Condivido largamente le riserve e le critiche espresse dal WWF Liguria sul progetto di raddoppio a monte della ferrovia nella parte occidentale della provincia di Savona.
di Massimo Ferrari*
Non tanto per i pur importanti aspetti ambientali messi in luce, visto che, se si trattasse di un progetto valido, il sacrificio derivante dai
cantieri – la cui durata è come sempre dilatata nel nostro Paese – e persino l’abbattimento di alcuni edifici o le ricadute negative
sull’agricoltura di pregio sarebbero anche accettabili. Altrimenti ogni nuova opera di interesse pubblico andrebbe cassata a priori.
Il problema vero è che il raddoppio dei binari (pure necessario), così come è concepito, non favorisce l’appetibilità del treno, ma, al contrario, la mortifica. La riduzione del numero delle stazioni (minor capillarità) ed il decentramento anche notevole delle superstiti (peggior accessibilità), infatti, rispondono ad una logica miope. Quella di liberarsi dai vincoli della ferrovia nei centri rivieraschi, auspicata da chi nutre interessi immobiliari sulle aree ora occupate dai binari e da chi per scelta non si serve mai o quasi mai del treno.
Senonché sarebbe interesse degli stessi automobilisti viaggiare su strade meno congestionate, laddove una quota significativa di spostamenti venisse assorbita dal ferro. Mentre lo stesso valore degli immobili potrebbe accrescersi se il Ponente Ligure fosse più facilmente accessibile con diverse alternative di trasporto. In questo senso il progetto che ora dovrebbe realizzarsi è davvero obsoleto, visto che risente di una logica vecchia di mezzo secolo, ossia di quando si riteneva che il treno non avesse futuro e che l’automobile potesse meglio risolvere ogni esigenza di mobilità.
I sostenitori dell’attuale opzione potrebbero avere ragione se la funzione della ferrovia Genova – Ventimiglia fosse prevalentemente quella di movimentare più merci (il cui traffico, invece, ristagna) e dl fungere da collegamento internazionale (ora praticamente inesistente) con treni veloci che effettuassero pochissime fermate, al più Savona e Sanremo. In questo caso il transito dei treni sarebbe percepito come dannoso per il territorio che non ne riceverebbe grandi benefici, per cui l’allontanamento dai centri abitati avrebbe una sua logica.
Ma la principale funzione della ferrovia nel Ponente Ligure è oggi – e sarà presumibilmente pure in futuro – quella di favorire gli spostamenti pendolari ed anche turistici a breve e media distanza. E’ chiaro che in questo senso la rarefazione e l’allontanamento delle stazioni, come già avvenuto nell’Imperiese, vanno in direzione diametralmente opposta.
Certo, ci sono situazioni in cui la ferrovia costituisce obiettivamente un ostacolo tra le residenze e la costa. Tuttavia, oltre che con interventi quali sottopassi e sovrappassi (ove possibili), si può ricorrere a soluzioni di compromesso tra le opposte esigenze, come l’interramento dei binari o la messa in galleria, ma in posizione facilmente raggiungibile.
La soluzione adottata a Sanremo, che pure ha conosciuto non poche critiche, è tutto sommato accettabile per gli utenti (sempreché i lunghi tapis roulant siano sempre mantenuti in perfetta efficienza). E tale modello (realizzato meglio a Monaco/Montecarlo) potrebbe valere anche per Alassio (il cui pregevole edificio dell’attuale stazione andrebbe comunque preservato). Ciò che si prospetta, invece, per Loano e per Albenga, Pietra Ligure, con stazioni lontane chilometri dagli abitati e difficilmente accessibili, finirà inevitabilmente per penalizzare l’utilizzo del treno, come già avvenuto e palesemente dimostrato ad Imperia o a Diano.
Massimo Ferrari
Presidente UTP/Assoutenti