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Il mistero dei ‘re Magi’. Le reliquie (ossa) custodite a Colonia e Milano


Nel suo recente libro “I Magi e la stella-Viaggio a Betlemme” lo storico genovese Antonio Musarra, professore Associato di Storia medievale alla Sapienza Università di Roma, traccia un quadro completo delle ricerche che riguardano queste figure, la cui identità è ancor oggi velata dal mistero.

Ancora una volta è proprio Jacopo da Varagine nella sua “Legenda aurea” a cercare di fornire una composizione accettabile delle numerose tessere leggendarie che costituivano il complesso mosaico della storia dei Magi.

L’unico Vangelo che accenna a questi “sapienti” che, guidati da una stella, portano doni al neonato Gesù a Betlemme, riconoscendone la superiorità divina, è il vangelo di Matteo. In esso l’evangelista fornisce della vicenda una narrazione essenziale, se non scarna per quanto riguarda tali personaggi, mentre in quelle pagine assume maggiore rilievo il re Erode.

«Gesù nacque a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode. Alcuni Magi giunsero da oriente a Gerusalemme e domandavano: «Dov’è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per adorarlo». All’udire queste parole, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i sommi sacerdoti e gli scribi del popolo, s’informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Messia. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta […]

Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire con esattezza da loro il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme esortandoli: «Andate e informatevi accuratamente del bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo».

“Udite le parole del re, essi partirono. Ed ecco la stella, che avevano visto nel suo sorgere, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti poi in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.» Matteo, 2, 1-12

Come letto, Matteo non specifica né la natura di quelli che chiama “Magi“, né la provenienza, né il numero, né i nomi. Molte delle loro peculiarità sono invece presenti in alcuni dei Vangeli apocrifi.

L’appellativo “Magi” (dal greco magos), letteralmente “ingannatori, stregoni, sapienti“, indicava in essi la saggezza, la sapienza. Jacopo da Varagine ne precisa in tal senso il significato, facendo derivare il termine “magi” da “magni“, cioè grandi, nella sapienza.

Nelle tradizioni precedenti il loro numero venne stabilito nel “tre”, numero perfetto, come tre sono le razze umane (semitica, camitica, giapetica) che i Magi rappresentano a significare l’universalità del messaggio cristiano e tre è il numero dei continenti allora conosciuti; i loro nomi dei Magi furono indicati in seguito come Baldassarre, Melchiorre e Gaspare.

Nel VIII secolo il Venerabile Beda descriveva Melchiorre come “un vecchio dai capelli bianchi, con una folta barba e lunghe chiome ricciute“, Gasparreun giovane imberbe” e Baldassarre “di carnagione olivastra e con una barba considerevole”.

La loro provenienza è incerta e quell'”oriente” menzionato da Matteo si sfuma, a seconda delle diverse fonti considerate, in un territorio non ben definito: la Persia o la Caldea, la Sabea (regione attraversata dal fiume Sabe) piuttosto che l’Arabia o l’india.

Secondo alcuni racconti il loro viaggio durò tre soli giorni in groppa a dromedari magicamente velocissimi; secondo altri ben due anni, durante i quali però, non ebbero bisogno di viveri, le montagne si spianavano e i fiumi non ponevano ostacoli. Giunti a Betlemme, offrirono al Salvatore oro (simbolo di maestà regale) incenso (simbolo di maestà divina) e mirra (sostanza usata nell’imbalsamazione dei corpi e, quindi, simbolo della resurrezione).

Nelle raffigurazioni antiche essi sono rappresentati con abiti orientali e con in capo il cappello frigio (conico e con la punta rivolta in avanti), che molto più tardi fu sostituito da una corona regale.

I Magi con il berretto frigio nel mosaico di Sant’Apollinare nuovo in Ravenna

 

 

I Magi con la corona reale nella raffigurazione di Gentile da Fabriano ( Galleria Uffizi, Firenze)

 

La “stella” di cui parla Matteo fu rappresentata come una cometa per la prima volta da Giotto negli affreschi della natività nella cappella degli Scrovegni a Padova. Egli infatti, in gioventù, aveva visto il passaggio in cielo della cometa (in seguito definita di Halley) nel 1301-1302.

I Magi nell’affresco di Giotto in cui, per la prima volta, compare la cometa sopra la mangiatoia di Betlemme (Cappella degli Scrovegni, Padova)

 

 

Tornati per via diversa rispetto a quella che avevano percorso nell’andata per evitare l’ira del re Erode, sempre secondo tradizione leggendaria, i Magi morirono nelle terre d’Oriente. Lì i loro corpi furono rinvenuti da Elena, madre dell’imperatore Costantino che ne ordinò il trasferimento a Costantinopoli, nella chiesa di S. Sofia. Il vescovo milanese Eustorgio, ottenne dall’imperatore d’Oriente la possibilità di traslare le spoglie dei Magi a Milano. La tradizione vuole che Eustorgio le avesse trasportate all’interno di un colossale sarcofago di età romana ancor oggi presente nella Cappella dei Magi nella Basilica milanese di Sant’Eustorgio.

Sappiamo per certo che le reliquie rimasero a Milano fino al 1.164 quando Federico Barbarossa sconfisse i Milanesi. Fu allora che l’imperatore fece trasportare nella sua città natale i resti mortali dei Magi che Il 23 luglio 1.164 arrivarono a Colonia e furono deposti nella cattedrale di S. Pietro e in seguito trasferiti nella cattedrale di Santo Stefano; la presenza a Colonia delle reliquie dei Magi dava lustro e legittimazione religiosa al regno di Federico Barbarossa.

Col passare dei secoli, esse continuarono a costituire un richiamo per numerosi fedeli che ancora oggi venerano il prezioso reliquario d’oro del XIII secolo in cui sono conservate. Le reliquie sono collocate dietro l’altare maggiore della cattedrale di Colonia, città che più di ogni altra in Occidente, si gloria delle sue innumerevoli reliquie custodite in dodici chiese romaniche e nella grandiosa cattedrale sul Reno. I religiosi, grazie ad un pannello mobile, possono toccare le ossa dei Magi poste all’interno della teca, mentre i devoti ne godono la vista.

Il reliquiario dove sono conservati i resti mortali dei Magi (Cattedrale di S. Stefano, Colonia)

 

Durante la seconda guerra mondiale il reliquiario fu danneggiato e quindi restaurato nel 1973. Fu in quell’anno che l’arcivescovo di Colonia restituì alcuni frammenti ossei (parti della tibia e del perone) dei tre saggi alla chiesa di Sant’Eustorgio di Milano dove il culto di tali reliquie è ancora oggi vivo.

Tiziano Franzi


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T.Franzi

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