La fuga dei pazienti liguri, per farsi curare in altre regioni del Nord, non si arresta. La spesa per le casse pubbliche, nel 2023, ha raggiunto 99 milioni, 5 milioni in più rispetto all’anno precedente. Prima regione del Nord e sesta nella classifica nazionale.
La grande emergenza è sempre più nell’ortopedia con 20 mila pazienti curati oltre il confine regionale per un passivo di 55 milioni. In compenso abbiamo il più nuovo ospedale della Liguria, ad Albenga, inaugurato nel 2008, 220 posti letto, tutte le ‘specialità di base’ e Pronto Soccorso. L’opera era stata finanziata con 20 milioni di euro dell’accordo Stato-Regione, con 2 milioni di fondi propri e 26 ottenuti con la vendita di beni di proprietà del Santa Maria di Misericordia e donati da benefattori. All’inaugurazione (ottobre 2008) parteciperanno , tra gli altri, il presidente della Regione Liguria, Claudio Burlando, l’assessore regionale alla Salute, Claudio Montaldo, il direttore generale della Asl 2 Flavio Neirotti, il presidente della Provincia di Savona, Marco Bertolotto, e i sindaci del comprensorio. Ospedale di fatto funzionante dal 2011, l’anno dopo è stato chiuso il Pronto soccorso. Nel 2022 i cittadini hanno dato vita al movimento “senzaprontosoccorsosimuore”. Oltre al fatto che metà della struttura depotenziata resta vuota, inattiva (moderne camere operatorie incluse). Per un certo periodo è stato in parte affidato a privati. Sono seguiti ricorsi al Tar e al Consiglio di Stato.
Il 22 marzo 2024 la notizia sui media. Nell’agosto 2023 c’è stata la proposta arrivata dall’Associazione Temporanea di Impresa costituita tra Casa di Cura Villa Montallegro Spa e Casa di Cura Villa Esperia Spa.
Il programma prevede investimenti privati per 48,2 milioni. Ad Albenga sarà attivo un punto di primo intervento 7 giorni su 7 h24 nel periodo tra giugno e settembre. Per le urgenze minori ci sarà quindi un’area medica di accoglienza con percorsi di primo intervento. Tra le specialità che saranno presenti chirurgia generale, ortopedica, vascolare, bariatrica, plastica, oftalmica, urologia e otorino-laringoiatria, medicina riabilitativa, la diagnostica per immagini, dialisi oltre a vari ambulatori specialistici. 30 posti letto per ortopedia, 60 destinati al recupero rieducazione funzionale. In chirurgia generale 12 posti letto, 6 di rianimazione, per un totale di 108 posti letto. Si prevede un personale di 209 unità, per arrivare ai 228 previsti nel 2034 (20 medici, 91 infermieri, 48 Oss).
MARTEDI 24 SETTEMBRE 2024. TITOLO DA PRIMA E SECONDA PAGINA DEL SECOLO XIX
DOMENICA 22 SETTEMBRE 2024- LA REPUBBLICA
3/Medici italiani i più anziani d’Europa, urgenti ricambio generazionale e formazione, ma è la politica che comanda e programma, finanzia.
L’età media elevata dei clinici italiani emerge proprio nel momento in cui si deve fronteggiare una crescente domanda di assistenza dovuta al progressivo invecchiamento della popolazione e all’aumento delle malattie croniche.
L’Italia è un Paese sempre più vecchio e la classe medica non fa eccezione, confermandosi la più anziana d’Europa. Questa è la fotografia scattata dall’ISTAT. Non solo dunque vi è una popolazione sempre più anziana, ma gli stessi medici sono prossimi al pensionamento, con il Servizio Sanitario Nazionale che nell’arco di due o tre anni si appresta a vivere un ampio ricambio generazionale, dove è fondamentale un’adeguata formazione per le nuove leve, che vada oltre il percorso universitario.
Come rilevano i dati ISTAT, negli ultimi vent’anni i residenti over 65 sono aumentati di oltre 3 milioni, arrivando a 14 milioni 358 mila (+5,1% rispetto al 2004); oltre la metà, 7 milioni 439 mila, ha almeno 75 anni.
Allo stesso tempo, vi è anche l’invecchiamento del personale medico: i medici italiani sono i più anziani d’Europa. Secondo l’ISTAT, nel 2021 in Italia il 55% dei medici aveva almeno 55 anni, contro il 44,5% in Francia, il 44,1% in Germania e il 32,7% in Spagna. Inoltre, il numero di medici specialisti dipendenti del SSN è diminuito in valore assoluto, passando da circa 105mila unità nel 2012 a circa 102mila nel 2021. Tra i motivi della cessazione, nel 2021, il 20,9% è dovuto a collocamento a riposo per limiti di età e il 31,5% a dimissioni con diritto alla pensione.
L’età media elevata dei clinici italiani rappresenta un elemento di criticità del sistema sanitario, in quanto emerge con forza proprio in una fase in cui la classe medica deve fronteggiare una crescente domanda di assistenza dovuta al progressivo invecchiamento della popolazione, con aumento delle malattie croniche e della multimorbilità. La cessazione di attività di molti medici per raggiunti limiti di età pone poi l’urgenza di un ricambio generazionale: già oggi ci troviamo in quella che graficamente si definisce la “gobba pensionistica”, con il picco che sarà raggiunto nel 2025 con 13.156 pensionamenti. Solo nel 2030 si tornerà ai livelli del 2020, con 7.471 pensionamenti annuali, con tendenza alla diminuzione negli anni successivi.
Il ricambio generazionale impone anche una formazione adeguata per i nuovi specialisti. Negli ultimi decenni una errata programmazione ha causato il cosiddetto “imbuto formativo”: la quantità di borse di studio per le specializzazioni non era sufficiente per le persone appena laureate. Dopo la pandemia, invece, sono state messe a disposizione più borse di studio, generando un problema opposto: i laureati in medicina, sono cresciuti meno velocemente; così, nel 2023, oltre un quarto delle borse di studio non è stato assegnato per mancanza di candidati. Inoltre, le recenti normative impongono la definizione di una formazione specifica per i nuovi percorsi assistenziali. La Missione 6 del PNRR, infatti, prevede di incrementare l’assistenza domiciliare agli anziani; il DDL 33 e DM 77 definiscono un nuovo sistema di Cure Intermedie con Case e Ospedali di Comunità e nuove figure professionali quali l’infermiere di famiglia e Comunità. Figure e competenze nuove su cui l’università potrebbe non essere pronta.