si finiva in rissa, fuori del terreno di gioco, ma anche al suo interno, tra i giocatori dell’una e dell’altra squadra. Come accade oggi per il calcio, alcune partite particolarmente “calde” necessitavano la presenza di guardie armate per garantire l’ordine pubblico.
Era un gioco chiassoso, se giocato all’interno del un paese. Accendeva gli animi, sia per le scommesse che per le rivalità campanilistiche, tipiche del passato tra rioni e rioni e paese e paese.
I problemi di ordine pubblico erano svariati: di denunce di passanti colpiti dai proiettili di cuoio, dato che il terreno di gioco era per lo più, come detto, una pubblica piazza o una via; ma anche i proprietari dei fabbricati antistanti il terreno di gioco proponevano denunce e richieste di danni, per persiane e vetri di finestra rotti, o addirittura per danni alle muraglie, sponde ideali dei lanci dei giocatori, che utilizzavano i muri per dare effetto alla palla e renderla imprendibile dall’avversario. E’ anche per questo motivo che i proprietari dei fabbricati, spesso frapponevano ostacoli sui muri per dissuadere i giocatori, come ad esempio delle punte acute di ferro infisse nei muri, che se colpite dalla palla ne provocavano lo sgonfiamento. E questo provocava la reazione dei giocatori che si rivolgevano alla magistratura perché ordinasse la rimozione di quegli ostacoli; ottenendone, a volte un provvedimento, non ultimo il fatto che il gioco appassionava anche gli uomini di legge.
La partita veniva disputata da due squadre, composte da un numero variabile di giocatori (da 1 a 4). I giocatori di una squadra dovevano lanciare una palla, ed i componenti dell’altra dovevano respingere la stessa, utilizzando un bracciale (chiamato “braccialone”) che, a seconda dell’epoca e della zona in cui si giocava, poteva essere fatto di panni e lacci, molto spesso di cuoio duro, ma poteva anche essere costituito da un pezzo di legno, del peso di circa 2 chilogrammi, a forma di cilindro e vuoto all’interno, dove si trovava l’impugnatura. Sulla superficie esterna del bracciale di legno erano fissate delle punte, sempre di legno, con cima arrotondata. Le punte avevano lo scopo di imprimere una maggiore velocità della palla, e di ottenere traiettorie difficili da individuare, ma allo stesso tempo di attenuare l’urto del pallone sul braccio. Sia la struttura in legno che quella in cuoio duro, avevano infatti, tra l’altro, il compito di proteggere il polso e il dorso della mano. La palla era di cuoio, e pesava circa 16 once; era formata da una vescica di maiale, ricoperta di strisce di cuoio cucite tra loro. La vescica era utilizzata come una camera d’aria che, naturalmente, veniva gonfiata ad inizio partita, anche dare “elasticità” alla palla e conseguentemente per imprimerle maggiore velocità.
Anche nel Finalese si giocava con la “balla”. Nelle partite era presente sempre il “ballonero”, ossia colui che noleggiava la palla e, nelle sfide importanti, il “cadregaro”, ossia colui che noleggiava le sedie per gli spettatori. La rivendita delle palle e dei braccialoni era svolta dalla “bottega del Bolla” a Finalborgo, famoso anche per la vendita di dadi e carte da gioco.
A Finalmarina il gioco del pallone si svolgeva in un tratto del “budello”, prima che questa sfoci in piazza Vittorio Emanuele. Questa zona, infatti, era anche nota come “Contrada del Gioco del Pallone”. Più tardi, negli anni Venti, venne attrezzato un apposito “Campo del giuoco del pallone” sotto Castelfranco, come si vede in immagine, datata 1932.
A Finalborgo, invece, si giocava al pallone elastico in via dell’Annunziata: la seconda metà di questa via ha la parte destra costituita da una lunga muraglia, che appunto serviva come parete di appoggio dei lanci della palla.
Le partite finivano normalmente nelle osterie vicine ai campi da gioco, ove i giocatori continuavano le sfide a suon di bevute e molto spesso di battibecchi, che sfociavano in colossali risse. Di tali edificanti episodi è rimasta traccia in decine di processi, i cui verbali sono conservati nell’Archivio comunale di Finale Ligure.
Il pallone elastico è da sempre un emblema della cultura contadina e del folclore piemontese e ligure: è stato narrato da scrittori come Edmondo De Amicis, Cesare Pavese, Beppe Fenoglio, Giovanni Arpino.
Portato nelle Americhe dagli emigranti, questo sport è stato praticato per alcuni anni fino a quando le nuove generazioni, oltre alla perdita della lingua, degli usi e costumi dell’Italia, si sono completamente integrati e lo hanno dimenticato.
Giuseppe Testa
2/REDAZIONE DI TRUCIOLI- PALLAPUGNO-FIPAP: L’11 NOVEMBRE 2024 eletto il nuovo Consiglio Federale, Enrico Costa Confermato presidente.

Dogliani- Eletto il nuovo Consiglio Federale della Fipap (Federazione Italiana Pallapugno – Pallone Elastico) per il prossimo quadriennio olimpico 2024-2028. L’Assemblea delle società affiliate ha votato per il rinnovo delle cariche durante la riunione che si è tenuta nella mattinata di domenica 10 novembre a Dogliani.
Enrico Costa, in carica dal 2005 e unico candidato alla presidenza, è stato confermato con oltre il 97% dei voti. Il Consiglio federale sarà composto da 10 persone: Bruno Aimar, Stefania Toselli, Marco Scajola, Martina Raimondo, Stefano Dho, Luca Selvini e Giulia Liboà per i dirigenti; Federico Alessandria e Milena Cavagnero per gli atleti; Lorenzo Terreno per i tecnici. A ricoprire l’incarico di presidente dei revisori dei conti è stata confermata Aurelia Isoardi.

degli studi di Siena, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Istituto di Psicologia Generale e
Clinica. Libero professionista. E’ stato consigliere comunale a Imperia e Assessore con il centro destra. Eletto in Regione Liguria nel 2010. Dal 2010 al 2015 Consigliere regionale di opposizione, rieletto nel 2015 viene nominato Assessore con la giunta Toti presidente. Scajola è tornato in ‘Forza Italia’