Nel turbinare dei grandi eventi globali può essere ancora il caso di rivolgere l’attenzione alla piccola Liguria e al recente esito elettorale verificatosi entro i suoi confini dalla Roja al Magra.
di Franco Astengo
A questo proposito nei commentatori ha fatto molta impressione il risultato del Ponente, quella striscia di terra compresa da Finale Ligure e Ventimiglia (non soltanto la costa) in cui l’esito del voto ha contribuito – addirittura – a ribaltare il risultato emerso dal voto espresso dalla grande Genova.
Tutti siamo a conoscenza della specificità al riguardo della struttura economica di questa zona fondata su turismo e agricoltura con scarsa presenza dell’industria (la Piaggio a Villanova, con po’ d’indotto sempre in ambasce: pressoché estinte le fabbriche di alimentari a Imperia, chiusi i cantieri di Pietra Ligure un tempo sede di una classe operaia forte, stabile e concentrata).
In queste condizioni il rapporto tra politica, economia, struttura sociale, appare sempre più basato su di una sorta di feudalizzazione dei potentati che si realizza attraverso meccanismi di fiducia in gran parte di carattere personale con una esaltazione di un voto di scambio non necessariamente di natura clientelare ma rivolto comunque a corrispondere alla conformazione socio – economica del territorio (quindi con forti connotazioni di tipo localistico): nell’analizzare i risultati si ravvedono in questo senso vere e proprie “isole” da Imperia ad Alassio, da Loano financo a Cisano sul Neva, le percentuali di preferenze schizzano in alto (beninteso: il fenomeno è presente da tempo ed ha generato anche in passato situazioni particolari).
Mi permetto di ripetere il concetto: non necessariamente la logica del voto di scambio è di natura clientelare ma – appunto – corrispondente alla conformazione socio – economica del territorio determinando così una torsione localistica della rappresentanza in un quadro di forte concorrenza personale all’interno delle liste.
Nell’occasione il fenomeno si è accentuato e ha riguardato sia lo schieramento vincente (centro – destra) sia lo schieramento perdente (centro – sinistra).
Alcuni esempi: ad Alassio nel partito di maggioranza relativa, Fratelli d’Italia, un candidato (eletto consigliere) ha raggiunto il 61% di preferenze sul totale del voto di lista; a Loano, dove la maggioranza relativa è stata ottenuta da Forza Italia, un candidato ha avuto il 60,79% delle preferenze sul totale dei voti di lista; a Cisano sul Neva, questa volta nell’ambito del centro sinistra candidato il sindaco della cittadina addirittura il 97,53% delle preferenze sul voto di lista; a Imperia (capoluogo di provincia) il capolista di Forza Italia – in questo caso partito di maggioranza relativa in Città – ha avuto il 78,93%, ad Albenga il capolista di Forza Italia (partito di maggioranza relativa in Città) ha toccato il 66,90%.
Un altro caso particolare però ci fa ritornare ad Alassio, il cui elettorato appare molto generoso nell’elargire preferenze personali, e si tratta davvero di un punto di specificità che andrebbe analizzato.
Infatti ad Alassio la lista Alleanza Verdi Sinistra (quindi in minoranza e junior partner dell’alleanza di centro-sinistra) raggiunge il 24,39% sul totale dei voti validi rispetto a una media provinciale del 6,87% e in questa lista un candidato raggiunge il 95,47% delle preferenze sul totale dei voti di lista (844 su 884) riducendo a 18 e a 10 voti le candidate successivamente classificate, dimostrando anche – come del resto negli altri casi presi in esame – il non funzionamento del meccanismo del voto duplice con l’alternanza di genere.
Allo scopo di valutare meglio questo particolare aspetto del voto del ponente ligure esaminiamo le percentuali di preferenza a livello provinciale dei partiti di maggioranza relativa nei rispettivi schieramenti: nel centro destra il capolista di Fratelli d’Italia arriva al 9,97% sul voto di lista (si tratta dello stesso consigliere supervotato ad Alassio con il 61%); nel centrosinistra il capolista del PD tocca il 21,85% dei voti di lista (in questo caso si tratta dell’ex-sindaco di un piccolo centro rivierasco a ponente del capoluogo, ma ancora facente parte del comprensorio savonese).
Appare evidente come in casi come questo si realizza una forte distorsione nella rappresentanza territoriale dovuta soprattutto alla debolezza delle formazioni politiche che preferiscono ormai affidarsi all’attivismo (riduciamo così il fenomeno) dei singoli in luogo di un radicamento territoriale di carattere sociale e – magari – ideale.
L’affidamento individuale ovviamente diventa molto più difficile nelle realtà post – industriali socialmente ed economicamente complesse.
Il tutto resta da riflettere con attenzione quando si guarda al complesso delle modificazioni in atto nel nostro sistema politico ricordando come il caso del Ponente Ligure risulti (come abbiamo visto) trasversale e sia risultato (nella raccolta della messe di voti preferenziali) decisivo nel determinare l’esito finale al riguardo di tutta la Regione anche in un caso come quello della Liguria in presenza di uno squilibrio “storico” tra Genova e il resto del territorio (alla fine il sindaco di Genova è stato sconfitto nella sua città e ha vinto grazie alle periferie).
Franco Astengo