GULLIarte ospita nuovamente, dopo dieci anni, le opere del Maestro Carlos Carlè, presso la Galleria di Savona.
di Antonella Gulli
L’esposizione è un’ideale prosecuzione, in misura ridotta, dell’ampia mostra che tra aprile e settembre 2024 è stata organizzata da GULLIarte in collaborazione con il Centro Ceramico Museo Pagliero nei locali dell’antica Fornace Pagliero 1814 di Castellamonte (TO).
La retrospettiva è curata da Antonella Gulli che ha selezionato 40 opere in grés ceramico, di diverse dimensioni: sculture, totem, bassorilievi, dischi, sfere, alcuni della quali inedite, eseguite in vari periodi storici, che seguono l’evoluzione artistica del Maestro.
La prima volta che Carlos Carlè è venuto in Italia risale agli Anni 60. Dapprima a Vietri sul Mare, dove intraprese varie sperimentazioni nel campo del design. La materia diviene per lui un fattore importante con una sua precisa significazione progettuale. Si trasferisce stabilmente ad Albisola, dopo aver acquisito un grande bagaglio di conoscenze cosmopolite, maturate tramite contatti ed esperienze in diversi paesi del mondo.
Il Maestro già in giovinezza, in Argentina, aveva acquisito dimestichezza con il mondo della ceramica nella fabbrica di mattoni refrattari del padre, dove aveva avuto modo di sperimentare il comportamento delle argille cotte ad altissima temperatura, traendo sapienza e perizia nella
manipolazione della terra.
Enzo Biffi Gentili ha definito Carlos Carlè “un costruttore”, in quanto plasmava l’argilla, con la sovrapposizione della stessa, continuando nell’accrescimento dell’opera, attraverso uno sviluppo formativo, quasi organico, di stampo architettonico. Carlè esercitava un controllo sulla materia con geometrie primordiali, che si collocavano coi principi originari di una cosmogonia elementare: sfere,
cerchi, quadrati, parallelepipedi.
Le sue sculture rappresentano una costruzione tra dialettica, razionalità e caos, con lacerazioni, squarci sia all’interno che all’esterno delle opere, fino a risultare di una sostanza ruvida, corrosa, dalla quale la materia emerge con una forza eruttiva.
Le opere di Carlè sono cotte ad alta temperatura, a milletrecento gradi, e il risultato prodotto sul grés è quello di effetti rugginosi, sgretolamenti, che rimandano alle corrosioni dei grandi muri di Antoni Tapies, riconosciuto da Carlè come suo mentore e maestro ideale.
L’artista osservava la natura, il mondo, la realtà prendendo spunto per gli sviluppi della sua arte. La mente e le sue mani di scultore si inserivano in questo circuito di tempo e natura, catturandone lo spirito e imprigionandolo nelle proprie creazioni. L’osservazione dei sassi, ad esempio, che il tempo ha levigato con l’acqua arrotondandoli e incidendoli mediante lo sfregamento, ha suggerito a Carlè le opere “Cascotes”, come nella sua lingua madre vengono chiamati i sassi frammentati.
La struttura stratificata di queste opere, i segni e i colori, raggiunti mediante la sovrapposizione di terre colorate e l’utilizzo di smalti fusi sulla superficie, hanno generato effetti, che suggeriscono un’erosione spontanea dell’opera, in un processo naturale.
Le esperienze di lavoro in Italia e all’estero hanno lasciato un segno indelebile sulle sue opere, come si può percepire nei “Megaliti per Barge”, dove l’equilibrio raggiunge la perfezione e la forma si rasserena, si addolcisce, si bilancia, con inserimenti di materiali come la pietra con la sua morbida cromia grigia, alternati a colori azzurri che mitigano le imponenti opere riportandole ad una concretezza terrena.
Carlos Carlè ci ha lasciati nell’aprile del 2015.
Antonella Gulli